Era l’anno 1912 e sui versi di Libero Bovio, Ernesto De Curtis musicava “’A canzona ‘e Napule”: Mme ne vogl’i’ a ll’America, Ca sta luntana assaje. Mme ne vogl’i’ addò maje. Te pozzo ‘ncuntrà cchiù. Mme voglio scurdà ‘o cielo,  Tutt’ ‘e ccanzone e ‘o mare.
(Me ne voglio andare all’America che è lontana assai, Me ne voglio andare dove mai Ti posso incontrare più. Mi voglio dimenticare il cielo, Tutte le canzoni e il mare).
 
Mancavano tre anni alla prima guerra mondiale ma la povertà, la voglia di migliorare la propria condizione economica e sociale aveva prodotto i primi migranti spingendoli già da alcuni decenni a lasciare la propria terra, la propria famiglia, i propri affetti per andare alla ricerca di un mondo migliore, e il miraggio aveva un solo nome: America.
 
Il viaggio era lungo, faticoso e pericoloso, incerto il futuro di coloro che, imbarcati su piroscafi a Genova, a Napoli o a Palermo per raggiungere New York, trovavano ad Ellis Island una nuova vita. Alcuni, nel viaggio, avevano già trovato la morte.
Le valigie di cartone gonfie dei generi di prima necessità e fagotti di stoffa con i viveri da consumare durante la lunga traversata. Alcuni portavano una fisarmonica, un mandolino, una chitarra o un violino.
 
“Merica, Merica” Viaggio verso il nuovo mondo (a cura di Salvatore Ferlita e Maurizio Piscopo, Salvatore Sciascia editore), è il titolo del terzo libro, scritto a più mani, che fa parte di una pentalogia che ha inizio con “Musica dai Barbieri” seguito da “Serenate al chiaro di luna” .
Prestigiosi i nomi degli autori che hanno contribuito alla stesura di queste interessanti, documentate, a volte commoventi, altre tristi, altre colme di speranza, pagine di quello che è un libro scritto da chi ha considerato il fenomeno migratorio siciliano dal punto di vista personale, secondo la propria partecipazione emotiva o storica.
 
Francesco Meli, Marcello Benfante, Tony Trupia, Salvatore Ferlita, Silvana Polizzi, Roberto Tripodi, Alessandro Russo, Luigi Sferrazza, Gaetrano Pennino, Claudio Paterna, Maurizio Piscopo e, per le fotografie, Giovanni Moroni e Angelo Pitrone. Il libro contiene un cd con interviste a Mario Taibi, emigrante, e alcune canzoni eseguite dalla Compagnia di Canto Popolare  Favarese che raccontano la nostalgia,  la “spartenza”, separazione, allontanamento, divisione di un nucleo affettivo: il biglietto acquistato con sacrificio, era di sola andata. 
Abbiamo intervistato Maurizio Piscopo che ci ha raccontato un po’ il suo libro: “Ogni autore ha sviluppato una tematica specifica così da illustrare il fenomeno migratorio sotto tutti gli aspetti: il cinema, le canzoni, la Rai, i racconti di famiglia, il fenomeno sociale, la tristezza della cronaca, ad esempio di quella madre costretta a gettare in mare, nell’oceano profondo, il cadavere della bambina morta e della sua stessa fine avvenuta pochi giorni dopo quasi a volere riunirsi all’amata figlioletta” 
 
E continua: “Abbiamo dedicato il libro a Papa Francesco al quale spero di poterlo consegnare personalmente, perché ha rotto tutti gli schemi, è andato dai poveri (a Lampedusa dopo il naufragio in cui morirono tantissimi migranti-ndr) ed è figlio di emigranti italiani”.
I napoletani hanno scritto la colonna sonora dei viaggi della speranza dei nostri meridionali nella terra dove tutto poteva accadere, dove tutto poteva cambiare, dove potevi avere una vita migliore. E così è stato per molti, a fronte di tanti sacrifici, c’è chi ce l’ha fatta, chi ha realizzato il proprio sogno, c’è chi ha chiamato i propri parenti stuzzicandoli magari inviando delle foto-cartoline sulle quali mostravano l’immagine del benessere, del loro successo anche per rassicurare coloro che erano rimasti al paese.
Il sogno nel cassetto è di fare un film sui migranti e di divulgare i canti tradizionali popolari che da anni ormai portano in giro i cantori ddella Compagnia di Canto Popolare Favarese. Dà l’impressione di essere uno dei personaggi dei suoi libri. “Sì – conferma – penso di essere stato anch’io un emigrante, ho viaggiato, ho cercato e forse ho trovato la mia identità in questo viaggio, in questi sogni, nella scrittura che ha per me una funzione terapeutica e attraverso di essa riesco a dire quello che ho nel cuore”.
 
E racconta una storia: “Ero seduto con un amico e gli dicevo che volevo fare lo scrittore e mi sembrava una parola grandissima. Mi trovai per caso accanto allo scrittore Leonardo Sciascia che di mestiere faceva il maestro di scuola elementare, come me. Dissi che mi ero stancato e che volevo cambiare professione, fare lo scrittore. Lui mi convinse a continuare a lavorare alla crescita dei bambini e che un giorno, senza bisogno di lasciare la mia terra, avrei cominciato a scrivere. E così ho fatto”.
Maurizio Piscopo, rimasto nella sua Sicilia, continua a fare il maestro di scuola ma coltiva le sue due passioni, la scrittura e la musica che porta in giro con la sua piccola orchestra. Ed è felice perché il pubblico, attraverso le sue canzoni, si riappropria del passato e della memoria.
 

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