(Ph Dark Indigo da Pexels)
I Festival di cinema in Italia, sono tanti e la scelta è così variegata che a volte può confondere. Alcuni rischiano, pur non essendocene i motivi, di restare in ombra rispetto ai grandi come la Mostra del Cinema di Venezia. Fra questi c’è il Milano Film Festival, che alla sua 18° edizione, torna più agguerrito che mai.
Il Festival fonda la forza nel suo staff, composto da alcune delle più dinamiche e brillanti menti giovani del nostro Paese, che ha cercato e trovato sostegno non nei Ministeri, che poco hanno da offrire, ma nei privati, riuscendo ad organizzare una kermesse ricca di anteprime, proiezioni, rassegne interessanti, eventi speciali.
“Questo è l’anno dei 18, avevamo un budget limitato ma che ci ha permesso di comporre un bel panorama di sogni, frutto di un lungo anno di ricerca tra nuove produzioni, cinema indipendente, talenti emergenti e coraggiose cinematografie intenazionali” dice Alessandro Beretta, direttore artistico del Mff.
Il percorso dei due giovani di-rettori, Alessandro Beretta e Vincenzo Rossini, li ha portati all’esame di maturità insieme al presidente dell’Associazione Esterni Beniamino Saibene, che dichiara: “Abbiamo affrontato la crisi a testa alta, ci chiamano gli imprenditori della cultura e anche quest’anno abbiamo orgogliosamente fatto impresa, nonostante non ci sia arrivato il finanziamento dal Ministero”.
Dal 5 al 15 settembre, l’appuntamento milanese con il cinema ha trasformato il capoluogo lombardo dalla città della moda alla città del cinema.
Otto le location scelte attorno al centro nevralgico del Festival, il teatro Strehler di Milano con il suo Sagrato, al quale si sono affiancati il Parco Sempione, la Triennale di Milano – Teatro dell’Arte, lo Spazio Oberdan, la Cascina Cuccagna, l’Auditorium San Fedele e l’Area Ex Bazzi, uniti per una programmazione ricca di lungometraggi, corti, documentari e cinema d’animazione. Proiettate 200 pellicole: tante ma tutte imperdibili.
Innanzitutto il Concorso Lungometraggi, aperto solo a opere prime e seconde di registi provenienti da ogni parte del mondo, ha selezionato 11 lungometraggi, di cui 8 diretti da registe donne. Un concorso al femminile che fa comprendere quanto la donna si stia dando da fare per conquistare il suo posto anche al cinema.
Tra i film selezionati, “Mirage à l’Italienne” di Alessandra Celesia, regista italiana che lavora in Francia, che racconta la storia di un gruppo di italiani che parte alla volta dell’Alaska, miraggio di una fuga dalla crisi economica; “The Eternal Return of Antonis Paraskevas”, della regista greca Elina Psykou, Best Work in Progress a Karlovy Vary 2012, è un film impietoso e non consolatorio, che tira in ballo la televisione e la crisi greca, “girato addosso” a un sorprendente Christos Stergioglou, “non più giovane” attore emergente del cinema greco.
“Ilo Ilo” di Anthony Chen, vincitore della Camera d’Or a Cannes, che rievoca i fantasmi del collasso finanziario asiatico degli anni ’90, attraverso la storia, ambientata a Singapore, del rapporto fra una famiglia borghese e la nuova domestica filippina.
Poi il trasgressivo “Les rencontres d’après minuit” di Yann Gonzales, presentato alla Settimana della Critica di Cannes 2013, che si addentra nei desideri reconditi di una coppia che dà sfogo alla perversione in un ménage à trois insieme alla loro governante-travestito. Il regista, al suo primo film, ex componente del gruppo M83 si è avvalso di un cast d’eccezione: dall’ex-calciatore Eric Cantona ed Alain-Fabien Delon, fotocopia del celeberrimo padre.
Tra gli altri, ancora, “Tow-heads” della regista americana Shannon Plumb, storia di una giovane madre di New York che come tutte, trova notevoli difficoltà nel conciliare lavoro e attività casalinghe.
Il Milano Film Festival ha poi presentato un ricchissimo Concorso Cortometraggi, riservato a registi under 40 con 51 opere selezionate tra oltre 2000.
Fuori Concorso va assolutamente citata la rassegna Colpe di Stato che riflette sul sistema di potere nel mondo, dalla Corea alla Siria, dalla Palestina alle coste somale con “The act of killing” di Joshua Oppenheimer, prodotto da Werner Herzog, documentario sconcertante in cui gli assassini degli squadroni della morte indonesiani rimettono in scena i loro crimini per le telecamere; “Dirty Wars” di Rick Rowley, inchiesta di un reporter americano sull’uso dei droni nella politica estera dell’amministrazione Obama; “Inequality for All” di Jacob Kornbluth, che illustra la tesi di Robert Reich, ex segretario del lavoro per Bill Clinton, secondo cui la classe media è il più grave tra i danni collaterali del capitalismo.
Quest’anno il Milano Film Festival ha deciso di raccontare, attraverso le poetiche immagini del cineasta Sylvain George, le storie di coloro che, invisibili alla moltitudine, tentano di reagire alle violenze del mondo. Sylvain George, vincitore del premio Miglior Documentario Internazionale della 29° edizione del Torino Film Festival, è un autore di cinema politico e sperimentale e di lui sono stati presentati tutti i corti e 2 lungometraggi, Les Eclats e Vers Madrid.
Il cineasta tra l’altro è stato a Milano per tenere un interessante workshop, “Seize the time”, nel quale giovani partecipanti hanno fatto un film collettivo sulla città.
Gli eventi speciali, altra caratteristica della kermesse milanese, hanno portato, in collaborazione con lo storico partner Cap Holding, un progetto per risanare la cultura dell’acqua, per cui è stato presentato il film “The Rocket” di Kim Mordaunt, già vincitore del Tribeca Film Festival di New York.
Il film racconta la storia di Ahlo, un bambino di 10 anni che vive in un’area rurale del Laos. Dopo che il suo villaggio è stato distrutto per far spazio a una diga, Ahlo fugge assieme al padre e alla nonna in cerca di una nuova casa, sperando che torni a piovere per salvare la natura e la comunità alla quale appartiene.
In collaborazione con Amnesty International è stato proiettato “Necesitas algo, nena?” di Laura Chiossone in un incontro sui desaparecidos. Esperienza sensoriale per pochi, visti i posti limitati, inoltre, la visione in odorama del classico anni ‘80 “Labyrinth” di Jim Henson.
Infine la musica. Il Mff è andato oltre la programmazione di dj set e concerti improvvisati e pre-parato un vero e proprio calendario live con Bugo, Levante, Jack Jaselli e Roberto Angelini.

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