Per fortuna è nevicato lo scorso fine settimana. Lungo tutto l’arco l’alpino, trenta-quaranta centimetri di neve fresca, assoluto ossigeno per il tutto il movimento. Perché albergatori, maestri di sci, ristoratori hanno passato due mesi buoni, da fine novembre a oggi, col naso all’insù, cercando di andare con lo sguardo al di sopra delle nuvole, provando ad intuire cosa potesse accadere.
 
Niente cime innevate, solo qualche spruzzata di neve. Azionati i cannoni, quelli che sparano neve artificiale, rendendo meno brullo il paesaggio. Non è il paradiso che sognano gli sciatori, macché. Magari serve per alleviare la delusione dei più piccoli, di quelli che salgono in quota per imparare a sciare, ossigenarsi e, nei momenti liberi, costruire il classico pupazzo di neve.
 
Per il resto – a parte la nevicata del fine settimana che, però, stando ai metereologici resterà isolata – il quadro è desolante. Molti i maestri di sci, praticamente senza lavoro, hanno fatto i bagagli tornandosene in città. Tanti gli albergatori che hanno dovuto registrare le rinunce di molti turisti, appassionati di neve.
 
Inutile raggiungere le località di montagne per poi trascorrere una settimana a fare passeggiate, con poca neve in quota, per giunta pure artificiale, sparata dai cannoni. È una ruota, d’altronde: senza neve vanno in crisi le località turistiche, i maestri di sci non guadagnano, gli alberghi non registrano certo il tutto esaurito, restano vuoti ristoranti, bisteccherie, pizzerie. Pure lo Stato – facendo due conti – non ottimizza i propri conti: col sole che continua a splendere, facendo registrare temperature miti, certo non in linea con il periodo invernale, sono meno del solito gli amanti della neve che spendono duecento euro complessivi di carburante per raggiungere il Trentino o la Valle d’Aosta. Piangono miseria, nonostante gli aumenti in vigore dal primo gennaio scorso, pure le società autostradali con migliaia di ticket in meno staccati ai caselli.
 
D’altronde, ormai, il tempo pare essersi assestato in questo modo: inverni miti, più da impermeabile leggero che da cappotto. Commessi a braccia conserte all’interno dei negozi di abbigliamento. Ti serve un abito? Meglio acquistarlo leggero e non pesante: ti servirà, in Italia – in quest’Italia non più fredda – almeno otto mesi su dodici. In montagna affari magri pure per coloro che – slittino, sci e scarponi – affittano.
 
Girano pochi euro, con i proprietari degli alberghi che, ormai, stampano e affiggono sulle bacheche degli hotel i bollettini metereologici, con la speranza di fornire belle notizie per chi la neve ama. Invece, niente di tutto questo: siamo quasi a febbraio, il bilancio complessivo è largamente deficitario. Sole e temperature primaverili su larga parte dello Stivale: venti gradi al Sud. Addirittura diciotto, lo scorso sabato, a Bologna che, in inverno, era una delle città italiane più fredde.
 
Lo chiamano Effetto Serra e sta riguardando anche la nostra Penisola, le cui regioni settentrionali, fino a pochi anni fa, erano sovente imbiancate, non mandando in crisi gli operatori del settore. Ora invece regna il caldo, il tepore, con pure i riscaldamenti domestici tenuti spenti perché controproducenti. Ridateci l’inverno, verrebbe da dire: queste stagioni sottosopra non piacciono granché. 

Receive more stories like this in your inbox