Santa Monica, California. È noto che il cinema italiano sia in coma. Come si è arrivati a questo punto e come se ne può venir fuori è l’argomento che L’Italo-Americano ha affrontato all’American Film Market con la sceneggiatrice-regista Federica Martino, incontrata alla principale fiera cinematografica di Hollywood.
 
Federica Martino risiede sia a Roma che a New York City, si è laureata alla New York University e ha insegnato recitazione negli Usa dopo aver diretto sia opere cinematografiche, come “Beauty Queen Olivia” che televisive, come “L’ultima battuta” per Rai2.
  La regista Federica Martino

  La regista Federica Martino

Per Martino, il problema principale è che in Italia “non c’è una vera infrastruttura. Tutto funziona in modo casuale e un film di successo rappresenta un fenomeno impossibile da replicare”.
 
A chi bisogna dare la colpa? Per Martino, nel sistema vigente interagiscono tre elementi ed ognuno presenta lacune: “Per prima cosa il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali ha creato una forma di dipendenza con un rapporto fiduciario con alcuni produttori che non rischiano mai in proprio. Parliamo di circa 15 persone al massimo. Questi produttori lavorano con il solito gruppo di registi. C’è bisogno di produttori veri”.   
 
Il terzo problema? “È rappresentato dalle reti: Rai e Mediaset. Con pochissime eccezioni, queste non accettano presentazioni (i cosiddetti pitches su cui si basa il sistema americano) e finanziano film con i soliti produttori e registi”.
 
In questo modo, “con l’opera finanziata sia dal Ministero che dalla rete, il produttore non ha incentivo a vendere il prodotto all’estero, né ad avere un dialogo con il pubblico italiano”.
Parliamo ora delle soluzioni. 
 
“Per prima cosa il Ministero dovrebbe abolire il ‘reference system’ (si chiama proprio così, all’americana) il quale assegna dei punti se si è associati a un’opera che ha vinto qualche premio a uno dei 5 festival principali. Ad esempio, il mio punteggio – dice a L’Italo-Americano Federica Martino – è 21 e dovrei arrivare a 100 perché questo possa contribuire al finanziamento dei miei progetti. La formula più efficace sarebbe quella di basarsi sulle pre-vendite (sistema canadese) dove il contributo finanziario viene concesso solamente se un progetto è pre-venduto a una rete, un servizio di video-on-demand, streaming o a un distributore; con tanto di contratto da utilizzare come garanzia per un prestito bancario.
 
Le reti, o chi commissiona l’opera, dovrebbero finanziare solamente una parte del costo, lasciando al produttore il compito di far quadrare i conti con le vendite all’estero”. 
In questo modo si ha la garanzia di un prodotto ben accettato in tutto il mondo, inclusa l’Italia, il cui pubblico oggi si identifica più coi film americani che con quelli italiani. 
 
Quindi come può un operatore al di fuori di questa “casta” produrre film? “Ricorrendo – conclude la sceneggiatrice-regista – alle film commission, utilizzando tax credit e tax shelters e ottenendo pre-vendite all’estero e co-produzioni”.

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