Si trova a 521 metri sopra il livello del mare Caccamo, cittadina in provincia di Palermo, ai piedi del Monte San Calogero (Eurako) nella valle di quello che fu il fiume San Leonardo e che oggi è stato trasformato nel Lago Rosamarina.
 
Per la sua grande estensione confina con ben tredici comuni ed è distante dal mare una decina di chilometri circa.
 
L’etimologia del nome Caccamo è piuttosto incerta. “Caccabe” dal cartaginese; il greco Kakkabe o testa di cavallo – come nello stemma della città, o Kakabe, pernice; in latino invece, Cacabus è il calderone, il pentolone e in arabo Kakum, vaso. Infine, in siciliano, Caccamu, albero di loto.
 Il Castello più volte rimaneggiato di Caccamo

 Il Castello più volte rimaneggiato di Caccamo

 
Ancora oggi ci si chiede pure a cosa risalga l’effettiva origine della città ed è più la leggenda che la storia che ne dà una spiegazione attribuendone la nascita al V-IV secolo a.C. ad opera dei Cartaginesi. Si narra che alcuni di essi, scampati alla sconfitta loro inflitta nel 480 a.C. a Himera, si rifugiarono verso l’interno del territorio circostante fondando una nuova città dal nome Caccabe. 
 
“Cartagine di Sicilia” fu il nome che lo storico Agostino Inveges le diede convinto di ciò sulla base dell’opinione dello storico greco Stefano Bizantino (V secolo d.C.) che affermava la presenza di una città, in Sicilia, dal nome Cartagine.
 
Le sepolture “a forno” dette “grotticelle” nel territorio circostante testimoniano la sua remota esistenza. Ma il suo ingresso “ufficiale” nella storia è datato 1093 e cioè quando il Conte Ruggero (ce n’è documento) assegna il centro alla diocesi di Agrigento a cui resterà sino al 1176 quando, creata la diocesi di Monreale, passerà alla chiesa palermitana.
 
La città dal 1094 e per circa mezzo secolo apparterrà in feudo a Goffredo di Sagejo della corte del re normanno Ruggero per poi passare alla famiglia Bonello.
Ma la storia di Caccamo gravita intorno al suo Castello, imponente, maestoso e di ottima architettura nonché roccaforte inespugnabile. 
 
La sua fama di inespugnabilità è legata alla “congiura dei baroni” in quanto fu il loro rifugio dopo il fallito tentativo di Matteo Bonello e dei suoi alleati baroni di imprigionare il Re Guglielmo I che, invece, fu a spada tratta difeso dai suoi sudditi concittadini che lo liberarono e lo riportarono al potere, costringendo Bonello e i suoi alleati a rifugiarsi, appunto, nel castello, che risultò inespugnabile. Fu con l’inganno del perdono che il re conquistò la fiducia del Bonello sino a quando, abbandonato il castello e reintrodotto alla vita di corte, un giorno lo fece catturare e richiudere nel palazzo sino alla morte sopraggiunta per le gravi torture inflittegli.
 Il ristorante La castellana propone le tradizioni culinarie locali

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In seguito, dopo essere stato possedimento di Margherita di Navarra, vedova di Guglielmo I e di Giovanni Lavardino a cui aveva ceduto la baronia, dal 1169 al 1203, una volta abbandonata dal barone per intollerabilità dei cittadini, Caccamo ritornò ad demanio con delibera parlamentare.
 
Nei secoli si avvicendarono arcivescovi, angioini che furono cacciati  grazie anche all’intervento dei cittadini; poi fu il turno degli aragonesi per giungere alla famiglia Chiaramonte che ne segnò uno dei periodi più importanti per lo sviluppo della città.
 
L’architettura rifiorì e ne sono ancora oggi testimonianza monumenti ed edifici, perfino il ponte sul fiume San Leonardo – oggi volutamente sommerso dalle acque del lago Rosamarina, fu costruito in quegli anni.
Fu ampliato e fortificato con una cinta muraria il castello, furono erette due torri che in seguito divennero, trasformate, le torri campanarie del Duomo e della chiesa dell’Annunziata.
 
