Lo scorso 4 Novembre, anniversario della vittoria italiana della Prima Guerra Mondiale, l’IIC di L.A. ha presentato alla comunità italo-americana un evento di altissimo livello con la proiezione del film di Leonardo Tiberi “Fango e Gloria” (2014). L’evento è stato magistralmente introdotto dal Professor Claudio Fogu, docente d’italiano e direttore del programma di italiano alla UC Santa Barbara, che ha altresì dato spazio in chiusura a un approfondito dibattito con gli spettatori. Il film, commemorativo del centennale dell’inizio della Grande Guerra e realizzato anche con filmati originali dell’Istituto Luce, racconta alternando realtà e fiction la storia del Milite Ignoto Italiano.
Un’occasione importante per valorizzare la memoria storica di una guerra che pur costituendo la porta d’ingresso dell’era moderna, oggi è forse ai più giovani meno nota perché poco raccontata e oscurata da un maggiore interesse per il ventennio fascista ed il secondo conflitto mondiale. Il film molto apprezzato dal pubblico presente ricorda ed esalta l’eroismo e il patriottismo del popolo italiano che ha sacrificato un’intera generazione per unificare il nostro paese.
 
Professore Fogu, Fango e Gloria racconta la Prima Guerra Mondiale e i milioni di soldati morti in guerra e mai identificati. Può darci una sua opinione sull’opera di Leonardo Tiberi?
È un film molto interessante sia dal punto di vista del contenuto che della forma di docu-fiction che mescola una storia immaginaria con filmati di repertorio LUCE ottimamente messi a colore e sonorizzati,  in alcuni il regista ha persino dato voce alle persone riprese in video. Questo effetto per così dire di ‘presenza’ garantisce una forte immedesimazione dello spettatore con questo passato che viene portato così vividamente in vita. Il tutto inserito in una storia che segue la vita di un giovane di provincia, Mario, la sua ragazza e il suo migliore amico, dall’interventismo alla fine della guerra. La sorpresa molto ben riuscita e fortemente significativa è che il protagonista di questa storia di finzione risulta alla fine essere quel “Milite Ignoto,” che in questo modo, per lo spettatore, diventa invece simbolo in carne, ossa, ed emozioni di un’intera generazione che fu definita “persa” alla storia, ma non nella memoria.
 
Ritiene che la Prima Guerra Mondiale a differenza della seconda sia stata sufficientemente raccontata alle nuove generazioni anche attraverso la filmografia?
Come scrisse Walter Benjamin, la Grande Guerra, con il suo scontro impari tra tecnologie di morte e fragilità del corpo umano, era stato uno shock epocale senza precedenti che aveva fortemente intaccato la capacità stessa di narrarne l’esperienza. La Seconda Guerra Mondiale è stata per i combattenti meno traumatica della prima e la cinematografia americana l’ha potuta raccontare in tutti i generi. Non è stato così per il primo conflitto mondiale che paradossalmente solo oggi è più facile raccontare anche alle nuove generazioni e Fango e Gloria lo fa in maniera molto intelligente ed evocativa.
 
Il 4 Novembre “Giorno dell’Unità Nazionale” e “Giornata delle forze Armate” l’Italia celebra la fine della Prima Guerra mondiale. Ritiene possibile parlare di conseguenze di lungo termine nell’Europa di oggi?
L’Europa unita stessa è in gran parte conseguenza di un processo che partendo dalla Grande Guerra e proseguendo nel secondo conflitto mondiale 
ha identificato la de-nazionalizzazione e il ridimensionamento del peso geopolitico dei paesi Europei quale prerequisito per processi di pace duraturi. Su questo piano la debolezza così spesso addebitata all’Europa Unita può essere anche vista come un risultato positivo del secolo delle catastrofi come l’ha chiamato il grande storico inglese Eric Hobsbawm.
 
La grande guerra ha rappresentato un immane sacrificio in termini di vite umane, cui seguirà solo venti anni dopo lo scoppio del secondo conflitto mondiale…
In realtà i conflitti che portarono alla Seconda Guerra Mondiale non erano identici: la crescita del socialismo-comunismo sovietico, la crisi drammatica del capitalismo, e le terze vie nazional-socialiste in Italia e Germania cambiarono profondamente le motivazioni che portarono al secondo conflitto. Un legame profondo tra i due conflitti ci fu invece per le proporzioni della tragedia che ricordiamo oltre ai morti in battaglia contò milioni di morti per l’epidemia d’influenza che segui alla fine delle ostilità, e le paure demografiche e di carestia che dominarono l’immaginario politico del periodo tra le due guerre soprattutto nel Fascismo e nel Nazismo. Le famose “bonifiche” Mussoliniane e le campagne per le nascite, tanto quanto l’ossessione per “lo spazio vitale” ad Est di Hitler erano radicate profondamente nella psiche collettiva che emerse nel primo conflitto mondiale.
 
L’Italia ricavò dalla vittoria della Prima Guerra Mondiale il Trentino Alto Adige, ma anche il mito della vittoria mutilata che portò poi all’avvento del Fascismo. La storiografia ufficiale ha sempre parlato di guerra vittoriosa per il nostro paese…
Il fatto che il Fascismo fondasse le sue radici nell’esperienza stessa della Grande Guerra e non solo nel mito della vittoria mutilata rende inscindibili questi due fenomeni nel caso italiano. La storiografia fascista fu dunque concorde nel vedere nella vittoria l’anticipazione del Fascismo al potere. Dalla caduta del Fascismo in poi la parola “vittoria” è sempre stata tra virgolette.
 
I focolai di guerra oggi nel mondo sono tutt’altro che spenti. Tuttavia la minaccia sembra provenire più da conflitti di natura economica e finanziaria. Cosa è cambiato secondo lei?
Tutto, e, specialmente, come dice lei la natura del capitalismo finanziario il cui ruolo dirompente pur essendo stato individuato da Lenin già nel 1907 oggi agisce ad un livello di astrazione tale da renderlo simile ad un gigantesco drone invisibile contro cui gli stati nazionali lanciano sassolini con la fionda.

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