Stiamo vivendo una crescita demografica definita eccezionale dagli esperti del settore. Il fenomeno non è dovuto allo sbarco di qualche decina di “giovani in fuga”, individui o piccole famiglie in cerca di un futuro sereno, quanto invece alle nuove “ondate” di immigrati provenienti soprattutto dai Paesi asiatici. 
 
I dati dell’ultimo censimento della popolazione – che registrano 2 milioni 313.328 residenti nella Vancouver metropolitana – dimostrano una crescita costante annua di oltre il 9 per cento. Il culmine era stato toccato nel 1991, con il 37% di crescita. Un secolo prima, nel 189, gli abitanti erano 21.887.
 
Ad attirare il nostro interesse, e non solo quello di geografi e sociologi, è soprattutto la previsione che le cosiddette “minoranze visibili” prevarranno sui “bianchi”, raggiungendo nel giro di qualche anno una maggioranza del 59 per cento.
 
 I whites, secondo la definizione ufficiale canadese, sono i discendenti degli immigrati europei colonizzatori (vi rientriamo, perciò, anche noi di origine italiana), mentre visibili minorities sono, tra le altre, cinesi, sudasiatici, filippini, coreani, west asiatici. Un insieme di gruppi etnici, questi ultimi, che la crescente ondata migratoria spingerà a diventare maggioranza.
 
Quanto alla minoritaria popolazione aborigena non si prevedono sviluppi particolari, se non nel processo di reciproca accettazione e augurabile cooperazione. 
 
Dedicare attenzione ai costumi e alla ricca produzione artistica dei “nativi” della West Coast (il 2.82 per cento della popolazione metropolitana) è non solo un dovere di chi è arrivato dopo, ospite e poi comproprietario della loro terra, ma anche un arricchimento spirituale. Utile riflessione questa, anche per noi italocanadesi, siamo circa 76 mila (il 3,4 per cento della popolazione). 
 
Sta infatti a individui, enti ed associazioni che abbiano trovato un proprio spazio vitale nella composita realtà multietnica e multiculturale della grande Vancouver, uscire dai confini limitanti del gruppo etnico, per quanto culturalmente ricco e appagante. Ciò significa aprirsi alle altre etnie, cooperare a progetti comuni, offrire e ricevere esperienze di impegno, ma soprattutto lavorare insieme per una visione del futuro: senza timore e liberi da qualsiasi tentazione razzista.
 
Con la nuova immigrazione asiatica stiamo assistendo, sia pure nel contesto di un rilevante agnosticismo religioso, all’aumento del numero dei fedeli di fede cristiana, aperti alla testimonianza ecumenica. 
A Vancouver i cattolici sono attualmente il 19 per cento, i protestanti il 17,4, altri cristiani il 4,4, gli ortodossi l’1,7.  
 
Da segnalare poi il 6,8 di sikhs, il 3,4 di buddisti, il 3,2 di musulmani, l’1,8 di induisti e  l’1,8% di ebrei. Secondo le previsioni degli esperti, il maggior gruppo religioso rimarrà nei prossimi due decenni quello cristiano, seguito immediatamente da sikhs, musulmani e buddisti.          
 

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