Le proprietà venivano descritte già dai popoli semitici e nell’Antico Testamento il suo nome appare spesso. La pianta era sacra alla dea Atena e nelle gare in suo onore (le Panatenee) i vincitori ne ricevevano anfore piene. Catone, Columella e Plinio hanno lasciato testi sulle modalità di coltivazione. È un cammino ricco di notizie quello iniziato in Asia Minore dall’Oleastro ed entrato a far parte della nostra vita quotidiana con il nome di Olivo. 
 
Ed è un libro pieno di successi quello che caratterizza l’olio d’oliva italiano, secondo al Mondo per quantità produttiva (la Spagna vanta più di 8milioni di ettari coltivati) ma primo in classifica per le qualità organolettiche apprezzate sulle tavole dei Cinque Continenti, ed essenza della dieta mediterranea.
 
L’olivo è ambasciatore ufficiale del Made in Italy enogastronomico nel Mondo traendo il proprio successo dall’intuizione di Pierre Ravanas che nel 1826, giunto a Bari, trovò il modo di realizzare un frantoio con nuove tecniche di produzione (dotati di torchio idraluico e di due mole) sconvolgendo un sistema di raccolta millenario. Un’intuizione raccolta da Felice Garibaldi, fratello del celebre eroe dei Due Mondi, che nel giro di pochi anni raccolse i frutti del proprio investimento, introducendo 120 frantoi nel territorio pugliese traendone notevole profitto qualitativo e economico. 
 
Realizzato con la sola spremitura meccanica delle drupe, l’olio d’olivo vergine è caratterizzato da un contenuto molto elevato di acidi grassi monoinsaturi, dalla presenza di acido grasso linoleico, polifenoli, vitamina E, Beta carotene e viene utilizzato in cucina (nella varietà extravergine) per condire, insaporire e conservare. Il suo elevato punto di fumo lo rende molto adatto alle fritture e la presenza di sostanze antiossidanti (fenoli e tocoferoli) esalta le sue capacità benefiche: in un recente studio della rivista Nutrition and Metabolism, sono state evidenziate le proprietà protettive nei confronti del fegato grazie ai suoi antiossidanti. È soltanto l’ultimo riconoscimento in ordine di tempo per un prodotto che oggi l’Italia considera il proprio biglietto da visita per l’immagine di “italianità” nel Mondo. 
Con un export che supera il miliardo di euro e in costante crescita percentuale, l’olio ha una bilancia commerciale in attivo di quasi 30 milioni. Numeri altisonanti per un comparto che rappresenta l’eccellenza della produzione agraria e che deve essere assolutamente tutelata dall’attacco degli oli stranieri e dalla contraffazione. 
 
Con una legislazione europea troppo permissiva a livello di etichettatura e parametri qualititavi, l’Italia è chiamata a compattarsi a difesa del suo oro verde che trova i maggiori estimatori negli Stati Uniti (di cui siamo i primi fornitori), in Brasile, Francia, Germania e in Cina. 
 
Contrassegnata da ben 43 oli a denominazione d’origine protetta (la palma d’oro va alla Sicilia con sei riconoscimenti) e da una produzione certificata che raggiunge le 10.500 tonnellate nel 2010, l’Italia vanta 27 Consorzi di tutela a difesa di un prodotto che viene ottenuto senza additivi chimici, a differenza degli oli di semi. Sono 340 gli enti pubblici uniti nella salvaguardia dell’oro verde riuniti nell’Associazione Nazionale Città dell’Olio che ha sede a Villa Parigini nel Senese. 
 
Fondata nel 1994, promuove l’olio e i territori di produzione riconoscendone il fondamentale ruolo nella tradizione agricola, alimentare e culturale. Grazie a tale sodalizio è possibile scoprire percorsi turistici all’insegna della produzione olivicola.
 
ULIVI E TURISMO – L’olivo caratterizza gran parte del paesaggio italiano, punteggiando le colline appenniniche del centro Italia e i declivi meridionali della Penisola. Ed è un’Italia lontana dai rumori delle città e dello smog, quella che si offre agli esploratori dell’oro verde, capace di sorprendere per i suoi straordinari borghi contornati dalla tipica sagoma contorta e nervosa dell’olivo. 
 
Le “vie dell’olio” sono da percorrere a giugno per ammirare gli straordinari e delicati colori della fioritura olearia o nei primi giorni d’inverno per gustare l’olio appena spremuto, su una fetta di pane cotto in forno al legna e accompagnato dal vino novello. 
 
