In Abruzzo 80 km di spiaggia sono punteggiati dai trabocchi ma anche da piattaforme petrolifere (Ph C Morrison da Pixabay)
Si estende da Ortona a S.Salvo e comprende le cittadine di San Vito Chietino, Rocca San Giovanni, Fossacesia, Casalbor-dino e Vasto. Ottanta chilometri di costa dall’andatura frastagliata e costellata di piccole insenature, nelle quali l’Abruzzo offre il meglio della sua natura. La chiamano “costa dei Trabocchi” e su queste spiagge hanno camminato Gabriele D’Annunzio e Pietro Di Donato, Bartali e Flaiano.
Di sicuro appartengono a una pagina di storia peculiare dell’Abruzzo e del Molise. Le macchine da pesca, issate su palafitte e sorrette quasi miracolosamente da una fitta ragnatela di cavi e assi sembrano stare su per miracolo e solo alcune travi e tavole reggono la piattaforma nella loro parte essenziale, collegata a riva da camminamenti su esili passerelle. Un complesso sistema di carrucole e funi permette alle “antenne” di sopportare metri e metri di reti, che periodicamente vengono ritirate per la raccolta del pescato.
Presenti lungo la costa abruzzese dall’VIII secolo (nacquero dall’intuizione dei contadini-pastori che non esperti di barche e acqua, capirono di poter integrare il loro raccolto con la pesca sottocosta), i trabocchi sono strutture apparentemente fragili, ma in equilibrio dinamico con le forze della natura. Solo l’attenzione continua dei “traboccanti”, depositari e custodi di un’antica e affascinante arte, permette a queste strutture di superare le mareggiate e le tormente di vento.
Corde di canapa, fili di ferro e legni di olmo, acacia e abete rappresentano i materiali (rigorosamente riciclati) di questo simbolo della marineria adriatica, decantati dal poeta Gabriele D’Annunzio simili a “ragni colossali”.
Gran parte del fascino dei trabocchi è dato dalla loro posizione. Se a Pescara il molo accoglie ancora 5 di queste strutture, ristrutturate e a volte trasformate in piccolissime trattorie, a partire da Ortona la loro struttura architettonica punteggia angoli rocciosi di grande fascino. Lido Riccio e Lido dei Saraceni rappresentano località rinomate della costa abruzzese e accompagnano il viaggiatore in questo percorso verso sud permettendo di fare la conoscenza con San Vito Chietino. D’Annunzio definì questo borgo “il paese delle ginestre”.
Dal Belvedere Marconi, a strapiombo sul Mare, la vista spazia dai Massici del Gran Sasso e della Maiella fino alle sagome delle Isole Tremiti, regalando emozioni uniche. Il territorio di Rocca San Giovanni rappresenta il tratto più incontaminato del litorale frentano. Spiagge sassose si alternano a scogliere a picco sul mare e offrono al viaggiatore la possibilità di visitare il borgo fortificato del 1076 nel quale la parrocchia di San Matteo è stata dichiarata monumento nazionale.
Fossacesia con il suo panorama eccezionale del Golfo di Venere e con l’Abbazia di San Giovanni in Venere rappresenta un baluardo di quest’angolo marittimo dell’Abruzzo, dal fascino immutato e prepara il visitatore alla scoperta di Torino di Sangro. Nel suo territorio comunale è possibile rivivere un momento della storia recente dell’Italia contemporanea. Il bosco della “lecceta”, dichiarata riserva naturale accoglie il curatissimo “cimitero britannico dei caduti nella cruenta battaglia del Sangro del 1943”.
Arrivando a Casalbordino, la sabbia finissima sostituisce la battigia di ghiaia e prepara all’incontro con Vasto, l’antica Histonium.
Il suggestivo Belvedere delle Lame offre un panorama mozzafiato sul Golfo d’Oro e il centro storico ricco di monumenti (Castello Caldoresco, Palazzo d’Avalos, Cattedrale di San Giuseppe) fa rima con Punta Aderci, riserva regionale già set di numerose pellicole girate nella zona. L’ultima tappa della costa dei Trabocchi è rappresentata da San Salvo, paese di epoca romana che regala tratti di spiaggia ancora selvaggia. Tutto, in questo percorso costiero, parla dell’alleanza tra terra e mare. Compresa la gastronomia che sul “brodetto” ha costruito la propria fortuna.
