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Padola di Cadore, importante stazione turistica sia estiva che invernale del Bellunese
Alla scoperta della montagna veneta, destinazione Padola di Cadore e Dolomiti, dal 2009 Patrimonio Mondiale Unesco. 
 
Percorsa l’autostrada Treviso-Belluno e superato anche il lago di Santa Croce, inizio l’avvicinamento alla mia meta passando per Longarone, nota (tristemente) anche ai “forestieri” per la tragedia del Vajont. Il 9 ottobre 1963 la caduta di una colossale frana dal pendio del Monte Toc nelle acque del sottostante bacino idrico, provocò l’inondazione e la distruzione del fondovalle veneto, tra cui Longarone, e la morte di 1.917 persone.
 Memorie della II Guerra Mondiale ai lati della piazza di Padola

 Memorie della II Guerra Mondiale ai lati della piazza di Padola

 
In un crescendo di tornanti e odori boschivi, attraverso Santo Stefano di Cadore, quindi l’ultimo pezzo di strada in salita per poi planare nella vallata dove giace Padola (1215 metri sul livello del mare). 
 
“L’attimo di gioia per la vista della piccola cappella che dalla curva sovrastante domina il paese, mi fa dire ogni volta  Sono a casa!” racconta la romana Donatella Vulpetti, legatissima fin da ragazza alla poesia umana del Cadore, “poco distante dal confine con l’Alto Adige, ma da questo ben diverso per usi, cultura, tradizioni gastronomiche e lingua (il ladino degli antenati), è un loco di autentico cuore e semplicità. Sono da sempre lì, a Padola. Con sposo, figli e nipoti. Trasmettendo loro questo patrimonio d’amore”.
  Cappella poco fuori il paese. Sotto il picco del Col di Quaternà a 2503 metri 

  Cappella poco fuori il paese. Sotto il picco del Col di Quaternà a 2503 metri 

 
L’ “Heidesco” suono dei campanacci delle mucche al pascolo. Il gorgoglio dell’acqua sopra le pietre focaie. L’aroma ligneo dei locali. Le memorie della II Guerra Mondiale ai lati della piazza. Questa è Padola. Un amico sincero con cui condividere una grappa artigianale mentre la resina dei larici mette a nanna ogni cenno d’oscurità. 
 
Frazione del comune di Comelico Superiore (Belluno), è circondata da boschi ricchi di porcini e i colossi montuosi del Gruppo al Popera tra cui il monte Aiarnola (2456 metri d’altezza). Sul versante opposto domina la scena il Col di Quaternà (2503 metri) con la sua tipica forma vulcanica, lasciando poi lo sguardo volare altrove fino ad arrampicarsi sul passo della Sentinella (2717 metri).
 
Nel centro abitato si può visitare il Museo della Cultura Alpina e la chiesa di San Luca Evangelista. Appena fuori invece, si passeggia beatamente per Val Grande, senza scordarsi di fare una visitina nell’antica stua (diga). 
 Il maggior polo di attrazione turistica è la località Val Grande

 Il maggior polo di attrazione turistica è la località Val Grande

 
Sono tante le mete che si possono raggiungere anche semplicemente camminando. Dai prati e il lago di Sant’Anna al torrente Padola, lungo le cui sponde si aprono ampi spazi di radura, ideali per picnic e barbecue all’aria aperta. E se con l’estate le escursioni fanno da incontrastate regine (imperdibili la malga Coltrondo, l’Alpe di Nemes e il rifugio Lunelli da cui poi proseguire  alla conquista del “collega” Berti), l’inverno è meta di chi ama lo sci, da discesa e fondo, con piste e percorsi per tutti i livelli. 
 
Ma aldilà delle indubbie bellezze naturalistiche, il fascino di questo paese va a toccare tasti più interiori. Una volta arrivati, i turisti instaurano una sorta di legame che col tempo si fa sempre più profondo. Nel corso degli anni le generazioni qui sbarcate, si moltiplicano.
 
In principio vi sono coppie di giovani genitori con figli piccoli. Questi poi si fanno grandi, diventano uomini e donne. Formano nuovi nuclei familiari e prima o poi, quando si tratta di programmare le vacanze, Padola è lì, ci si ritorna. A strizzare l’occhio a un posticino nascosto (e speciale) della loro anima. 
 
“C’è un libro che mi ha segnato la giovinezza e la maturità. La montagna incantata (1924) di Thomas Mann” racconta ancora Donatella.
 
“E c’è davvero per me una montagna incantata oltre l’immaginabile. Un luogo del cuore. Padola di Cadore. Le pallide e aspre meravigliose Dolomiti. Il verde Comelico Carducciano. Tra nuvole e cieli tinti di sole, tra monti arcani, boschi delle fate, ruscelli, torrenti e prati. Dove lasciarsi andare ad abbracciare la terra, malghe e (perché no) anche i suoi sapori: polenta, funghi, mirtilli. 
 
Non è da meno la stagione invernale quando soffici fiocchi di neve ricoprono la natura. E allora gli sci tracciano sentieri unici dove ognuno può raccontare una storia diversa. E anch’io, da non credente, a volte ho sentito un respiro divino. 
Qui, a Padola di Cadore. 

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