In Abruzzo l’Olea europea fu introdotta circa 3000 anni fa e la natura collinare della regione permette coltivazioni di varietà tipiche come “la gentile”, “la n’dosso”, la “toccolana”, la “carpine tana”, “cucco” e “crognaleto”. A Roseto degli Abruzzi (Teramo) c’è un esemplare che vive da più di 500 anni, mentre un ulivo secolare segna da sempre il confine tra i comuni aquilani di Navelli e Capestrano e viene citato nelle cronache del XVII secolo. L’area della “dop aprutino pescarese” va dalla zona Vestina di Loreto Aprutino, Moscufo e Pianella, fino a quella di Tocco da Casauria, verso le Gole di Popoli e il Massiccio del Morrone.
 
Per fregiarsi di questa Dop (denominazione di origine protetta) gli extravergini devono essere composti per l’80% delle varietà Dritta, Leccino e Toccolana provenienti da oliveti certificati. L’area della “Dop colline teatine” comprende le aree costiere da Francavilla al Mare fino a San Salvo e si spinge all’interno fino a Pretoro, Casoli e Lama dei Peligni. Il territorio teramano rappresenta in Abruzzo l’area di produzione di eccellente olio d’oliva sin dall’epoca italica. La “Dop pretuziano” comprende le colline teramane e deve essere composta almeno dal 75% complessivo della varietà Leccino, Frantoio e Dritta, associata a varietà come il Tortiglione, la Carboncella e la Castiglionese. 
 
Per chi volesse intraprendere una facile escursione, partendo dalla capitale d’Italia, la Sabina rappresenta la soluzione ideale. Fra gli itinerari è possibile scegliere la tappa di Selci, un paese che ha mantenuto vive le antiche tradizioni rurali. Altra interessante meta, scegliendo la via Salaria, è Frasso Sabina, piccolissimo borgo medievale dominato da una grande torre e dai resti di un antico castello. Nel paese si trova il Museo dell’Olio della Sabina dove è possibile degustare l’extravergine locale. Lungo il percorso che porta alla riserva è possibile ammirare quello che in molti considerano l’olivo più vecchio d’Europa: L’Olivone di Canneto Sabino. Apparteneva all’Abbazia di Farfa fin dal VI Secolo e dal 1886 è proprietà della famiglia Bettini. 
 
Frantoi e uliveti rappresentano la peculiarità di un tour fra le colline dell’Alto Casertano. Il paradiso della degustazione è tra gli uliveti di Caiatino che danno origine alla denominazione dell’olio Colline Caiatine, un susseguirsi di cultivar che circondano la cittadina di Caiazzo. L’extravergine Terre Aurunche rappresenta la cultivar tipica del vulcano Roccamonfi. Alle porte del Parco del Matese c’è l’oliva Tonda. Qui l’olivicoltura risale all’epoca dei popoli sanniti. 
 
Riviera dei fiori, Riviera di Ponente savonese e Riviera di Levante rappresentano il biglietto da visita della produzione ligure. È lungo i declivi della piccola regione tirrenica che viene coltivata l’oliva taggiasca, che rappresenta il 90% della produzione della “Riviera dei Fiori”. La varietà lavagnina, razzola, pignola e la locale “frantoio” concorrono a formare la produzione di olio extravergine del Riviera di Levante. 
 
Il territorio siciliano conta 20 milioni di piante su 157 mila ettari: rappresentano il 13.85% del patrimonio nazionale. La produzione si attesta mediamente su 2,8 milioni di quintali, di cui 2,5 milioni destinati all’oleificazione e 300 mila quintali alla lavorazione per olive da mensa. Queste arrivano dalle province di Trapani, Siracusa e dall’area etnea, conferendo alla Sicilia il primo posto nella produzione di olive da mensa. Le otto cultivar (Biancolilla, Cerasuola, Moresca, Nocellara del Belice, Nocellara Etnea, Oglialora Messinese, Santagatese,Tonda Iblea), rappresentano l’80% di tutti gli olivi coltivati in Sicilia. Altrettanto importanti sono le altre sette cultivar (Brandofino, Crastu, Giarraffa, Minuta, Pidicuddara, Verdello, Zaituna) con diffusione più limitata. 
 
Otto sono le strade dell’olio riconosciute dalla Puglia e coprono larghi tratti della regione, spaziando dalla “Dop Dauno” (Alto Tavoliere, Gargano; Sub Appenino e Basso Tavoliere) al “Castel del Monte”, dalla “Cima di Bitonto” agli itinerari della Murgia dei Trulli e delle Grotte, fino alla strada “Terra d’Otranto”, alla scoperta di una cultura contadina all’insegna della produzione olivicola di qualità.

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