La zuppa di pesci locali cotti in un tegame di coccio con abbondante olio extravergine d’oliva e pomodorini freschi vale da sola una visita su questo tratto di Mare Adriatico. Calamari, polipi, scampi, cozze e vongole arrivano direttamente dalle reti dei trabocchi e rappresentano un antipasto tipico cui fa seguito la mitica “pasta alla chitarra” della tradizione abruzzese condita con frutti di mare. Arrosti e fritti misti di pesce (totani, triglie, scampi) chiudono il circolo di una cucina totalmente votata alla produzione locale. La costa dei trabocchi è una zona ad altissima vocazione vitivinicola.
Montepulciano d’Abruzzo, Cerasuolo d’Abruzzo e il bianco Trebbiano d’Abruzzo sono rappresentati dal marchio Dop e Igp e rappresentano un vero presidio della regione, insieme agli oli d’oliva extravergine, la cui qualità è riconosciuta a livello internazionale. I territori di San Vito Chietino, Rocca San Giovanni e Fossacesia vantano inoltre una particolare lavorazione dell’olio d’oliva: quella dell’olio agrumato. Nei frantoi la macinazione delle olive avviene insieme a quella dei limoni o delle arance della Costa dei Trabocchi, dando vita a un olio che usato come condimento crudo riesce a rendere particolare ogni pietanza di carne o di pesce.
PETROLIO - Un litorale costellato di spiagge tranquille e punteggiato dai caratteristici trabocchi. Questa è la costa abruzzese. Capace di accogliere il turismo familiare sulle spiagge ampie e sabbiose del Teramano e Pescarese, o gli animi romantici e avventurosi sul tratto roccioso e pietroso del litorale chietino. Un litorale costellato di trivelle e di pozzi petroliferi, e pervaso dal nauseabondo olezzo del mix di idrogeno solforato, biossido di zolfo, nitriti, monossido di carbonio, polveri fini e ultrafini e di composti volatili organici. Questa sarà (forse) la costa abruzzese tra pochi anni.
Nonostante gli sforzi compiuti da ambientalisti, cittadini e politici di buona volontà, strenui difensori di un territorio che ha come unica colpa quella di essere nell’occhio delle società di estrazione. Senza peraltro offrire un prodotto appetibile e a buon mercato. Perché il petrolio abruzzese è fangoso e altamente corrosivo, perché per utilizzarlo bisogna depurarlo sul posto, pena la corrosione di qualsiasi nave cargo, e per farlo si dovrà distruggere un’area divenuta fiore all’occhiello del made in Italy agroalimentare, evidenziata da numerosi marchi di qualità la coltura dell’olivo e della vite.
Con l’approvazione in Consiglio Regionale della legge 14/2008 la Regione Abruzzo ha tentato di arginare alla meno peggio una marea che potrà quasi sicuramente trasformarsi in uno tsunami economico e ambientale per il territorio abruzzese. Ma alla forza distruttrice dei titolari delle concessioni estrattive ha opposto una tenue barriera, destinata a sgretolare la resistenza locale appena le trivelle inizieranno a funzionare in 52 comuni della Regione, compreso il capoluogo Teramo e trasformando la vita di oltre trecentomila abruzzesi in un incubo.
“Queste non sono opinioni – scrivono le associazioni ambientaliste – ma dati oggettivi ed ufficiali che nessuno mai potrà confutare. Stiamo parlando di concessioni già rilasciate a scopo d’estrazione e che vedranno coinvolti paesi situati all’interno di aree protette dei parchi”. Spulciando documenti che nessuno ama rendere pubblici, si scopre che il programma industriale di sviluppo 2009-2011 della società petrolifera Medoilgas (Mog), attivissima in Abruzzo e con uffici nel porto di Ortona, aveva fissato al 2010 la programmazione dell’inizio delle attività petrolifere di diversi pozzi estrattivi.
Il “petrolio” estratto sarà in realtà una fanghiglia altamente corrosiva contenente zolfo, che non potrà essere trasportata e dovrà quindi essere desulfurizzata sul posto con conseguente emissione di idrogeno solforato che arriverà facilmente sulla costa, insieme al petrolio normalmente disperso in mare nella fase di imbarco sulle petroliere.
Una decisione scellerata che come primo risultato vedrà cambiare lo skyline della costa, peggiorare la qualità dell’aria e causerà una probabile disdetta turistica dall’Italia e dall’estero trasformando questo angolo superbo d’Italia in un cimitero della Natura. Una scelta che, oltre ad assestare un colpo mortale alla vocazione turistica, minerà non solo la salubrità dell’habitat per il presente, ma anche quello delle generazioni future.

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