Un paesaggio agricolo medievale della metà del XIV secolo. I campi sono coltivati con viti e olivi a perdita d’occhio. In lontananza si intravede una casa: è un’abitazione contadina, semplice ma non povera. La famiglia che la abita è composta da un padre e una madre con un figlio di otto anni, Nino. Sono contadini, possiedono tutto ciò di cui hanno bisogno e niente di più. La loro giornata è scandita dal passare delle ore segnate dai rintocchi delle campane, dal fluire delle stagioni, dal sole che sorge e tramonta, dalla pioggia, dal vento, dal caldo bruciante dell’estate. Nino si sveglia all’alba e porta al pascolo le capre. Attraversa paesaggi arcaici e sublimi, il suo cammino è come un viaggio lunghissimo, un percorso di conoscenza.
“Pastorale cilentana racchiude gli aspetti costitutivi della storia del Cilento e la capacità di questo splendido territorio di alimentare l’uomo attraverso i frutti della natura”.
Mario Martone descrive così il suo racconto per immagini che fino a fine mese sarà proiettato all’Expo di Milano quale installazione del Padiglione Zero.
“Il film è concepito come la giornata di un bambino pastore. Lo avevamo pensato come un prodotto che i visitatori di Expo dovevano vedere passando, mentre percorrevano il padiglione, ma con nostro gran stupore – dice Martone – ora si siedono in terra per vedere il film dall’inizio alla fine”.
Il cortometraggio del regista campano de “Il giovane favoloso” e di “Noi credevamo”, racconta i gesti della cultura italiana attraverso un linguaggio “che ha lo stesso valore della pittura e della scultura nel nostro Paese”. Lo ha ambientato nel Cilento, un luogo che in Calabria conserva un’aria arcaica, primordiale: “ci sembrava un posto – ha detto – capace di parlare della terra, del suo utilizzo, ma non dello sfruttamento selvaggio”.
Dai 20 minuti di “Pastorale cilentana” esce così un mosaico fatto di caccia, pesca, agricoltura, allevamento e più in generale di un rapporto bilanciato uomo-natura.