Victoria Surliuga, Associate Professor of Italian alla Texas Tech University, ha presentato all’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles la mostra “Theaters of Memory”  dedicata a Ezio Gribaudo e in corso fino al prossimo 28 maggio al Louise Hopkins Underwood Center for the Arts (LHUCA) di Lubbock, Texas.
 
Durante la serata è stato proiettato in anteprima per la West Coast  “The White Magic of Ezio Gribaudo” di Marco Agostinelli e Andrea Liuzza, documentario dedicato all’artista torinese formatosi a Milano all’Accademia di Brera e che si è conquistato una fama mondiale esponendo nelle più prestigiose sedi espositive tra cui il Museum of Modern Art di New York (MoMA), la Peggy Guggenheim Collection e il Musée des Arts Decoratifs di Parigi.
 
Molti i riconoscimenti vinti come il premio per la grafica alla XXXIII Biennale di Venezia del 1966 e altrettante le collaborazioni eccellenti da Bacon a Duchamp fino a de Chirico, insomma un’icona dell’arte italiana con una forza espressiva pittorica unica. Un artista completo che ha saputo trasmettere l’amore per il sapere e la conoscenza attraverso le sue opere e la sua lungimirante carriera di editore d’arte.
 
Ezio Gribaudo è un artista che ha fatto del colore e della materia una ricerca continua di eleganza sia nello stile che nel contenuto e con quest’ultima personale “Ezio Gribaudo’s Theaters of Memory” la curatrice Surliuga ha voluto raccogliere in una sorta di retrospettiva l’evoluzione di un artista che attraverso la pittura, la scultura e l’arte grafica nonché il collezionismo ha rappresentato e rappresenta l’ultimo baluardo del vero intellettuale cosmopolita aperto al mondo e alla sua infinita bellezza.
 
Professoressa Surliuga, potrebbe introdurre il maestro Ezio Gribaudo e il suo ruolo nella storia dell’arte contemporanea?
Ezio Gribaudo è un pittore, scultore, grafico, ed è tra gli editori d’arte più affermati, avendo lavorato con Willem De Kooning, Marcel Duchamp, Joan Miró, Henry Moore e numerosi altri. Nel mio volume “Ezio Gribaudo: The Man in the Middle of Modernism” (New York: Glitterati, 2016), una monografia accademica e un libro d’arte, una serie di interviste e un saggio introduttivo illustrano il lavoro di Gribaudo come artista, collezionista, editore d’arte e i suoi incontri e la sua collaborazione con le maggiori personalità dell’arte, da Pablo Picasso che incontra nel 1951, a Giorgio de Chirico, Francis Bacon e Peggy Guggenheim.           
 
La mostra “Ezio Gribaudo’s Theaters of Memory” è una raccolta di opere di un artista dalle mille sfaccettature e interessi, non ultimo quello di editore. Come è riuscita attraverso la mostra a rappresentare tutto questo?
La mostra di Lubbock raccoglie una serie di lavori che elaborano il tema della memoria in Gribaudo, a partire dal 1965 fino al 2015. L’archeologia della conoscenza e dell’esperienza umana sono i temi principali di queste opere, che si basano su associazioni concettuali e cromatiche per evocare la memoria e i ricordi. Gribaudo rivisita le pratiche mnemoniche rinascimentali riassumendo i momenti principali della sua decennale carriera artistica.
Il teatro della memoria, come un libro, riporta scene quotidiane e l’esperienza dell’umanità attraverso delle composizioni che racchiudono questi concetti nelle pagine di un volume.
 
Gribaudo è noto per la sua passione per il colore bianco e il documentario The White Magic of Ezio Gribaudo rappresenta questa sua passione. Crede veramente che il colore oltre la materia possa influenzare l’opera e il pensiero di un artista?
Il colore bianco è stato soggetto e fonte di ispirazione per Gribaudo. Questa sua preferenza dipende dal suo uso della carta per le sue composizioni più emblematiche, ovvero logogrifi e flani. Gribaudo ha spesso definito il colore bianco come il massimo dell’eleganza. Il monocromatismo bianco di Gribaudo rimanda a vari echi poetici, dal bianco dell’empireo dantesco alla “perla su una bianca fronte” di Piccarda Donati, dagli arcipelaghi di Henri Michaux all’“Acrostico per Gribaudo” di Michele Straniero: “Gioverà Ricordare Impronte Bianche Antiche Uniche Delicate Orme”. 
 
Gribaudo non è nuovo a mostre ed esposizioni sul territorio americano. Secondo lei, qual è la chiave di lettura e la forza narrativa di questo artista tale da superare i confine europei?
Infatti, Riva Castelman, quando dirigeva il dipartimento delle arti grafiche del MoMA, ha acquisito i lavori di Gribaudo e anche Peggy Guggenheim ha inserito nella sua collezione permanente alcune sue opere. Nel corso degli anni, Gribaudo ha lavorato con una serie di materiali e temi che sono universali rinnovandosi continuamente creando canali espressivi riconducibili alla sua persona.
 
Ci potrebbe raccontare qualcosa di lei, del suo rapporto con l’artista e in generale del suo impegno a promulgare e far conoscere l’arte italiana all’estero?
Ho incontrato l’arte di Gribaudo attraverso una mia ricerca imbattendomi in lui grazie a Peggy Guggenheim che lo menzionava nella sua autobiografia facendo riferimento a un’importante mostra da lui organizzata a Torino. Nel 1976, infatti, Gribaudo fa esporre la Peggy Guggenheim Collection alla Galleria d’Arte Moderna di Torino. Per questo motivo, nel 2014, in occasione di una conferenza a Torino, ho iniziato a intervistare Gribaudo ed è così nata l’idea del libro “Ezio Gribaudo: The Man in the Middle of Modernism”.
Mi interessa che l’arte di Gribaudo continui ad affermarsi negli Stati Uniti in tutti gli aspetti della sua produzione. I Teatri della memoria sono uno dei temi principali, ma sono importanti anche altri aspetti e soggetti del suo lavoro, come ad esempio i dinosauri con i quali Gribaudo descrive la storia dell’umanità, il percorso parallelo di animali estinti, momenti conoscitivi che rimandano alle origini della collettività, da lui esplorate con l’interesse di una persona attratta da ogni forma di sapere.

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