Come tutte le dinastie, anche quella dei Chiaramonte fu destinata a terminare e l’ultimo erede, Andrea, fu decapitato nello spazio antistante il Palazzo Steri a Palermo.
 
Caccamo era così passata ai Catalani i quali, malvisti dal popolo ancora legato ai Chiaramonte per lo splendore che avevano regalato alla città, furono cacciati e il loro presidio disperso. Varie vicissitudini videro la città passare attraverso contrastanti governi ma sino al 1646 rimase sotto la signoria Henriquez-Cabrera. Il Castello era stato più volte fortificato e la città visse allora, e per altri due secoli, il suo massimo splendore. Nuove chiese, nuovi conventi e ancora ampliamenti per il castello.
 
Caccamo diede i natali a Nicasio Azzarello, architetto di notevole valenza artistica, che lavorò anche ai Quattro Canti (piazza Vigliena) di Palermo.
 
Altre alterne vicende seguirono dopo la nomina a Viceré conferita al signore di Caccamo che il 2 novembre 1643 la elevò al rango di città. Arriviamo al 1813 quando la signoria della cittadina della provincia palermitana passò alla famiglia De Spuches. Uno dei suoi membri, Giuseppe, marito della poetessa Giuseppina Turrisi Colonna, vide – grazie alla moglie – il castello divenire un centro culturale di grande vivacità. Nel 1963 è stato acquisito dalla Regione Siciliana.
 La Castellana 2013 Roberta Baratta con le sue due damigelle, accanto al sindaco Andrea Galbo con fascia tricolore e G.Panzeca della pro loco

 La Castellana 2013 Roberta Baratta con le sue due damigelle, accanto al sindaco Andrea Galbo con fascia tricolore e G.Panzeca della pro loco

 
Insomma, il castello quale fulcro della vita di una città la cui vocazione culturale traspare da ogni monumento e da ogni manifestazione storica, tradizionale, sia essa contadina, sia nobiliare.
Il più noto evento che arricchisce le estati caccamesi  ha il suggestivo nome di “Castellana di Caccamo”. 
Vengono elette una “reginetta” e due damigelle: alla Castellana vengono simbolicamente assegnate le chiavi del castello per ricordare l’antica tradizione che vedeva il popolo rivolgersi alla moglie del “signore” del castello nei momenti di difficoltà.
 
La manifestazione ha un triplice significato: storico, in quanto è la rievocazione dei personaggi signori della città e del castello dal 1094 sino al 1860; culturale, in quanto stimolo alla conoscenza approfondita della storia della Sicilia e in particolare di Caccamo e, infine, folcloristico perché valorizza le antiche tradizioni profondamente radicate nel territorio e nel popolo.
 
La Castellana sfila per le vie cittadine accompagnata da un corteo dalla sua abitazione sino al Castello. Indossa abiti trecenteschi di velluto e ricamati in oro e, scortata dai notabili del paese in costume anche loro e dal gonfalone municipale color cremisi e oro, giunge ai piedi del castello dove la attendono il sindaco e una folla di concittadini e turisti accorsi per partecipare al fantasmagorico evento. Sbandieratori e gruppi folcloristici convenuti da più parti, arricchiscono lo spettacolo.
 
Ma come sempre, poiché la cultura passa anche attraverso il palato, mischiando la tradizione, la storia, il folkclore e la modernità, non possiamo non ricordare che in quelli che furono i granai del castello, sorge un ristorante “La castellana”, neanche a dirlo, che conserva al suo interno tutte le tradizioni dell’arte culinaria siciliana, unite alla secolare cultura.
 
Fatta di cavalieri, armi, e di amori (parafrasando l’Ariosto) ma anche di oggetti di uso contadino – in bella mostra nei locali del ristorante-granaio – che nei secoli e sino ad oggi hanno permesso di gustare piatti di genuina cucina non risparmiando, magari, uno sguardo al paesaggio che dal locale si domina e alla castellana, sognando duelli – magari a suon di ottimi piatti e leccornie – alla conquista della signora del maniero.
 

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