Il divieto assoluto finalmente è caduto. Pancette, salami, culatelli e coppe di Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, Bolzano e Trento potranno finalmente essere venduti negli Stati Uniti.
 
Dal 28 maggio la Aphis, Animal and plant health inspection service, ha tolto l’embargo contro i prodotti semistagionati italiani (ovvero i lavorati al di sotto dei 14 mesi di stagionatura).
 
Una conquista per il mercato italiano ma anche una tutela per i consumatori americani dal momento che avranno a disposizione prodotti sani e certificati e non imitazioni di dubbia provenienza.
 
In effetti, sui fatturati italiani, il divieto di esportazione legato ai vincoli sanitari e tariffari, pesa circa 250 milioni di euro all’anno calcolati in termini di mancate esportazioni. 
 
Gli allevatori italiani, che già beneficiano della possibilità di esportare prosciutti cotti, prosciutti crudi, speck e mortadelle (che da soli valgono 68 milioni di euro l’anno e raggiungono le 5.890 tonnellate), si aspettano un incremento dell’export negli Stati Uniti del 17%. 
 
La riapertura dopo 15 anni del mercato (a far scattare il blocco era stato un focolaio di infezione suina, di cui ora è stata accertata la totale scomparsa), aiuterebbe a rilanciare un settore in sofferenza per il calo della domanda interna ma che ha resistito alla crisi grazie all’export: nel 2012 ha portato sui mercati stranieri 138.440 tonnellate (+3,8%) di salumi per un valore di 1,116 miliardi di euro (+7,2%). 
 
I principali mercati di riferimento sono stati quelli extra-europei: Stati Uniti (ma solo per prosciutto e mortadella) Giappone, Canada, Russia e Hong Kong.
Ora l’ampliamento della gamma dei salumi esportabili in Usa, potrebbe, già nel 2014, aggiungere 80 milioni di euro al fatturato delle 26.197 aziende suinicole italiane.

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