La mostra propone un viaggio alla scoperta dell’amicizia attraverso i secoli tra uomo e cavallo (Ph Wendy Corniquet da Pixabay)

Il cavallo figura fra gli ultimi animali ad essere addomesticato. Solo sul finire del IV millennio a.C.,  nelle steppe dell’Asia centrale,  per la prima volta il cavallo cessò di essere semplicemente una preda da carne per intrecciare sempre più strettamente il suo destino con quello dell’uomo. 

La mostra, a cura di Lorenza Camin e Fabrizio Paolucci e ospitata nella settecentesca Limonaia del Giardino di Boboli a Firenze dal 26 giugno al 14 ottobre, vuole raccontare proprio questo antico rapporto con una selezione di oggetti che, spesso trascurati nell’esposizioni museali a vantaggio di opere più appariscenti, sono invece in grado di narrare le mille sfaccettature di una relazione che coinvolgeva ogni aspetto della vita quotidiana. 

“Quale sia stato il luogo in cui sia nata e sviluppata la domesticazione del cavallo è ancor oggi uno degli argomenti di più acceso dibattito nella letteratura scientifica. Sembrerebbe, però, del tutto illogico immaginare che il cavallo abbia iniziato la sua millenaria storia di convivenza con l’uomo in un luogo diverso da quello dell’Europa orientale e delle steppe euroasiatiche” scrivono Camin e Paolucci sul catalogo edito da Sillabe. 

Strumenti   necessari   al  controllo   dell’animale  (morsi,  filetti,   speroni,   staffe etc.) sono esposti in mostra accanto a una serie di opere scelte per illustrare, nel modo   più diretto  e  realistico,  il  ruolo  primario   che  il  cavallo   ebbe  nel mondo antico.  I reperti presenti, quasi un centinaio, provengono da decine di musei italiani e stranieri e illustrano un arco di tempo di oltre duemila anni, dalla prima età del Ferro sino al tardo medioevo.  

Il percorso, incentrato soprattutto sul mondo italico, è articolato in  cinque sezioni, ognuna delle quali è dedicata a un particolare momento storico: la Preistoria,   il  mondo   greco   e  magno   greco,   il  mondo   etrusco, l’epoca romana e il Medioevo. Fra i numerosi reperti che, per la prima volta, saranno restituiti alla curiosità del pubblico figura il carro di Populonia. Questo rarissimo esempio di calesse etrusco, rinvenuto alla metà del XX secolo nella cosiddetta Fossa della Biga, è stato  ricomposto   a   seguito  del   recente   intervento  di   restauro, eseguito proprio in occasione di questa mostra. 

L’opera, realizzata in legno, ferro e bronzo e databile agli inizi di V secolo a.C., costituiva un veicolo ad andatura lenta destinato al trasporto di personaggi di alto rango.

Di particolare suggestione sono anche due crani equini rinvenuti durante gli scavi della necropoli occidentale di Himera e oggi conservati presso il Museo Pirro Marconi  del Parco Archeologico  di  Himera. Nel 480  a.C.,  a Himera, i Siracusani   sconfissero  i   Cartaginesi   in  un   violento   scontro  che   portò   alla morte di centinaia di soldati e cavalieri. In prossimità del luogo della battaglia sono   state  rinvenute   fosse   comuni  e   tombe   destinate  ai   corpi   dei  caduti, affiancate da sepolture equine. Gli esemplari esposti in mostra presentano morsi ad anello bronzei, un tipo di imboccatura nota prevalentemente in area iberica, che sembra confermare la presenza di mercenari ispanici entro le fila dell’esercito cartaginese, come testimoniato anche da Erodoto (VII, 165). Il loro rinvenimento risulta straordinario: infatti, nel V secolo a.C. sono assai rare le attestazioni di sepolture equine nel mondo greco e magno greco, mala risonanza dell’evento fece sì che i soldati e i loro cavalli fossero oggetto di particolari onorificenze. Vera e propria sintesi del rapporto fra uomo e cavallo può essere consideratala kylix attica a figure rosse con Atena e il cavallo di Troia, oggi conservata presso il Museo Archeologico Nazionale di Firenze.

