Pierluigi Pirandello, nipote del drammaturgo e premio Nobel Luigi e figlio di Fausto, artista della Scuola Romana, è morto a Roma all’età di 89 anni.  I funerali sono stati celebrati nella chiesa  di Santa Maria del Popolo,  la salma è stata  tumulata nel cimitero di Anticoli Corrado, paese  a cui Pierluigi era particolarmente legato. Da poco aveva pubblicato un suo libro di ricordi scritto assieme all’attore Alfonso Veneroso. Nessuna famiglia sfugge alla propria eredità e ai propri protagonisti. Si può nascere dalle stesse radici e poi seguire strade diverse, ma è sempre a quelle radici che alla fine bisogna tornare per ritrovare se stessi.  

PierLuigi Pirandello, (Parigi  5 agosto 1928- 1 marzo 2018),  nipote di Luigi (1867-1936) e figlio di Fausto (1899-1975), ha  proposto  all’attenzione dei lettori un suo personale ricordo della Famiglia,  raccontandone  storie, aneddoti  riaffiorati  dalla memoria . Coadiuvato da Alfonso Veneroso,  autore  e attore di successo  di testi teatrali,  che lo incalzava con le sue domande atte a scavare nei ricordi del suo vissuto esistenziale, il decano della dinastia del drammaturgo Premio Nobel ci trasporta in una coinvolgente  sequenza di generazioni  e di legami che lo hanno fortemente segnato.

Il risultato è un libro  in forma di intervista pieno di emozione e di ironia  che  riporta ai temi fondamentali  e alle vicende che hanno percorso e innervato la grande e la piccola storia della Famiglia.  Emerge  la natura poliedrica, complessa,  inafferrabile di  Luigi,  affettuoso e premuroso,  preoccupato del futuro dei suoi  figli, le difficoltà del figlio Fausto di affermarsi all’ombra di un padre  famoso e che proprio per sfuggire alla inevitabile  (ed impossibile)  rivalità generazionale,  decide di  cimentarsi  in un campo, la pittura,  dove  Luigi  si era si provato,  come tutta la famiglia dei Pirandello del resto, ma  solo come  dilettante amante dei pennelli.

L’indagine condotta assieme ad Alfonso  Veneroso risponde  in modo inaspettato  alle molte  domande poste e dà delle risposte illuminanti  sulle ripercussioni delle inevitabili e a volte drammatiche scelte individuali.  “Il  Pirandello dimenticato. Attraverso tre generazioni di Pirandello”De Luca editori d’arte,  (prefazione di Michael Roessner  specialista e traduttore dell’opera Omnia di Luigi Pirandello), era uscito  in concomitanza con i  festeggiamenti in Italia e nel mondo  dedicati  al grande drammaturgo nell’anniversario dei 150 anni dalla nascita ed è stato forse, nella marea di manifestazioni  che si sono succedute dappertutto, il più toccante omaggio alla sua figura  e ai suoi diretti discendenti  perché ha il sapore della vita vissuta.  

Si è  trattato  dell’esordio tardivo  di  un  89 enne  che non si è voluto misurare con i grandi della famiglia e ha scelto più modestamente di fare l’avvocato nella vita, limitandosi ad aiutare la comprensione e la diffusione  delle opere del nonno e del padre  attraverso un’attenta  opera di mecenatismo  artistico e letterario.

Ma si sa,  alcune emozioni hanno bisogno di essere scritte, di essere messe nero su bianco, anche perché scrivere è anche il solo modo  per non sentirsi  completamente schiacciati dai Grandi  della  dinastia.  In questo dialogo fra il nipote del grande drammaturgo e un attore di successo di spiccata sensibilità emergono i ricordi della Parigi anni ’20, le feste, le trasgressioni, l’ammirazione del nonno per Josephine Baker vestita soltanto di un gonnellino di banane, il ritorno del padre a Roma dopo il crollo di Wall Street visto attraverso il Diario di Fausto, Piccole impertinenze.

