Mario Castelnuovo Tedesco, musicista fiorentino. Recitava così il titolo della raccolta di musiche di Mario Castelnuovo Tedesco che egli stesso soleva custodire in un preziosissimo notebook –  un compendio di tutte le sue composizioni e  insieme un omaggio a Firenze, la patria da cui si separò prematuramente a  causa delle leggi razziali del 1938.  Con l’avvento del Fascismo, infatti, tutti i lavori del Maestro, furono banditi dalla radio e da ogni altro tipo di esecuzione pubblica.
Castelnuovo Tedesco era nato infatti da una famiglia di origine ebraica e fu costretto nel 1939 ad abbandonare l’Italia e raggiungere New York per uscire dall’isolamento e continuare la sua attività artistica. In America, grazie al sostegno di Toscanini e di Heifetz, riuscì poi ad essere scritturato come compositore per la MGM.
Nell’arco di 15 anni musicò per Hollywood  più di 200 pellicole e intraprese parallelamente anche l’attività di insegnante: Henry Mancini, Nelson Riddle, Jerry Goldsmith, Marty Paich e John Williams costituirono le fila dei suoi allievi più eminenti, ciascuno con un promettente futuro in ambito cinematografico. Negli Stati Uniti visse fino al 1968 –  anno in cui si spense nella sua residenza di Beverly Hills – dedicandosi tra l’altro anche alla scrittura di  Opere, e brani ispirati alla liturgia ebraica e alla Bibbia.
La fama e l’incommensurabile valore artistico di Mario Castelnuovo-Tedesco sono da ricondursi tuttavia alla bellezza e all’unicità delle sue composizioni per chitarra  (più di 100), ispirate alla personalità illustre di Andrés Segovia: le note fluiscono gaie e veloci, malinconiche e sicure nell’alternarsi delle corde di uno strumento che il Maestro stesso aveva ammesso di non conoscere prima di avventurarsi nel difficile compito della loro stesura. Un crescendo che trova la sua più alta espressione nei suoi concerti per chitarra e orchestra, e nelle variazioni – omaggio ai grandi della storia della musica.
 
E proprio alcune sue composizioni per chitarra e voce (The Divan of Moses Ibn Ezra) sono state al centro della celebrazione –  tributo a Mario Castelnuovo Tedesco che si è svolta lo scorso 27 gennaio all’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles. L’evento, promosso dal Consolato Generale d’Italia a Los Angeles, si è inserito all’interno della commemorazione internazionale delle vittime dell’olocausto alla presenza dei familiari del Maestro. Quale interprete delle suddette composizioni – accompagnata alla chitarra da Federico Ferrandina e Ines Thomé –  ho avuto il privilegio e l ‘onore di rivolgere alcune domande a Diana Castelnuovo Tedesco, nipote del compositore.
 
Le origini ebraiche e l’influenza sul repertorio. Quale il rapporto di  MC – T col giudaismo?
La discendenza ebraica del Maestro era da ricondursi a sua madre e suo nonno –  il veicolo più importante della cultura e l’ispirazione prima per le sue composizioni. Ne andava molto orgoglioso e ad un certo punto della sua vita decise di manifestarlo apertamente attraverso la sua musica. Non conosceva l’ebraico, tuttavia la Bibbia fu per lui una fonte creativa rilevante.
 
Quanto difficile fu per lui lasciare l’Italia e ricostruire la sua vita negli Stati Uniti?
Allontanarsi da Firenze fu una delle cose più penose della sua esistenza. Era molto legato alla Toscana, all’Italia.Tuttavia, una volta emigrato in America all’età di 48 anni, ebbe  molti amici che lo supportarono e lo aiutarono ad inserirsi. Divenuto cittadino americano nel 1946,  da allora tornò in Italia periodicamente ma non volle più trasferirsi  –  aveva deciso ormai che il suo futuro era negli Stati Uniti.
 
La musica da film e le sue composizioni personali divise in due raccolte separate.
Amava considerare in maniera distinta i lavori destinati al mercato di Hollywood e le altre sue composizioni. Soprattutto perché nel primo caso i brani erano di proprietà degli Studios e gli erano stati commissionati in un preciso stile –  non di rado gli accadeva di dover scrivere un concerto ispirato a Mozart o Schubert della durata di 2 minuti. Ne era divertito, ma lo considerava un lavoro.
 
Quali ricordi conserva di lui?
Ero solo una bambina quando morì nel 1968. Lo conosco attraverso la sua musica e i suoi scritti. Di sicuro non era il tipo di persona che giocava con i più piccoli, era sempre immerso nel suo lavoro, ma nutriva un amore grande per la sua famiglia.
 
Quale, a suo parere, l’eredità più importante che ha lasciato dietro di sé.
Credo possa riassumersi in due principali aree: le sue composizioni per chitarra  –  apprezzate ed eseguite in ogni parte del mondo  –  e l’insegnamento – l’enorme impatto che ha avuto sulle future generazioni di compositori nell’ambito della musica da film. Al di là di esse, è necessario citare inoltre l’inestimabile valore di alcuni brani inediti che stiamo cercando di riportare alla luce –  complemento fondamentale del repertorio per piano, voce e musica da camera.

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