Due civiltà che si incontrano, due epoche lontane nel tempo, lo stesso luogo magico e misterioso dove mito e realtà si confondono. Questa è la storia di Nardodipace, un piccolo comune sull’Altopiano Meridionale della Calabria, vicino Serra San Bruno, provincia di Vibo Valentia, immerso nelle serre joniche e diviso dal resto del mondo da curve e tornanti che mettono a dura prova i freni della macchina e lo stomaco dei passeggeri.
 
Qui la civiltà globalizzata è lontana, costumi e credenze che sembrano di altre epoche: l’asta dei mostaccioli calabresi (biscotti tipici) o la paura del malocchio ostentata con semplicità senza il timore di risultare incompresi; sono solo le tessere di un mosaico che rappresenta la nostra Italia con le sue tradizioni popolari che resistono nel tempo sfidando e convivendo con la modernità.
  I megaliti sarebbero stati lasciati dai Pelasgi (Ph c. Marco Leone) 

  I megaliti sarebbero stati lasciati dai Pelasgi (Ph c. Marco Leone) 

Nardodipace, il comune definito più povero d’Italia e ribattezzato tristemente ‘Il paesino all’amianto’ (dopo l’alluvione del 1951, infatti, si ricostruì l’intero paese utilizzando materiale in eternit), commissariato per infiltrazioni mafiose nel 2011, oggi appare come un luogo abbandonato dalla cosiddetta civiltà del XXI secolo. Poco più di 1.419 abitanti e 13 anime che vivono nella parte vecchia del Paese. 
 
In questo contesto a fatica riusciamo ad immaginare scenari mitologici, eppure in questo territorio una civiltà lontana millenni lasciò testimonianza del suo passaggio attraverso imponenti costruzioni dal significato ancora indecifrabile, forse templi, altari, osservatori astronomici, tracce di pre-scrittura, petroglifi, venuti alla luce improvvisamente ed entrati prepotenti nella Storia/storia di Nardodipace.
 
Nel 2002, dopo un devastante incendio, nelle serre di Nardodipace vennero ritrovati enormi complessi di pietre costituiti da quarzo e granito sulle quali si evidenziano antiche forme di scrittura. Il sito per via delle dimensioni, per la conservazione e per la sua apparente natura antropica, fu accostato alle famose costruzioni megalitiche del Nord Europa. Alcuni studiosi sostennero che i megaliti di Nardodipace fossero un segno della civiltà Pelasgica, che si attestò in questi luoghi tra il VII millennio a.c. alla metà del II millennio a.c. Questi popoli, antenati dei greci e di tutti i popoli indoeuropei, hanno lasciato tracce della loro civilizzazione in tutto il mondo, una vera e propria civiltà globale.
  Gli enormi complessi di pietre nelle Serre calabresi (Ph. c. Marco Leone) 

  Gli enormi complessi di pietre nelle Serre calabresi (Ph. c. Marco Leone) 

 
Il nome Pelasgi appare per la prima volta nell’Iliade di Omero, ma ne parlano anche Eschilo, Sofocle, Erodoto e Tucidite. In generale, con il termine “pelasgico”, ci si riferisce a tutti gli abitanti autoctoni delle terre intorno all’Egeo e alla loro cultura prima dell’avvento della koinè greca.
 
Secondo lo studioso antropologo Domenico Raso, scomparso quest’anno all’età di 74 anni, esistono apporti epigrafici di pre-scrittura pelasgica che attesterebbero l’identità di questa antica civiltà; sono stati ritrovati esempi di questo tipo a Biblo, in Libia, in Toscana, a Glozel sul Massiccio Centrale della Francia, in Scandinavia e sulle coste atlantiche canadesi. 
 
Domenico Raso in più di 40 anni di studi ha identificato, raccolto e successivamente decifrato i segni rimasti, come lui stesso dichiarò: “Il contrassegno di questa civilizzazione globale, che accomuna reperti ritrovati in tutti i continenti, è costituito da una strana e indecifrata scrittura che noi in lunghissimi anni di ricerche, a cominciare dalle Serre joniche calabresi abbiamo appurato essere una pre-scrittura ideo-pittografica dei Popoli del Mare d’Atlantico e del Mediterraneo”, le cui tracce sono state riscontrate “si può dire in tutto il pianeta, dal Canada agli Usa, dal Golfo del Messico all’Ecuador, dall’Amazzonia alla Casa Pintada del Cile, dalla Valle di Tebe alla Libia, da Creta alla Sardegna, dalle Serre joniche calabresi al Veneto, dalla Toscana a Glozel, dalla Nuova Guinea occidentale e la Nuova Zelanda all’Indonesia, in millenni differenti che vanno dal XIV millennio a.C. al II millennio a.C. Indizio certo di una lunghissima durata e di un’amplissima diffusione della civilizzazione globale dei Popoli del Mare”.
   Geosito o i megaliti furono assemblati dall’uomo? (Ph. c. Marco Leone) 

   Geosito o i megaliti furono assemblati dall’uomo? (Ph. c. Marco Leone) 

Dunque i megaliti di Nardodipace rappresentano una scoperta archeologica di importanza fondamentale nel panorama della preistoria italiana e mondiale.
 
