Appuntamento a domenica prossima quando – nell’arco dell’intera giornata, complici le migliaia di gazebo allestiti sul territorio – il Partito Democratico ufficializzerà la scelta del proprio candidato Premier alle elezioni politiche di primavera.
 
Ballottaggio tra il Segretario Bersani e l’outsider di lusso, il Sindaco di Firenze Renzi, l’indiscutibile nuovo profilo della politica italiana. Solco di otto punti percentuali tra i due sfidanti: un divario colmabile per lo staff di Renzi, impossibile per Bersani e il suo movimento, in coerenza, doveroso riferirlo, con i numerosi sondaggi che non prevedono alcun, prossimo golpe sulla scranno più alto del PD.
 
In attesa che le urne – tra tre giorni – chiariscano la sfida, legittimo approfondire alcuni aspetti. Il primo, che affresca il senso della contesa: oltre tre milioni e mezzo di italiani hanno espresso, nel primo turno, il proprio voto. Un dato significativo che conferma la voglia di “buona politica”, condita da idee, contenuti, speranze, espresse da candidati seri e convincenti. Un esercizio di democrazia, le primarie. Che, dati alla mano, agli italiani piacciono. Il secondo aspetto, questo in chiave eminentemente politica: anche se Renzi (come tutto lascia presupporre) dovesse perdere la contesa finale con Bersani, resterebbe concreta la sua ascesa.
 
Senza un eccessivo “pedigree” alle spalle (è stato Presidente della Provincia di Firenze, ora è sindaco del medesimo capoluogo toscano), Renzi ha saputo fare breccia nell’immaginario collettivo favoleggiando una politica rappresentata da giovani esponenti, che colpisse i privilegi, snellendo la burocrazia, avendo come obiettivo primario la creazione di posti di lavoro.

Matteo Renzi, Nichi Vendola e Pierluigi Bersani

Bersani incarna, forse, “l’usato-sicuro”, il professionista della politica, la persona seria e navigata, che ama tenere il timone, evitando le tempeste. Renzi è la novità, il ragazzo (ha appena trentasette anni) che ha bruciato le tappe, che sventola idee e le propugna con efficacia. Hanno, da qui a domenica prossima, un altro diciotto per cento complessivo di consensi (quelli raccolti dagli altri tre candidati alle primarie, Vendola, Puppato e Tabacci) da spartirsi.
 
Bersani non teme contraccolpi, sente già al sicuro la propria vittoria, tanto da sbandierare, al bando la scaramanzia, una “grandissima responsabilità”. Resta qualche interrogativo: ad esempio, occorrerà adesso, per frenare l’ascesa di Renzi, chiedere il sostegno degli elettori di Vendola (che hanno fruttato quasi il 16% dei consensi) per trasformare l’appuntamento di domenica prossima in una grande festa.
 
Naturale che, al ballottaggio, il dirottamento delle preferenze da Vendola al segretario del PD comporterà una possibile alleanza col partito retto dall’attuale Governatore della Puglia. Tutto quello, in pratica, che sino ad ora non è andato in porto. Primarie, ultimo atto. Poi, da lunedì prossimo, il Partito Democratico inizierà il lungo cammino verso le elezioni di primavera.

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