Lungo i tratturi molisani seguendo larghe autostrade fitte di erba, siepi laterali come guardrail per recuperare valori perduti ai nostri giorni, come la pigrizia (l’otium latino) e il silenzio. Si arriva nel territorio del Matese conosciuto per una stazione sciistica, Campitello Matese, nat durante gli anni Settanta sull’onda degli entusiasmi per gli sport invernali che aveva contagiato larghe masse di popolazione anche al centro-sud, tradizionalmente estranee, almeno come interesse di massa, al divertimento sulle piste da sci. Campitello è una specie di oasi di costruzioni turistiche in mezzo alla  montagna.   
 
Il soggiorno è riposante e tranquillo. Si possono praticare vari sport come tennis, tiro con l’arco, passeggiate a cavallo o in bicicletta senza l’affollamento delle grandi stazioni di massa. D’estate è delizioso passeggiare e respirare l’aria tersa e cristallina e perfino patire qualche brivido quando in città si soffre il caldo e l’afa. 
In genere Campitello fa il pieno la domenica: la gente arriva per la gita o il picnic da Campobasso o dalla Puglia. La cucina è genuina, poco elaborata,  ma saporita e abbondante. Non mancano mai la caponata di melanzane in umido col pomodoro, i cavatelli alla molisana, le taccozze coi fagioli, i cappellacci dei briganti e saporite carni di agnello condite con il tartufo. Il tutto viene servito da ragazzi che hanno frequentato qualche scuola alberghiera ma non hanno ancora perso l’andatura naif dei ragazzi abituati a stare più all’aria aperta nei prati che nel chiuso degli alberghi. La mattina presto non si vede in giro nessuno, solo qualche mucca al pascolo assieme al suo vitellino e qualche cane abruzzese dal bel manto candido e morbido.   
 
Non si vuole qui fare un quadro oleografico di un mondo che non c’è più ma se si vuole far materializzare l’Arcadia, magari impreziosita dai resti di una città romana, basta scendere nel fondovalle per una trentina di chilometri, e cercare Sepino Altilia, una meta che vale il viaggio. 
Sepino è una città romana del primo secolo ai piedi del Matese. Si entra per una delle 4 porte di accesso e ci si trova in una singolare città romana ancora abitata. Accanto alle 20 colonne ioniche della Basilica e attorno ad un piccolo teatro ci sono casette di epoca medioevale che la Soprintendenza alle Belle Arti ha restaurato, ancora abitate dai contadini che qui vivono con le loro mucche, i  cani e le  pecore.   
 
Si ammira in paese la Porta di Boiano sormontata al centro dalla testa di Ercole e da due guerrieri barbari ai lati dai volti sconvolgenti. Dentro si ammirano la Casa del frantoio, l’edificio dell’Esedra, il mulino idraulico. 
Questa singolare città archeologica abitata fu passaggio obbligato delle greggi in transito: qui si esigevano le imposte del bestiame incanalato dai tratturi verso le quattro porte  monumentali di accesso (Terravecchia, Benevento, Bojano e Tammaro) ricavate nel muro di cinta ad opus reticulatum. Di questo meraviglioso centro si possono ammirare ancora oggi le torri alte circa 32 metri.
 
Un piacevole stato di spaesamento assale mentre si attraversa il Decumano, a sua volta attraversato dal Cardo proprio come si costruivano le piante delle città romane, pensando alla transumanza millenaria lungo questi percorsi addirittura preesistenti allo stabilirsi degli insediamenti umani nel Molise. 
Oggi i tratturi possono ritornare ad essere una rotta per seguire l’andamento del paesaggio molisano. Percorrendoli si possono raggiungere le sorgenti dei fiumi che scaturiscono dalla roccia per via della natura carsica del terreno che convoglia le acque nei serbatoi sotterranei. 
 
A neppure un chilometro da Boiano, sempre nel fondovalle, ci sono le sorgenti del Biferno. Dal monte verde di arbusti cola l’acqua in una grande vasca dove nuotano le trote. Ogni tanto di notte qualcuno va a pescarle di frodo. Questa vasca, con le panchine attorno e un piccolo giardino, dove un fisarmonicista intona vecchie canzoni napoletane, racconta una piccola storia di nostrana buona volontà. Il luogo era stato ridotto nel tempo a un immondezzaio fino a quando pensionati del luogo si sono improvvisati muratori e giardinieri e hanno ripulito la zona. Così le sorgenti del Biferno sono diventate una meta piacevole per la gente dei paesi vicini che d’estate va a prendere il fresco.

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