Mentre in Italia andava in onda la serata finale del 64mo festival della canzone a Sanremo, ero ad “Haru”, un ristorante giapponese all’angolo della 76ma street e 3° avenue a New York City assieme a mia figlia Bianca.
 
Aspettando i nostri sushi e sashimi mia figlia, come tutti i teenager, si lamentava perché non poteva rispondere agli sms (non le è permesso a tavola). Invece io ero preso dal sottofondo musicale, che era un buon repertorio di Mina. 
 
Mentre il cameriere arrivava con il cibo, si sentiva Mina cantare “Parole parole” (lanciata nel 1972), ma quasi non ce ne accorgevamo. Bianca tutta presa a messaggiare di nascosto sotto il tavolo ed io immerso a pensare se le canzoni in gara quella sera stessa a Sanremo, un giorno, sarebbero potute essere ascoltate in un ristorante giapponese di Manhattan.
 Foto originale del 45 giri della canzone “Parole Parole” di Mina 

 Foto originale del 45 giri della canzone “Parole Parole” di Mina 

In passato Sanremo è stato esportatore di canzoni italiane in tutto il mondo; basti pensare a “Nel blu dipinto di blu (Volare)” lanciata a Sanremo del 1958, oppure “L’immensità” nel 1967, “Ma che freddo fa” nel 1969, “Che sarà” e “Il cuore è uno zingaro” entrambi nel 1971. Poi “Felicità” nel 1982, “L’Italiano” nel 1983, e “Si può dare di più” nel 1987, ci fermiamo qui.
 
I pensieri mi riportano anche a ciò che mi raccontava un amico inglese che ai tempi d’oro della canzone italiana era stato inviato a dirigere l’ufficio italiano della grande casa discografica Emi. 
Di storie ed aneddoti l’inglese ne aveva tanti, specialmente sul festival di Sanremo e, seppur restio a fornire i dettagli, faceva intendere che molte cose venivano decise a tavolino. 
 
“Ma il talento c’era”, puntualizzava. “Infatti il problema era proprio il gran numero di bravi artisti”.
Ignaro al richiamo del cameriere (che poi scopriamo essere coreano e non giapponese), questo comincia a preparare il tavolino per far posto ai piatti ed ai piattini per le salsine.
 
“Take your time, it doesn’t get cold” (“fate con calma, tanto non si raffredda”) dice il cameriere con un sorriso. 
 
Ascoltando la battuta mi venne da pensare che forse all’Ariston di Sanremo in quel momento Maurizio Crozza stava facendo la parodia del sindaco-segretario Pd-primo ministro-fenomeno mediatico Matteo Renzi: “Questo è il governo del fare con calma, non di calma del fare”.
 
In finale a Sanremo sono andati 13 brani, più un fuori gara. Canzoni più o meno belle, come la canzone vincitrice “Controvento”, ed anche “Ora”, ma dubito che arriveranno mai un giorno ad essere ascoltate in un ristorante giapponese di Manhattan.

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