Taglio di Po, comune veneto di 8.549 abitanti della provincia di Rovigo.

Si trova all’interno del Parco del Delta del Po, nel basso Polesine. Il territorio comunale, di forma molto allungata, si estende fino a un paio di km dalle rive del Mare Adriatico e fa parte dell’Isola di Ariano, formata anche dai Comuni di Ariano nel Polesine e Corbola, delimitata dai rami del fiume Po: il Goro a sud, il Po di Venezia a nord ed il suo ramo, il Po di Gnocca, a sud/est. Deve fama e nome alla faraonica opera eseguita dalla Serenissima all’inizio del XVII secolo di deviazione del corso del Po con lo scavo di un canale, il “taglio”, da Porto Viro alla Sacca di Goro. Il nuovo canale, denominato Po di Venezia, divenne il confine tra la Repubblica Veneta e lo Stato Pontificio.

Nei tempi antichi esisteva il cordone dunoso sul mare che arrivava circa dove oggi è l’attuale piccolissima frazione di Mazzorno Destro, che risulta abitata sin dal 1530. Gli abitanti sono veneti e praticano pesca, caccia, pastorizia e raccolta delle erbe palustri. Il rimanente territorio si è formato successivamente al Taglio di Porto Viro, l’opera idraulica realizzata dalla Serenissima tra il 1600 ed il 1604. I primi insediamenti abitativi nell’attuale centro del paese ebbero luogo intorno al 1750. Sino all’invasione napoleonica del 1796 rimase nella Repubblica di Venezia. Nel 1798 ne venne riconosciuta la municipalità con il nome definitivo di “Taglio di Po”. 

Nel 1815, col Trattato di Vienna, il comune passò sotto il Regno Lombardo Veneto. Considerato terra di confine viene bloccato ogni suo sviluppo sia agricolo che demografico. Nel 1851 entrò a far pare della provincia di Rovigo rimanendovi anche dopo la liberazione del Veneto e l’annessione al Regno d’Italia nel 1866. In questi anni iniziarono le bonifiche per risanare il territorio e per migliorare le condizioni di vita e le abitazioni ancora in gran parte di canna. Nel Novecento si segnala una ripresa, grazie alle risaie e all’impulso all’agricoltura, merito anche di opere di ingegneria idraulica. 

Urbania, comune marchigiano di 7.117 abitanti della provincia di Pesaro e Urbino.

  Il centro storico di Urbania

  Il centro storico di Urbania

Conosciuta fino al 1636 con il nome di Casteldurante, cambiò con l’attuale denominazione in onore di papa Urbano VIII. Il nucleo originario di epoca altomedioevale, risale al VI secolo d.C., e si chiamava Castel delle Ripe. Fu di parte guelfa, motivo per cui, nel 1277, fu distrutta dai ghibellini della vicina Urbino. La popolazione superstite trovò rifugio più a valle, tra le mura della potente abbazia benedettina di San Cristoforo del Ponte, situata nel luogo esatto dove si trova oggi il duomo. Attorno all’abbazia, nel 1284, fu fatta costruire la nuova città, la cui fondazione fu affidata, da papa Martino IV, al prelato provenzale Guglielmo Durand, all’epoca governatore della Romagna e della città e distretto di Urbino.

Durand affidò l’incarico di costruire la città a tecnici bolognesi ai quali fu forse dovuta la soluzione con due strade porticate che fa di Urbania una sorta di Bologna in miniatura. In onore di Durand la città prese il nome di Casteldurante. Dal 1427 seguirà il destino del Ducato di Urbino. Nel 1631 tornò sotto il dominio diretto dello Stato Pontificio. Il 18 febbraio 1635, papa Urbano VIII elevò Casteldurante al rango di città e di diocesi e in suo onore la città cambiò, per la terza volta, il nome. Urbania è decorata al valor militare per la guerra di Liberazione ed è stata insignita della Medaglia di Bronzo al Valor Militare per il contributo dato alla Resistenza ed il tragico bombardamento subito il 23 gennaio 1944 da parte delle forze alleate, che provocò devastazioni e 248 vittime civili. Per tale motivo è stata riconosciuta Città martire della Provincia di Pesaro e Urbino.

Al giorno d’oggi la città, pur piccola, è un centro turistico visitato  per il Palazzo Ducale, le numerose chiese (fra cui la chiesa dei Morti, che conserva mummie naturali del Medio Evo e del Rinascimento), per le antiche mura (con una passeggiata da cui si può vedere il fiume Metauro, che circonda la città in un’ansa), per le stradine medievali, per la produzione di ceramiche.

Villa Literno, comune campano di 11.278 abitanti della provincia di Caserta. [/caption] Il palazzo comunale di Villa Literno [/caption]

II nome fa riferimento all’antica città osca, poi colonia romana, chiamata Liternum, situata 10 km più a sud, sul Lago Patria, nella quale visse Publio Cornelio Scipione. Liternum assunse peso e rilevanza con la apertura della strada Domitiana. Numerosi e significativi reperti archeologici ne testimoniano l’importanza, che durò sino al Medioevo per il ruolo ricoperto attraverso le funzioni svolte nell’organizzazione ecclesiastica sul territorio. Con Cuma e Atella, fu infatti una delle tre sedi episcopali che nel 1053 vennero incorporate nella diocesi di Aversa. Il nome originario era però Vico Feniculenze, con riferimento alle colture della zona ed alla produzione del fieno. Una strada ne perpetuava il nome trasformato poi in via Delle Pagliarelle, per i pagliai che vi lavoravano.

Dopo la dominazione normanna, passò agli Svevi con i quali si ebbe la costruzione del Castello del re Carlo I d’Angiò, come riserva di caccia. Nel Trecento comprendeva inoltre le Chiese di San Tammaro (divenuto poi il santo patrono che viene festeggiato la secondo domenica di settembre), di S.Maria di Villa Vici, di S.Maria da Savilone, di San Pietro, di San Marco e di Santa Maria del Pantano. Nel 1528 Vico di Pantano tornò alla Regia Corte.

Per lungo tempo il territorio fu oggetto di interventi di bonifica che, iniziati dal viceré di Napoli Don Pedro di Toledo, si protrassero nel tempo e continuarono sino ai giorni nostri ad opera del Consorzio di Bonifica del Bacino Inferiore del Volturno. Nel 1927 la località assunse la denominazione attuale di Villa Literno ed abbandonò definitivamente la denominazione di Vico di Pantano. Villa Literno è stata compresa nella provincia di Caserta soltanto dopo della ricostituzione dell’Amministrazione Provinciale nel 1946. Purtroppo oggi il centro urbano è noto per ospitare nel suo territorio la discarica più grande d’Europa frutto della crisi dei rifiuti del 2008 che ne ha visto un consistente aumento e che la vede tuttora in espansione.


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