In Italia troppi giovani disoccupati ma il 14% dei datori di lavoro non trova personale qualificato

I recenti dati Istat (l’ente di ricerca pubblico) indicano che oltre il 30% dei giovani italiani è disoccupato. Sintomo della recessione, certo, ma anche sintomo di domande che non combaciano con le offerte. Infatti, ci sono degli impieghi che gli italiani potrebbero facilmente ottenere (specialmente se abitano nelle regioni giuste). Tra l’altro, impieghi che gli italiani sanno fare meglio di altri.

 Sfortunatamente, delle lobby forti non vogliono far cambiare le cose per proteggere settori politicalmente strategici, ma sempre meno competitivi. 
Statisticamente, solamente il 20% degli italiani è laureato e spesso in discipline poco monetizzabili. Insomma, le lauree in lettere sono interessanti, ma servono a poco. 
 
Secondo Manpower Group, il centro di ricerca americano leader nel settore dell’occupazione, l’impiego più richiesto in Italia è quello dell’operaio specializzato, seguito nella graduatoria da personale d’ufficio e tecnici specializzati. 
 
Oggi in Italia, il 14% dei datori di lavoro non riesce a trovare personale idoneo al lavoro da svolgere. Se si pensa che, in generale, il tasso di disoccupazione nazionale è poco più del 10%, le implicazioni sono chiare: non c’è più l’Italia degli operai di una volta. 
 
Si deve fare attenzione a contestualizzare il dato: facendo un confronto con la Germania. Lì il 42% di chi è alla ricerca di personale non riesce a trovarlo semplicemente perché il numero di disoccupati è basso. 
Tornando ai dati Manpower, quarti nella graduatoria di personale richiesto sono gli autisti (anche per il fatto che il numero dei tassisti è tenuto artificialmente basso); al sesto posto vi è il personale d’albergo e ristorazione. Settimo dei settori con maggior richiesta di personale è il campo della contabilità e finanza (cosa prevedibile considerato il basso numero di laureati). All’ottavo posto vi è il lavoro da manovale, mentre al decimo il lavoro da meccanico. 
 
Probabilmente, per la prevalenza del lavoro in nero, ufficialmente la disoccupazione al Sud è quasi il doppio di quella al Nord. Spesso, giovani del Nord frequentano istituti professionali e con i loro diplomi trovano facilmente lavoro (la disoccupazione giovanile in Veneto e Lombardia non supera il 6%).
 
Al Sud invece, seppur a volte venga messo in dubbio il valore del titolo di studio ottenuto presso alcuni atenei, si ha la percentuale di laureati più elevata d’Italia. Inoltre, sapendo che le università prese in maggior considerazione dai datori di lavoro sono (in ordine d’importanza): Bocconi, Politecnico di Milano, Politecnico di Torino, Cattolica di Milano, e Luiss, è chiaro che chi si laurea al Sud è svantaggiato anche se in possesso di un buon titolo di studio. Per questo motivo, un elevato numero di studenti del Sud si trasferisce al Nord per completare la laurea specialistica e per poi restarci a lavorare. 
 
Spesso al Sud si tende a studiare perché non si trova lavoro. Però, una volta finiti gli studi, la laurea non sembra offrire alcun vantaggio anche perché molte lauree non impartiscono abilità particolari. 
Secondo l’Istat, il 40% dei laureati in lettere e filosofia è destinato alla disoccupazione, mentre chi ottiene una laurea nelle professioni sanitarie ed infermieristiche ha il 95% di possibilitá di trovare lavoro, mentre per i laureati in ingegneria meccanica, gestionale o elettronica si ha il 70% di possibilità di trovare lavoro. Stessa percentuale per i laureati in archittetura ed economia. 

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