I ritrovamenti furono segnalati all’Università della Calabria, facoltà di Geologia, dal professor Guerricchio che a seguito di due sopralluoghi divenne un convinto assertore della natura antropica dei complessi megalitici, di parere differente fu invece la Soprintendenza Archeologica che attribuì la conformazione di questi ritrovamenti ad una predisposizione naturale.
 
Dal giorno dei ritrovamenti si sono susseguiti numerosi studi provenienti da tutto il mondo, tuttavia le divergenti opinioni sulla vera natura di queste pietre hanno dato vita ad un dibattito che ancora resta aperto. 
 
Oggi, anno domini 2013, è possibile visitare i megaliti ma le autorità preposte non hanno sufficientemente valorizzato tali ritrovamenti: il turista è assalito da un senso di abbandono che si concretizza alla vista del punto informazioni tristemente abbandonato e della cartellonistica usurata dal tempo e dall’incuria. 
 
La zona è stata distinta in: Geosito A e Geosito B, ma una volta entrati nei boschi un pannello informativo recita solennemente: “Le pietre di Nardodipace sono insigni testimonianze di un’antica civiltà che si sviluppò in questi luoghi nel periodo Neolitico”. 
 
Il visitatore a questo punto si pone una domanda più che lecita: geosito, ovvero bene naturale, geomorfologico? O megaliti antropici, quindi costruiti dall’uomo? Nel dubbio in un altro Paese avrebbero studiato a fondo e poi costruito info point per diffondere e distribuire depliant con tutto quello che si conosce sulla civiltà pelasgica, pullman di studiosi e turisti avrebbero visitato questo luogo misterioso ed attività collaterali si sarebbero sviluppate a Nardodipace.
 
Recentemente un gruppo di giovani calabresi appassionati e studiosi di questi luoghi, analizzando da vicino i megaliti ha potuto constatare come alla base di queste imponenti costruzioni è possibile intuire, e a tratti vedere distintamente, la presenza di gradoni che farebbero pensare ad una piramide concentrica nascosta sotto la vegetazione. La testimonianza di questi ragazzi è stata molto preziosa, perché ha avuto il merito di riaccendere i riflettori sui megaliti di Nardodipace, proprio nell’anno della scomparsa del professor Domenico Raso, che dedicò il suo impegno nel settore dell’educazione e dell’istruzione e che, proprio con il volume ‘La città della porta’, raccontò la preistoria delle Serre joniche vibonesi e catanzaresi. Con la sua teoria sui popoli pelasgi intavolò discussione di livello internazionali che lo portarono ad avere riconoscimenti e numerosi contatti con studiosi di altri continenti. 
 
Nardodipace comune abbandonato e ritrovato da una Storia che deve essere ancora scritta? Forse, ma comunque la pensiate, inoltrandosi in questi luoghi si respira un’aria magica, il vento tra gli alberi restituisce suoni ed echi suggestivi, quasi a sussurrare nelle orecchie del visitatore di fermarsi per un attimo a contemplare e considerare la bellezza di questa scoperta, per non abbandonarla nuovamente al tempo, ma per scavare e ritrovare le radici e insieme la dignità di un piccolo paese, Nardodipace e forse di un’intera nazione, l’Italia. 
 
Art.9 della Costituzione italiana: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.
 
Si ringrazia per questo articolo gli amici calabresi del gruppo  ‘Cerchi di Sgrano’: Viviana e Serafina Guadagnolo, Fabrizio Basciano, Marco Leone, Erminio Cervello, per aver scelto con le loro azioni di opporre il valore ‘dinamico’ del patrimonio culturale, storico e artistico del Paese all’ottusità e all’immobilismo dei nostri ‘governanti’. 
 
Di seguito i link ai video realizzati dal gruppo ‘Cerchi di Sgra-no’ presso i Geositi A e B di Nardodipace: https://www.youtube.com/watch?v=HOe3GSgwmF4 e, l’altro, https://www.youtube.com/watch?v=5gY_UNDdMpk. 

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