Cosa succede quando due culture apparentemente lontane si incontrano? Le risposte sono due: o si scontrano senza amalgamarsi per poi tornare alle proprie origini, oppure riescono a superare gli ostacoli iniziali fino a incontrarsi e collaborare. E questo è esattamente quello che è accaduto domenica sera nello splendido patio della St. Alban’s Episcopal Church di Westwood. “An Evening of Italian & Ethiopian food and music” è il nome dell’evento che ha coinvolto circa ottanta persone.
 
Di cosa si tratta? Tavoli, fiori, candele, dell’ottimo cibo e della buona musica, a cui si è aggiunta una splendida serata primaverile; ed ecco il risultato, una perfetta combinazione di Italia ed Etiopia. Perché si sa, in fondo i primi e significativi scambi interculturali avvengono soprattutto attraverso le tradizioni culinarie. Ecco allora che il menù della serata prevede antipasti, primi, secondi e dolci misti; dallo “Ye Atikilt Sambusa”, uno spiedino etiope ripieno di funghi, alla classica “pasta al pomodoro”, dalla “bruschetta con caponata”, allo “Doro Wot” (spezzatino di pollo speziato).

 Elizabeth Mesfin, pouring delicious Ethiopian coffee. Fresh mint tea also served.

 

Ma, oltre al clima decisamente rilassato ed accogliente, il vero scopo della serata era quello di raccogliere fondi per la Fregenet Foundation, un’associazione che si propone di estendere l’istruzione scolastica tra i bambini etiopi. “La nostra associazione”, racconta il presidente Tafesse Woubshet, “è un ponte multiculturale tra l’Italia e l’Etiopia”. Nata nove anni fa, le classi contavano trentuno bambini iscritti, oggi invece sono 275. “Il nostro scopo non è solo quello di educare i bambini, ma anche quello di riformare la comunità”, continua Tafesse Woubshet, “per questo motivo garantiamo ai nostri studenti le uniformi, il materiale scolastico, la colazione e un pasto caldo dal lunedì al venerdì; è un modo per aiutare le loro famiglie, per non farli gravare troppo sulle spese”.
 
Insomma, la Fondazione supporta e aiuta le famiglie cercando di farle sentire tutte parte integrante della comunità; basti pensare che, oggi, alcuni genitori lavorano con diverse mansioni presso la scuola dei loro bambini. Ma non è tutto: all’interno di queste “communities” si possono trovare anche una libreria, un’aula computer e una clinica, tutto quello di cui una cultura in evoluzione ha bisogno per restare informata e arricchire il proprio patrimonio umano.
 
E in tutto questo non poteva mancare un’italiana D.O.C., la Professoressa Luisa del Giudice, organizzatrice dell’evento. “Ho insegnato storia italiana orale ed etnografia per diversi anni, finché nel 2010 non ho avuto l’opportunità di tenere dei corsi presso l’Addis Abeba University, dove ho conosciuto The Fregenet Foundation”. È grazie ai suoi anni trascorsi nella capitale etiope che Luisa Del Giudice ha avuto modo di comprendere quanto i cittadini fossero bene integrati e ben disposti nei confronti di questa associazione, e quanto fosse importante per loro il lavoro che stava svolgendo.
 
Ex direttrice dell’Italian Oral History Institute alla UCLA, Luisa sottolinea il messaggio fondamentale alla base non solo dell’evento, ma anche dell’associazione: “E’ molto importante insegnare a condividere i nostri beni; purtroppo finché non tocchiamo con mano e non vediamo con gli occhi, tutto ci sembra lontano, come se noi non fossimo responsabili per quello che sta succedendo nel resto del mondo. Ma una cosa possiamo farla ed è aiutare il prossimo, condividere e renderlo parte della nostra vita”.
 
Il passo più difficile, però, sta nel riuscire a comprendere l’altra cultura fino in fondo, accettare quelli che, a primo impatto, possono sembrare limiti, assimilare il meglio e renderlo nostro. Solo in questo modo si può attivare un network reattivo e partecipativo. Ed è lo sguardo del presidente dell’associazione, Tafesse Woubshet, a rivelarlo. “Il nostro più grande progetto è quello di ricreare la stessa forma di community in diversi quartieri fino a raggiungere una completa implementazione. Stiamo progettando una scuola permanente, che non sia presente solo adesso, ma anche nel futuro, un punto di riferimento non solo per i bambini, ma anche e soprattutto per le loro famiglie”.
 
Insomma, se è vero che ognuno si costruisce il proprio futuro, questo sembra essere davvero un radioso inizio per una collaborazione italo-etiope.

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