“Spaghetti, pizza e mandolino”. Quante volte gli italiani all’estero sono additati attraverso questo riduttivo stereotipo, spesso offensivo perchè collegato a mafia e malaffare? Eppure la cucina, come la musica, parti profondamente integranti della cultura tricolore, altrettanto spesso sono state notevoli portabandiere olimpiche delle nostre qualità, valori internazionalmente riconosciuti e applauditi. 
 
Perchè, dunque, non iniziare a rivalutare la nomea e a pensarla come un riassunto delle nostre tante qualità, seppure stringato visto che non ritaglia spazio per l’arte (del cui ricchissimo patrimonio in Heritage ogni settimana diamo testimonianza), per la scienza, la creatività o la storia che permea ciascuno degli 8.092 Comuni d’Italia (leggete la rubrica) che punteggiano quel che un tempo, più gentilmente, si chiamava il “Giardino d’Europa”? 
 
Questo mese L’Italo Americano, dopo il viaggio virtuale nel mondo dell’emigrazione (continuate a mandarci le vostre storie, il vostro viaggio negli Usa a [email protected]), sposta l’attenzione sugli italiani che hanno fatto grande l’Italia e che, con il loro impegno, lavoro e passione hanno portato il genio nazionale nel mondo, contribuendo in prima persona (come  tutti possiamo fare), ad associare l’Italia ad aggettivi nobilitanti. 
 
Giuseppe Verdi, di cui ricorre quest’anno il bicentenario della nascita, o Giacomo Puccini che hanno scritto un pezzo di storia della musica mondiale ne sono brillanti esempi (leggete pagina 5), buoni punti di partenza per un viaggio che toccherà tutte le 7 arti.
 
Ci basti in proposito Quentin Tarantino (in Red Carpet) a dimostrare che l’eredità italiana, più che nella semplice genetica, sta nella cultura: nei semi piantati anche in America, magari in un anonimo cinema di Los Angeles, che poi fioriscono in remake che sono evoluzioni d’autore dal dna tricolore. Anzi ottime dimostrazioni di come gli “spaghetti” possono diventare “western”.

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