 L’esemplare, dipinto dal Pittore  di   Sabouroff,  attivo   tra   il  470-460 e il  440-430  a.C.,  presenta   sul tondo interno la raffigurazione della dea Atena seduta su trono, intenta ad accarezzare un cavallo di grandiose dimensioni. L’animale è ornato di tainiainiketeriai, le bende in lana rossa simbolo di vittoria. La maggioranza degli studiosi si trova pertanto concorde nell’identificarvi Atena insieme al Cavallo di Troia, emblema dello stratagemma da lei stessa architettato, che portò alla conclusione della guerra con la vittoria achea. A questi reperti se ne aggiungono molti altri che affronteranno i più diversi aspetti del rapporto fra uomo e cavallo. Nel lavoro quotidiano (esemplificato in mostra da un rarissimo giogo ligneo dai relitti delle navi di Pisa) come nel gioco, nella guerra come nelle celebrazioni religiose i destrieri furono sempre una  presenza   costante   al  fianco   dell’uomo.  

 Ultimo   fra   gli  animali addomesticati,  il   cavallo  seppe   infatti   strappare  un   ruolo   di  primo   piano nell’arte, nella società  e nella  letteratura del mondo antico grazie alla sua innata bellezza e nobiltà che, inevitabilmente, finivano con l’irradiarsi anche al suo cavaliere. Come sintetizza efficacemente Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi,  “l’intero  concetto   di   questa  mostra   sembra   contenuto  in   una   delle opere che vi sono esposte, una splendida coppia di frontali in bronzo e avorio, del IV secolo a. C., destinati a proteggere il muso del cavallo: il perimetro della   lamina  sagomata   e   decorata  a   sbalzo   ne  segue   pertanto   l’anatomia allungata, ma al suo interno, invece di una fisionomia equina, racchiude le sembianze   di  un   volto   umano  con   un   elmo  sul   capo.   

Cavallo   e   cavaliere diventano una cosa sola. Dal Paleolitico a tutto il Cinquecento, la rassegna difatto   indaga  questo   rapporto,  di  un’attualità   spesso   insospettata,   e  che attraversa tutta la nostra storia”.La multivisione “A cavallo del tempo”, ideata e diretta da Gianmarco D’Agostino, completa il percorso espositivo con proiezioni di circa 300 metri quadri. La corrispondenza visiva tra opere in mostra e immagini dal vero, insieme a una colonna sonora immersiva, arricchisce il viaggio alla scoperta dell’amicizia attraverso i secoli tra uomo e cavallo.

A corredo della mostra sono state attivate numerose iniziative destinate alla divulgazione dei principali temi legati al cavallo nel mondo antico. Le proposte sono legate ai centri estivi comunali che, sin dai prossimi giorni, frequenteranno quotidianamente il Giardino di Boboli. Oltre alle consuete visite guidate, tenute da personale appositamente formato di Opera Laboratori e pensate principalmente per un pubblico di giovani e giovanissimi, è stato organizzato uno scavo archeologico simulato. In uno spazio appositamente riservato, i bambini potranno provare l’emozione di portare in luce la riproduzione di un reperto esposto in mostra integro o frammentato. Ai giovani archeologi il piacere della scoperta e la sfida di ricostruire integralmente una coppa attica oppure piccole sculture in terracotta.

 Inoltre sarà organizzato in collaborazione con l’Associazione Cavallo Ambiente di Firenze un laboratorio di avvicinamento al cavallo che prevederà la presenza di un animale in carne e ossa in prossimità della sede espositiva. Operatori specializzati seguiranno i gruppi dei bambini, aiutandoli a strigliare, accarezzare e a conoscere questo splendido amico.


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