Il libro procede per frammenti autobiografici, fra riflessioni,  aneddoti, osservazioni  sempre acute, vivaci,   autoironiche.  Pier Luigi accenna anche  al  suo personale dramma, lui  a cui non è concesso, come del resto ai suoi cugini,  di portare  il nome del celebre nonno, perché  “di Luigi ce n’è uno solo” o  di quando bambino di  8 anni, nell’ultima spensierata estate del 1936,  assisteva alle accese dispute  sull’arte fra il  padre e il  nonno ad Anticoli Corrado, il pittoresco borgo della campagna romana frequentato dagli artisti da dove  Fausto porterà via  la sua modella Pompilia d’Aprile per sposarla a Parigi  senza far sapere nulla al celebre  padre.  

Pier Luigi Pirandello è  stato grande affabulatore e magnifico anfitrione, bonario, monumentale con la sua figura che negli ultimi anni si era un po’ appesantita, ma a cui  faceva da contrappunto  leggerezza di spirito  e sottile  ironia;  gli piaceva  circondarsi di  persone di cultura, giornalisti,  poeti, scrittori, pittori,  che accoglieva  nella sua villa di  Tarquinia o a Roma nella grande casa di via degli Scialoja dove aveva ricavato anche un teatro per le serate di gala. Molte pagine del Pirandello dimenticato sono dedicate alla figura del padre Fausto fra i più grandi  pittori del ‘900 e a cui forse non è stato dato ancora il giusto rilievo. 

“Da ragazzo-  ricordava PierLuigi- facevo il modello per mio padre e per mio  nonno, portavo le tele dall’artigiano per far mettere le cornici,  preparavo i fondali per i quadri con la cementite.  Molte importanti mostre in Italia e all’estero  hanno messo in rilievo la grandezza di  un artista  paragonabile per l’intensa drammaticità della sua opera a Lucien Freud, nipote  di Sigmund, l’inventore della psicoanalisi.

I  punti di contatto fra i due artisti  sono stati messi in luce dai  critici di oggi nel corso di   una mostra a Palazzo Grimani  nell’ambito della  Biennale veneziana di pochi anni fa e  nella recente mostra all’Estorick Gallery di Londra.  Riguardo al celebre nonno, uno degli episodi  che Pier Luigi  rievocava  volentieri era  la nascita:  “Ad Agrigento c’era un’epidemia di colera – (siamo nell’estate del 1867, anno in cui Luigi Pirandello nacque il 28 giugno) – e il mio bisnonno mandò la moglie incinta in una casa di campagna in località Caos, per paura del contagio. 

Ma fu lui ad ammalarsi e quando due carusi, gli operai della miniera di proprietà della nostra famiglia, lo portarono a braccia dalla moglie, questa svenne e subito dopo partorì con l’aiuto della cameriera”  Una nascita drammatica dove il Caso e il Caos sembra abbiano avuto la loro parte. Con l’allagamento della miniera di proprietà da cui veniva estratto  lo zolfo sopraggiunse la rovina economica : era il 1903 e la situazione in famiglia precipitò  quando  la moglie che covava una  grave depressione  si ammalò definitivamente, “ mio nonno  la portò anche da Charcot,  che operava con teatrale successo all’ospedale della Salpetriere, ma le cure furono inutili e il dramma  si incuneò  per sempre tra le pieghe della famiglia”.  Male da cui non si riteneva immune neppure Pier Luigi, che con una certa ironica civetteria rivendicava quel pizzico  di eccentricità dei Pirandello come un’eredità della nonna Antonietta.

Il libro è una miniera di aneddoti, di ricordi di prima mano da parte dell’ultimo della famiglia ad aver conosciuto il nonno Luigi, padre affettuoso e appassionato di pittura, di cui ricorda  gli scontri, i silenzi e le condivisioni col figlio Fausto e di questi  la faticosa ricerca di emancipazione dal padre, la sua formazione, le opere e la sua vita nel vivace  contesto culturale della  Roma del ‘900.


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