Lungo i tratturi, le antiche vie della transumanza delle greggi, i pastori portavano con sé  diversi strumenti a dorso di muli ed asini. Per le loro necessità utilizzavano  bisacce, tascapane, ciotole, posate di legno, corni di bue, sgabelli a tre piedi, secchi di legno, attrezzi per la tosatura, collari antilupo. Alcuni di questi oggetti venivano realizzati artigianalmente dagli stessi pastori. 
 
Durante gli spostamenti e le soste, i pastori  raccoglievano verdure e radici commestibili che cucinavano a sera. Erano soggetti a continui pericoli come furti di bestiame, assalti di lupi, morsi di serpenti perciò, nella tradizione orale, i pastori vengono rappresentati mentre dormono “con un occhio solo”.  
 
Per questa loro condizione di vita, l’invocazione della protezione divina dava la forza necessaria per affrontare i rischi del viaggio ed i sacrifici del mestiere. Lungo i tratturi e nei territori attigui, sono sorte durante i secoli molte chiese caratterizzate da un’arte strettamente legata al mondo pastorale. Erano molto importanti non solo dal punto di vista spirituale ma anche commerciale. È in prossimità di queste strutture, infatti, che si svolgevano fiere per la commercializzazione di prodotti artigianali e gastronomici.
 La rete tratturale è lunga 3,000 km e le vie erano larghe 111 metri 

 La rete tratturale è lunga 3,000 km e le vie erano larghe 111 metri 

 
Diversi furono i protettori dei pastori transumanti. Tra questi, San Michele al Gargano, San Nicola di Bari e la Madonna Incoronata di Foggia. L’anno religioso per i pastori si scandiva due volte l’anno: quello estivo e quello invernale e questi due cicli coincidevano con i festeggiamenti dei santi protettori della transumanza.
 
Lungo il tracciato tratturale, nel corso dei secoli, sono sorte taverne, fontane, riposi. Le taverne, che erano delle osterie attrezzate con servizi ricettivi per i pastori e grosse stalle per gli animali, erano tante e frequentate sia da pastori che da viandanti occasionali. Gli abbeveratoi sono disseminati lungo tutti i percorsi ma, per la necessità di acqua sorgiva, sono concentrati nelle zone medie e alte dei tracciati. Molte di queste architetture sono arrivate fino a noi e vengono ancora oggi utilizzate dai pastori stanziali. Questo patrimonio archeologico, seppur quasi del tutto sconosciuto, presenta notevoli caratteri di qualità ed originalità.
 
LA RETE TRATTURALE – La rete  tratturale  che arriva ad uno sviluppo massimo di circa 3000 km,  era caratterizzata da connessioni e nodi. Così  i tratturi,  fiumi d’erba larghi fino a 111 metri, secondo le rigide regole  che ne stabilirono la larghezza massima per evitare conflitti con i contadini, non erano solo corridoi di scorrimento, ma strutture dotate di servizi e attrezzature per uomini e animali. 
 
Lungo il percorso i pastori e gli armenti potevano trovare ricoveri dove trascorrere le notti più fredde, recinti, abbeveratoi e  isolate chiese  rupestri di cui sono rimasti stupendi esemplari. Tali punti di sosta rappresentavano  momenti in cui la socializzazione dava luogo a scambi culturali tra persone provenienti da realtà geografiche diverse, importanti considerando la ridotta mobilità dei tempi.
 
LA VIA DEI TRATTURI – “E vanno pel tratturo antico al piano quasi per un erbal fiume silente  su le vestigia degli antichi padri…”. Così il poeta Gabriele D’Annunzio descrive la discesa dei pastori verso il mare.
 
 Dopo la via Francigena e ll Cammino di Santiago, il percorso dei “tratturi”, le lunghe vie d’erba che collegavano l’Abruzzo montano con il Tavoliere di Puglia, è  tra le  esperienze più suggestive.   
Consente di ripercorrere gli stessi tracciati usati dai Sanniti, dai Romani, e dal 1200 in poi, da centinaia di pastori, milioni di pecore e carovane di muli carichi di masserizie che camminavano silenziosamente in mezzo a quelle ampie distese d’erba. È come fare un viaggio nel passato, nelle tradizioni, nella cultura e nella religiosità delle genti d’Abruzzo che da sempre hanno legato la loro vita alla pastorizia transumante.  
 
Partendo dai pascoli estivi del Tavoliere di Puglia si risale gradatamente tutto il Molise interno fino ad arrivare nei pascoli estivi delle montagne abruzzesi abitate ancora dal Lupo Appenninico, dall’Orso Bruno Marsicano antagonisti di sempre delle greggi e dei pastori.
 
Oggi  di  quelle  antiche  vie  erbose  rimane  ben  poco, come  rimane  ben  poco  di  quella  civiltà  pastorale  che  le  aveva  generate. L’ultimo spostamento  a  piedi  di  pastori  e  pecore pare sia avvenuto nel 1972.
Eppure una sensibilità nuova verso il passato sta coinvolgendo  persone   sensibili,  associazioni e  istituzioni  affinché queste testimonianze, o ciò che rimane di esse, non precipitino nell’oblio, insieme all’immenso patrimonio di storia e cultura che  portano con sé.
 
I principali tratturi erano tre: 
si usava il percorso L’ Aquila – Foggia, detto Tratturo Magno. Si sceglieva tra due piste parallele: Manoppello  Guardiagrele Montenegro o Bucchianico, Chieti, Lanciano.
Il percorso Celano – Foggia. Aggirava Pratola Peligna e Sulmona, sosta ai riposi di Cesale e Taverna del Piano, presso Rivisondoli. Costeggiava Roccaraso, Lucito e Lucera.
 
E infine c’era il percorso Pescasseroli – Candela che raggiungeva Castel di Sangro, poi seguiva due tracciati: i monti del Matese o il percorso sannitico Pescolanciano – Campobasso.

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