So’ desfa’! Dice così, sfinito, uno dei tantissimi atleti non più “giovanotti” al termine della 42° edizione della Vogalonga di Venezia. Una colorita espressione dialettale che significa “sono distrutto” e fotografa al meglio il notevole sforzo dopo aver percorso i 30 chilometri di una delle più celebri manifestazioni di remo nell’antica Repubblica Marinara. 
Sono arrivati dall’Europa, dal resto del mondo, da tutta Italia e ovviamente da Venezia per partecipare alla Vogalonga, regata non competitiva scandita fra tradizione e fantasia con protagonista un intero mondo di barche a remi, in particolare caorline, sandali, gondole, mascarete, canoe, kayak, dragon boat, bissone. 
 
Con partenza da bacino San Marco, il percorso si snoda per 30 chilometri acquei costeggiando alcune tra le più incantevoli isole lagunari come Burano, Mazzorbo, le Vignole, per poi confluire nel cuore di Murano, quindi rientrare nell’effettiva laguna della Serenissima lungo le Fondamenta Nove e vivere l’emozione della passerella, sempre meritatamente applauditissima, nel Canale di Cannaregio terminando poi il percorso in Canal Grande passando sotto i ponti di Ri’ Alto e dell’Accademia fino alla Basilica della Salute. 
La festa inizia già il giorno prima della regata. 
 
Sebbene l’antica Repubblica Marinara non sia certo estranea a presenze turistiche, la Vogalonga porta in dote figure differenti. Appassionati, viaggiatori e avventurieri nel senso più romantico del termine. Tritoni e sirene del terzo millennio si muovono con remi sotto braccio, parcheggiando i propri destrieri galleggianti un po’ ovunque. Una vera manna per fotografi, igers e maniaci dei selfie. 
 
L’ultima Vogalonga si è disputata con un tempo ballerino in laguna tra luce, nubi e refoli eolici più o meno moderati. Al sole si stava in maniche corte, all’ombra al frescolino. 
Con i canali principali chiusi al traffico, la flotta “vogalonghesca” composta da 1800 imbarcazioni con a bordo un totale di oltre 7000 partecipanti, ha atteso il tradizionale colpo di cannone sparato puntuale alle 9 in punto. Molti spettatori erano già lì, nel triangolo d’oro compreso tra Punta della dogana, Isola di San Giorgio e Bacino San Marco. Dopo due ore e mezza abbondanti, i vogatori più allenati erano già di ritorno a “Venessia”. 
 
Terrazza invidiabile per godersi a pelo d’acqua la variegata armada multicolore è stata la Fondamenta de la Sacca San Girolamo. Se dalla destra, sulla laguna, si vedono le barche sopraggiungere, dalla sinistra, nel cielo, si scorgono gli aerei atterrare nel poco distante aeroporto Marco Polo, conferendo alla scenografia naturale ancor più atmosfera. La zona inoltre, regala dei piccoli avamposti sull’acqua con tanto di scalini dove potersi sedere e così salutare i fieri vogatori.
 
Sulla più battuta e vicinissima fondamenta di Cannaregio è stato un crescendo di pathos ed emozioni. I veneziani più veraci ne hanno approfittato per scatenarsi con i “ferri del mestiere”: coperchi di pentole da sbattere sguaiati l’un contro l’altro a tutto spiano, e dai balconi affacciati sul canale, sono arrivati anche festanti campanacci. Immancabili le grida d’incitamento in dialetto.
 
Se ormai sono una costante gli stoici sportivi che armati di parecchio equilibrio hanno remato su di una tavola da surf, oltre alle imbarcazioni storiche e più classiche, ad aggiungere ulteriore fascino ci hanno pensato le esotiche outrigger ovvero le canoe polinesiane. Un mezzo che, una volta “identificato”, ha subito riscosso il successo dei supporter al fragoroso commento di “beo queo!”.
 
Alle tre del pomeriggio quando il grosso dei regatanti era già a rifocillarsi con qualche succulenta specialità ittica locale, la memoria di quanto appena visto e vissuto ha fatto da padrona. “Mi ha troppo garbato – ha ammesso divertito un toscano –   Adesso ‘omincio ad allenarmi e il prossimo anno la voglio fare pure io, in canoa”. A lui e a tutti i partecipanti della Vogalonga 2017, un arrivederci a Venezia.
 

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