Anche un marziano, calando prima sulla Terra e poi nel Belpaese, avrebbe un sussulto constatando come, a quasi due mesi dal responso dell’urna elettorale, in Italia non ci sia ancora un Governo in carica.
 
Lo stallo: ecco la situazione attuale. Tutto fermo, tutto bloccato, prevalgono i veti incrociati. I grillini bocciano qualsiasi tipo di soluzione, alimentando, in molti casi, un ostruzionismo stucchevole. Come a dire: da noi non aspettatevi la risoluzione del risiko. Eppure gli otto milioni di italiani che li hanno votati richiederebbero azioni concrete, non solo giochi di rimessa.
 
Bersani spinge per un Governo affidato al centro-sinistra. Berlusconi, forte di un nuovo ricompattamento del Partito della Libertà, sarebbe pronto a varare un Governissimo – ovvero un esecutivo con Ministri di destra e di sinistra, guidati anche da Bersani – per riformare il Paese, lavorando su otto-dieci punti, magari rinviando a nuove elezioni (tra un paio d’anni) la nascita di una legislatura completa di cinque anni (che poi dovrebbe essere la regola e non la malinconica eccezione).
 
In mezzo – oggettivamente attonito per la piega che ha preso la situazione – c’è un Paese che attende strategie di condotta, azione concrete. Aumentano le tasse, le spese, gli stipendi restano ai livelli di venti anni fa. Non passa giorno che il Presidente della Confindustria, Squinzi, non lanci grida allarmate, forte di numeri e dati preoccupanti: prodotto interno lordo indietro di un punto per via della apatia della politica, incapace di dirimere la matassa, tra forze politiche quasi sullo stesso piano e con gli stessi numeri, fabbriche che chiudono, cassintegrati che aumentano, al pari dei licenziamenti. C’è un’Italia che perde il passo, che resta al mozzo. Mentre il deficit pubblico è una spia sempre accesa e la disoccupazione il tormento di giovani e meno giovani.
 
Servirebbe come il pane un nuovo Premier, un nuovo esecutivo, magari dispensatore di idee e contributi decisivi. Ma è tutto fermo: Bersani litiga con una parte del proprio partito che non disdegnerebbe una strana alleanza con il Pdl. Berlusconi attende e non sembra voler fare la prima mossa: se si tornasse a votare – magari a fine giugno o, in subordine, ad ottobre – il Pdl, stando ai sondaggi delle ultime settimane, potrebbe concretamente pensare di tornare ad essere il primo partito italiano. Prevale l’attesa, l’ostruzionismo.
 
Chissà se l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica (oggi inizieranno le votazioni) contribuisca ad accelerare i tempi. L’inquilino del Quirinale – colui che prenderà il posto di Giorgio Napolitano – avrà tempo appena per un brindisi. Dovrà subito mettersi al lavoro, affidando un incarico pieno a un esponente politico, con l’obiettivo (finalmente), quasi a maggio, di avere un Governo riconosciuto e operativo. Mai, nella storia repubblicana, si era assistito a questo balletto senza costrutto. Mentre ormai metà del Paese non sa come arrivare senza danni alla fine del mese.

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