Circa 80 opere per raccontare il secondo Novecento italiano, e non solo. Opere che escono dalla personale collezione di Roberto Casamonti, gallerista di fama internazionale e grande esperto d’arte, selezionate da Bruno Corà per dare vita ad un percorso espositivo che copre dagli anni ’60 al XXI secolo, vale a dire la seconda parte dell’intera collezione.

Dipinti e sculture che riflettono l’anima del collezionista e il suo personalissimo “sentire”. Che non è un “sentire” qualunque, trattandosi di uno dei protagonisti del mercato mondiale dell’arte.

Dalla medesima, personale collezione, Palazzo Bartolini Salimbeni, che domina Piazza Santa Trinita a Firenze e che rappresenta uno dei capolavori dell’architettura fiorentina del ‘500, un anno fa, aveva proposto la prima metà del Novecento. Anche in quel caso con una parata di opere sceltissime, autentici capolavori, ciascuno dei quali scelto per storia, affinità, riverbero. Ogni opera riconduceva – così come fanno quelle adesso proposte – a storie di amicizie, frequentazioni, sodalità, aspetti mai estranei alla storia dell’arte e degli artisti.

La direzione della Collezione Casamonti è, dalla sua apertura nel 2018 affidata alla storica dell’arte Sonia Zampini.

“Questa seconda  selezione – afferma Roberto Casamonti – risponde anzitutto a criteri qualitativi strettamente inerenti le mie passioni e le mie valutazioni a fronte di numerosi parametri: una certa attrazione magnetica esercitata su di me dall’opera di un determinato artista, la durata del valore estetico di un’opera nella mia percezione che, col passare degli anni, è accresciuta anziché diminuita; o quando una forma di bellezza da me considerata tale ha avuto la forza d’urto provocatoria che ha sfidato i miei gusti e le mie concezioni in materia d’arte. Naturalmente nelle mie decisioni ha contato anche l’autorevolezza di qualche storia artistica che ho constatato essere obiettivamente fondata”.

Ad anticipare il contenuto di questa nuova esposizione è il curatore Bruno Corà: “il frangente temporale delle opere e degli artisti a cui era giunta la prima sezione della collezione, già esibita, era quello dell’inizio degli anni Sessanta”, egli ribadisce. “In questa seconda tornata dischiudono il nuovo percorso alcuni tra i più autorevoli protagonisti di quella koiné linguistica definita Arte Povera, venuta alla ribalta, in quanto movimento condiviso da un congruo numero di artisti, a partire dal 1967. Di alcuni di loro Casamonti ha acquisito e destinato alla Collezione più di un’opera. È il caso di Pistoletto e soprattutto di Boetti, che dopo Fontana è l’artista a cui egli ha dedicato più energie, passione e attenzione”.

“Entro l’arco temporale degli anni Sessanta prendono corpo taluni altri pronunciamenti artistici di considerevole entità, al punto da poter affermare che la spinta propulsiva maturata nella prima metà della decade di tale decennio avrà un effetto lungo tutti i successivi anni Sessanta e Settanta. In questo crogiuolo alimentato da eventi internazionali di carattere sociale politico e scientifico di grande portata si manifestano, infatti, una serie di tendenze estetiche: il fenomeno dei Gruppi di Arte Programmata e Cinetica, il Nouveau Réalisme, il movimento Fluxus, la Poesia Visiva, il Minimalismo o Strutture Primarie, la Land Art, l’Arte Concettuale, la Body Art, il Graffitismo e la Transavanguardia” evidenzia ancora il professor Corà.

Presentando, un anno fa la prima parte della sua Collezione, Roberto Casamonti aveva voluto chiarire che la sua era una scelta strettamente culturale.

“Ho pensato di voler condividere con la città di Firenze, alla quale sono da sempre affettivamente legato, la mia collezione per poter fare in modo che i valori di cui l’arte è portatrice possano essere condizioni non esclusive ma pubblicamente condivise” affermò in quel frangente.

Un anno dopo, giunti all’atto secondo, quel principio ha mostrato di saper conquistare molte migliaia di persone: i visitatori, italiani e internazionali della Collezione che hanno capito e fatto proprio quel messaggio di bellezza.


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