Un vero e proprio “giro del mondo” quello che il film di Costanza Quatriglio sta facendo negli ultimi tempi. Sceneggiato e prodotto da Chiara Ottaviano per Cliomedia Officina, in coproduzione con Cinecittà Luce, Terramatta.
 
Il Novecento italiano di Vincenzo Rabito analfabeta siciliano” è stato proiettato a Los Angeles nell’ambito del festival “Cinema Italian Style”, promosso da Cinecittà Luce e American Cinematheque con il supporto dell’Istituto Italiano di Cultura e del Ministero per i Beni e le Attività culturali – Direzione generale per il Cinema. 
 
Dopo la prima mondiale al Festival del Cinema di Venezia lo scorso anno, e numerose proiezioni in Italia e all’estero, Terramatta “un film che mancava nel nostro paese smemorato” (Il Messaggero) è stato inserito nel programma allestito per le celebrazioni dell’Anno della Cultura italiana negli Stati Uniti che ha visto protagoniste le migliori voci del panorama culturale. 
 
“Sono molto felice per l’interesse e l’attenzione che continua a crescere intorno a Terramatta sia in Italia sia all’estero”, ha dichiarato Chiara Ottaviano alla vigilia della partenza per l’Australia dove prenderà parte, oltre alle varie serate di presentazione del film, al congresso di Adelaide dell’Acis, l’associazione che riunisce gli studiosi australiani e asiatici di storia e cultura italiana. 
 
“Coglierò quest’occasione per far conoscere il nuovo progetto a cui tengo molto, l’Archivio degli Iblei, anch’esso ispirato dalla lettura di Rabito”. Con questo Archivio, Ottaviano intende valorizzare il patrimonio artistico e storico degli Iblei a cui si può collaborare attraverso il sito  www.archiviodegliiblei.it. 
 
Vincenzo Rabito, nato a Chiaromonte Gulfi (Ragusa) nel 1899, ha raccolto le sue “avventure” in 1027 pagine, perché “se all’uomo in questa vita non ci incontro aventure, non ave niente da rracontare”.  Una sorta di Omero dei nostri giorni, Vincenzo Rabito, contadino, soldato, carpentiere ma soprattutto “scrittore”, visto che ha raccontato quasi un secolo di vita. 
 
Scrittore… che ha imparato a leggere sui libri di scuola della sorella, e poi l’opera dei Pupi e “il libro del Querino il Meschino”, e che a trent’anni anni ha conquistato la licenza elementare “che mi ha parso un sogno”. Vincenzo Rabito è morto nel 1981 e le sue memorie sono diventate un sorprendente caso letterario, tanto da essere premiate nel 2000 al concorso diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano e pubblicate nel 2007 da Einaudi. 
 
Dal libro, è nato il film Terramatta che ha ottenuto diversi riconoscimenti, a partire dal Nastro d’Argento come miglior documentario nel 2013. 
 
Alla 69° Mostra del Cinema di Venezia ha vinto il Premio “Civitas Vitae”. E poi il “Film della critica”, l’Efebo d’argento, il “Premio Federico II” e il “Premio Bufalino. L’enfant du paradis”. Riconoscimenti anche all’estero: definito “l’opera più personale, originale e ambiziosa”, al Festival di Madrid ha ottenuto il Primo Premio nella sezione documentari.  
 
È grazie a Giovanni Rabito, figlio di Vincenzo, che il manoscritto è diventato prima un libro e poi un film. Giovanni ha portato con sé, a Bologna, quelle pagine piene di parole e punteggiatura, scolpite nella carta con tutti i colori disponibili del nastro della Olivetti, per farle leggere, consapevole di essere al cospetto di un patrimonio da condividere. Vincenzo non ha mai chiesto che fine avessero fatto i suoi ricordi. Ed imperterrito, ha ricominciato a scrivere.
 
Nel film, le parole di Rabito si trasformano in “immagini”, per concretizzare ricordi immortali all’insaputa di tutti. E a dare vita alle parole di Rabito, ad amplificarne le emozioni, il dolore e la felicità, la voce di Roberto Nobile.
 
Di origini ragusane, è uno dei volti più apprezzati del cinema (ha lavorato con registi come Pupi Avati, Tornatore, Nanni Moretti, Rob Marshall), del teatro e della televisione (La Piovra, Don Matteo, Nero Wolfe e Una grande famiglia). Parola dopo parola, la sua voce accompagna lo spettatore nel racconto “della bella vita che ho fatto. Il sottoscritto Vincenzo Rabito…”. 

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