Presentato in prima mondiale al Theatre de la Ville di Parigi  nell’ambito del Festival d’Automne 2014, approda al Teatro Argentina “Go down Moses”, l’ultima opera di Romeo Castellucci, regista teatrale molto apprezzato all’estero quanto poco conosciuto ed amato in Italia.    
 
La performance di teatro visivo prende spunto da alcuni episodi della figura carismatica e leggendaria di Mosè,  (l’abbandono alla nascita sulle sponde del Nilo, il mistero del  Roveto ardente, i 40 giorni passati sul Sinai dove  riceve le Tavole della Legge, l’adorazione del vitello d’oro),  per elaborare  quadri e situazioni del nostro tempo.  E lo fa alla sua maniera scorazzando con disinvoltura attraverso secoli e millenni.
 
Lo spettacolo, molto  suggestivo ma fortemente perturbante, riflette su archetipi del passato e situazioni di oggi   infrangendo dall’interno i limiti del teatro, scavando nelle metafore, spingendosi al limite della struttura con un’arte nuova o a nuovo,  volta all’astrazione e alla contemplazione. 
 La scena degli intellettuali davanti al leprotto di Durer (Ph. Luca Del Pia) 

 La scena degli intellettuali davanti al leprotto di Durer (Ph. Luca Del Pia) 

 
“Il personaggio Mosè – spiega   il regista – è dissolto nelle scene, tralascia la narrazione biografica per estendersi su concetti, sentimenti e caratteri presaghi di una rivelazione che agisce ora, nel tempo attuale. Mosè è avvicinato allo sguardo dello spettatore, sostanziando ogni elemento dello spettacolo concepito per quadri e frammenti, vibrazioni psichiche che emergono come increspature  nello spazio-tempo della vita quotidiana, oscuramente percepita come esilio”.
 
 Il titolo deriva dal noto spiritual degli schiavi afro-americani che, come il popolo ebraico, vedevano in Mosè il  profeta liberatore capace di condurli nella Terra Promessa.  La performance    si esplica in varie situazioni:  nell’atmosfera resa flou da un velatino tra palco e pubblico, il prologo mostra una galleria d’arte dove un gruppo di intellettuali si danno molto da fare attorno ad un unico quadro che rappresenta il leprotto di Arbrecht Durer (il vitello d’oro declassato?). Un enorme rullo industriale occupa il proscenio e macina parrucche-roveti che discendono dall’alto.
 
Alcune scene sono scioccanti, come la lunga sequenza del parto di una donna  in una latrina a cui segue la visione di un cassonetto dei rifiuti,  dove si suppone  sia stato gettato il neonato. La scena comunica la dolorosa impressione che oggi nessun Mosè riuscirà a scendere dalla Montagna   non essendoci più una sorella di Faraone disposta a salvarlo.   
 
I flash continuano: un ispettore di polizia interroga con indulgenza la ragazza-madre, la stessa in una stanza d’ospedale viene  inghiottita dal tunnel di una  risonanza magnetica in un viaggio nel tempo e nello spazio.  Per approdare nell’ultima, lunga sequenza di abbacinante bellezza visiva, in una platonica  caverna preistorica dove fluttuano uomini che mangiano carne sanguinolenta, un uomo si accoppia con una femmina  piangente per il suo bambino morto, perchè continui la sopravvivenza della specie? Poi la donna si alza e chiede aiuto al pubblico con un muto Sos. 
 
Tra simboli, segni, messaggi, choc visivi fulminanti, fragore di musiche ossessive e formidabili vibrazioni, “Go down, Moses”  si  sostanzia come  una creazione partecipativa, fa appello ad intuito e sensibilità, vuole parlare di potere impercettibile, “il popolo non sa di essere popolo perché non sa di essere schiavo”, di tragedie, antiche e nuove, che  imprigionano le persone in una fantastica amnesia d’identità,   mescolando e annodando scrittura, pittura, recitazione (poca) e  transfert (massiccio) con il pubblico in sala. 
 
 “Go down, Moses” di Romeo Castellucci, testi di  Claudia Castellucci e Romeo Castellucci. Musica di Scott Gibbons. Con Rascia Darwish, Gloria Dorliguzzo, Luca Nava, Stefano Questorio, Sergio Scarlatella. Prodotto dalla Societas  Raffaello Sanzio,  dal  Teatro di Roma e diversi  partner europei.   La  tournèe toccherà nel 2015 Vienna ed Atene, nel 2016   l’Australia il Canada, gli Usa ( 9-12 giugno Montclair State University,  New Jersey).
 
ROMEO CASTELLUCCI – Nato a Cesena nel 1960, si diploma in pittura e scenografia all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Molto celebrato all’estero e fautore di un teatro come opera d’arte totale, si è interessato dei cicli mesopotamico  ed egizio. Direttore della sezione Teatro della Biennale di Venezia 2005, ha ricevuto fra gli altri il Premio speciale Ubu 2004 e il Leone d’oro alla Carriera alla Biennale di Venezia. Fra le sue produzioni La Tragedia Endogonidia, Sul Concetto di Volto nel figlio di Dio, Il velo nero del Pastore.
 

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