Per la Regata delle Befane si sfidano uomini vestiti con gonna nera e mantellina in spalla (Ph. Luca Ferrari)

E  maranteghe i xe ‘riva anca ‘sto ano! Traduzione dal dialetto veneziano: “Anche quest’anno sono arrivate le befane”.

Non può esserci festa dell’Epifania nell’antica Repubblica Marinara senza la tradizionale “Regata delle Befane”. Un appuntamento dove i vogatori anziani della più antica società di canottaggio di Venezia, la Bucintoro, si sfidano sul breve tratto di Canal Grande tra San Tomà e il ponte di Ri’ Alto. Le due sponde del Canal Grande a ridosso del ponte simbolo della città lagunare sono tradizionalmente prese d’assalto. Non può essere altrimenti: turisti e veneziani sono lì, tutti in attesa della regata. Sotto il ponte, dalla parte opposta rispetto alla sede comunale di Ca’ Farsetti, la musica popolare allieta i presenti mentre viene distribuito un caldo rinfresco a base di vin brulé per i grandi, caramelle, cioccolata calda e dolci galani veneziani per i più piccini.   

La regata ha inizio quando le mascarete armate di scopa “befanesca” issata a mo’ di albero, maestro prendono il largo. A metà strada, tra una scorta d’onore e un corteo, i partecipanti sono seguiti da altre imbarcazioni con a bordo più di un Babbo Natale e tante streghe donne. Precisazione d’obbligo perchè le Befane della regata sono maschietti sotto mentite spoglie. Chi gareggia veste un rigoroso completo d’ordinanza: cuffia bianca da “vecia” in testa, ampia gonna nera e mantellina di lana azzurra sulle spalle.   

A vittoria conquistata, c’è l’immancabile alzata di remo per la gioia dei numerosi spettatori. A terra è tutto un viavai di flash e applausi. Terminata la gara, dal ponte di Ri’Alto viene fatta calare un’immensa calza per un augurio totale alla città.  Quando i premiati della Regata sono ancora in festeggiamenti e il “calzone” ciondola sopra il Canal Grande, i residenti fanno  ritorno a casa. C’è chi indossa il tipico fazzoletto e chi calza il classico e ampio cappello a punta da fattucchiera. Chi su una caorlina ha il provino, la sentina e il poppiere tutti ben agghindati a tema. Con loro si “prende il volo” e ci si muove in un’altra dimensione.  

L’appuntamento è al calar del sole quando va in scena il rito secolare del “falò della vecia”. Sopra una pira di legna viene posto un fantoccio che simboleggia l’anno vecchio. Mentre brucia inizia il rito propiziatorio per l’anno appena cominciato: ci si scalda con vin brulè, il vino caldo aromatizzato con cannella e chiodi di garofano, e si mangia la tradizionale pinza, una focaccina fatta con farina di mais, pinoli, fichi secchi e uvetta. Quest’ultima, sinonimo di abbondanza, la rende un cibo portafortuna. 


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