(Ph© Tomislav Birtic| Dreamstime.com)

Il Valle, il teatro moderno più antico di Roma, arricchito dai deliziosi fondali di Lele Luzzati, dai  sontuosi costumi di Santuzza Calì e in platea tutto il mondo dello spettacolo, teatro, musica, cinema, televisione, da  Franca Valeri, la decana dallo spirito indomito, all’eterea Carla Fracci, passando per Pino Strabioli  maestro di cerimonie,  all’amata sorella  e compagna di avventure di Poli, Lucia.   

Si tratta dell’emozionato omaggio al genio, alla storia e all’arte di Paolo Poli in occasione dell’apertura della mostra multimediale curata dal critico teatrale Rodolfo di Giammarco e dal nipote di Poli, il compositore Andrea Farri.  

La mostra, dal titolo Paolo Poli è…concepita come un album, consente ai visitatori di sfogliare le pagine di vita ed arte dell’onnivoro, raffinato funambolo della scena  attraverso 40 monitor allestiti nei palchi e in platea, uno per ogni spettacolo che ha realizzato (dal 1950 al 2014), in una carrellata storica che copre 64 anni di progetti e attività teatrale.  

Il pubblico può ascoltare la voce dell’artista che ci conduce per mano  lungo  tutto il percorso. Sugli schermi scorrono loop di immagini, fotografie, video, bozzetti di scene di Eugenio Guglielminetti, Aldo Buti, Lele Luzzati, bozzetti di costumi, locandine, poster. 

Si possono sfogliare  le pagine di  un’esistenza votata al teatro con suprema leggerezza e divertita ironia  fermandosi  davanti a qualcuno dei 40 monitor che raccontano  spettacoli,  interviste, canzoni, estratti teatrali, si indossa la cuffia ed  ecco  Paolo Poli che incontra la letteratura francese ed è subito un piccolo, raffinato capolavoro. Succede con “Jacques il fatalista” dall’omonimo  romanzo di Denis Diderot.

Diderot è autore, oltre che della famosissima Enciclopedia, di quel “Paradoxe sur le comedien”, dove l’attore viene visto come apostolo della passione, senza la quale niente di grande è possibile. Questo per dire quanto l’incontro con l’autore francese sia stato  congeniale a un attore come Poli, fortemente atipico nel panorama teatrale italiano e certamente unico nella sua vitalistica, onnivora, sorridente energia, che lo accosta, per certi versi, al sentire del  controverso filosofo francese. 

La trama si incentra sul dialogo tra Jacques, un servo disincantato e fatalista e il padrone, un gentiluomo  colto e generoso. Il loro è un viaggio-metafora, senza inizio né meta, occasione privilegiata per incontrare e incrociare i personaggi più inaspettati e imprevedibili,  vicende e situazioni, che mettono  a nudo, ogni volta, il cuore dell’uomo, i raggiri, le miserie, i desideri, le imposture, le ipocrisie in  una gioiosa libertà di intreccio, ricco di imprevisti e colpi di scena,  un capolavoro di dialettica messo al servizio di un attore di genio.  

Romanzo teatralmente molto frequentato, il testo dell’enciclopedista francese si sposa mirabilmente, nella pièce di  Poli, con la follia emozionata, le battute, le citazioni, gli aforismi fulminanti dello stile teatrale creato dall’attore fiorentino. 

Cambi vorticosi di fondali, dipinti, abiti e parrucche  geniali fanno il resto.  Eccoci invece  qui  davanti a un altro monitor,  dove si dipana   un flusso di scrittura punteggiato da  un affascinante elenco di necrofilie, si incrociano  Arcadia e buoni sentimenti per  una deliziosa passerella  che ripercorre   poesie e  impressionistiche   assonanze di Giovanni Pascoli.  

Si tratta  dell’omaggio  a Giovanni  Pascoli   dopo quelli resi  a Gozzano (Farfalle),  Savinio (Il coturno e la ciabatta),  Switt (I viaggi di Gulliver),  Apuleio (L’asino d’oro),  Palazzeschi (Aldino mi cali un filino),  Parise (Sillabari)…  Prendendo spunto dai versi del poeta romagnolo, Paolo Poli  interpreta  una galleria  e un’antologia d’autore dal sapore d’antan. A dare al tutto il senso di un cabaret ironico e un tantino perverso  concorrono  gli irresistibili siparietti cantati e danzati in una mirabile festa di colori.  

In mostra le scenografie realizzate da Lele Luzzati (da La leggenda di San Gregorio e Caterina de Medici) sono collocate sul palcoscenico, mentre i costumi di Santuzza Calì sono sparsi per tutto il teatro, con una concentrazione (da I legami pericolosi) sul palcoscenico.  

Nel foyer il pubblico può leggere su un video wall i 586 appellativi con cui la stampa nell’arco di più di mezzo secolo ha cercato di descrivere, senza riuscire del resto a collocarlo in schemi precostituiti, i mille volti di un artista refrattario a qualsiasi definizione. 

La mostra  fa parte di una serie di iniziative  con cui il più vecchio Teatro moderno  di Roma, in fase di ristrutturazione, attende di essere riconsegnato alla città.  Lo stabile che lo accoglie venne costruito  per il cardinale Andrea della Valle, passò quindi alla famiglia Capranica che nel ‘700 decise di far costruire un teatro privato  inaugurato nel 1727.  

Sul suo  palcoscenico  si sono esibiti  i più grandi attori del ‘900 e Paolo Poli  è stato uno dei più assidui.  La prossima  mostra (dal 25 novembre) si  ispira a  uno dei momenti simbolici della vicenda del Teatro Valle, la prima rappresentazione dei “Sei personaggi in cerca di autore” di  Luigi Pirandello, che proprio qui ebbe il suo movimentato debutto il 9 maggio 1921. Paolo Poli è al Teatro Valle fino al 4 novembre.


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