(Ph Dezalb da Pixabay)

Per chi nasceva a Parma il destino sembrava già scritto. Nei luoghi che videro nascere il genio di Giuseppe Verdi, la musica era iscritta nel corredo genetico e andava di pari passo con il patriottismo. E anche Arturo Toscanini nacque il 25 marzo 1867 in Borgo Rodolfo Tanzi, in una famiglia di patrioti, da Claudio e da Paola Montani. Il padre, sarto di professione e corista per passione, era un garibaldino che aveva affrontato la guerra e il carcere.

Il piccolo Arturo trascorse   buona parte dell’infanzia con i nonni materni e a 11 anni ottenne un posto gratuito nella scuola di violoncello del Prof. Carini al Conservatorio di Parma. Toscanini si diplomò alla Regia scuola di Musica con lode dopo aver studiato armonia, composizione e violoncello: la biblioteca della scuola conserva ancora tre sue partiture per orchestra e una romanza per canto e piano.

Intrapresa l’attività concertistica, a soli 19 anni (nel 1886) e durante una tournée in Brasile con l’orchestra dell’impresa Claudio Bianchi, fu chiamato all’improvviso a sostituire il direttore d’orchestra Leopold Miguéz e diresse a memoria l’Aida, “Rigoletto”, “Trovatore” e “Faust”.
La sua straordinaria bravura gli valse l’inizio di una carriera unica. Chiamato a dirigere in piccoli teatri, nel 1895 ottenne l’incarico al Regio di Torino, per dirigere la prima della Bohème di Puccini.

Due anni dopo coronò il suo sogno d’amore sposando Carla de Martini e il sogno di entrare alla Scala. A partire dal 26 dicembre 1898, giorno in cui il giovane direttore alzò la bacchetta per dirigere i Maestri Cantori di Norimberga, La Scala vide lavorare per oltre cinquanta anni il genio parmense della musica, nonostante i frequenti e a volte lunghissimi periodi di distacco tra il maestro e il massimo tempio della lirica italiana.
Chiamato nei primi mesi del ‘900 a New York, Toscanini diresse al Metropolitan affiancando, all’inizio, Gustav Mahler e inaugurò la prima assoluta della Fanciulla del West di Puccini (interpretata da Caruso).

Il 26 febbraio 1902, per la traslazione della salma di Giuseppe Verdi  guidò  900 voci nel coro del “Va pensiero”, che non compariva alla Scala da vent’anni. L’anno dopo venne chiamato a Buenos Aires dove combattè per eliminare  il ballo durante le rappresentazioni e le richieste di bis. Di nuovo a Torino nel 1905 , con “Sigfrido” e nel 1906 con “Salomè”, dal 1908 al 1914 si spostò di nuovo a New York per il Metropolitan e  nel 1913 diresse “Flastaff” e “Traviata” nel piccolo teatro di Busseto per il centenario verdiano.
La Prima Guerra Mondiale vide Toscanini impegnato in prima linea, pronto a organizzare concerti di beneficenza e a dirigere la banda dell’esercito rimanendo al fronte fino alla rotta di Caporetto.

Nel 1920 guidò un’orchestra italiana in un giro di concerti negli Stati Uniti. Al suo ritorno, nacque l’Ente autonomo Teatro alla Scala di Milano. Dopo un anno di lavoro organizzativo, presentò “Falstaff”, “Boris Gudinov”, “Mefistofele” con Pertile, “Debora e Jaele” di Pizzetti, “Belfagor” di Respighi. “Il Nerone di Boito” incassò ben 827 mila lire.
La Svizzera, Vienna e Berlino con l’orchestra della Scala, fanno da prologo al ritorno negli Stati Uniti. Chiamato a dirigere la  Filarmonica di Nuova York, la diresse in Europa nel maggio 1930, mentre  L’università di Georgetown conferì la Laurea honoris causa a uno dei più autorevoli interpreti di Verdi, Beethoven, Brahms e Wagner.
Antifascista convinto, nel 1931 il direttore d’orchestra venne colpito da alcuni facinorosi per essersi rifiutato di dirigere la marcia reale e l’inno fascista e nel 1936 inaugurò a Gerusalemme la neonata Orchestra di Palestina.

Nel 1937 a New York la Rca decise di creare per il maestro un’orchestra destinata a trasmissioni. Finita la guerra, La Scala lo richiamò, dopo la ricostruzione del teatro semidistrutto dai bombardamenti per dirigere il terzo atto della “Manon” e il prologo del “Mefistofele”, il coro del “Nabucco” e il “Te deum”.
Saranno anni pieni di impegni e di incisioni discografiche, quelle vissute fino al 1954. La salute precaria lo costrinse però a lunghi periodi di riposo e il 16 gennaio 1957, in seguito ad una trombosi cerebrale, Toscanini morì nella sua Villa di Riverdale, presso New York. Portando con sé un’altra fetta della grande genialità musicale italiana.
Parma 2020, Capitale italiana della Cultura, lo celebrerà con una serie di iniziative. Dal 6 al 21 giugno in particolare, si terrà per tutti gli appassionati il Festival Arturo Toscanini: 16 appuntamenti fra concerti, film con musica dal vivo e teatro.


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