Ogni lingua presenta le proprie caratteristiche peculiari, e tutte le lingue hanno proprie combinazioni di parole, dette anche “collocazioni”, che i parlanti nativi spesso usano in maniera automatica e senza rendersene conto.
 
Un esempio di tale fenomeno è rappresentato dalla comune espressione “lanciare un appello”. Cosa accadrebbe se sostituissimo il verbo “lanciare” con un altro, ad esempio “tirare”? Il loro significato è lo stesso, ma all’interno di questa specifica frase soltanto il primo suona naturale a un orecchio italiano.
Quest’interessante settore della Linguistica è stato oggetto di studio per diversi anni da parte di Paola Tiberii, autrice del nuovo Dizionario delle Collocazioni della lingua italiana edito recentemente da Zanichelli.
 
Nel contesto della tredicesima edizione della Settimana della Lingua Italiana nel Mondo, il Dizionario è stato presentato a Los Angeles il 21 ottobre al G. Graziadio Center for Italian Studies della California State University, Long Beach, e il 22 ottobre al Dornsife Language Center della University of Southern California. L’iniziativa è stata organizzata con il patrocinio del Presidente della Repubblica Italiana e coordinata dall’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles.
 
Come la stessa autrice rivela, quasi il 70% di ciò che diciamo, leggiamo o ascoltiamo sono in realtà collocazioni. Ma cosa si intende esattamente con questa definizione? Lo abbiamo chiesto direttamente a Paola Tiberii.
 
Si tratta di specifiche associazioni di parole, ad esempio di un sostantivo e un aggettivo, che non possono essere modificate liberamente. Pur essendo differenti dalle espressioni fisse o idiomatiche, il cui significato è solitamente allegorico, queste combinazioni consentono un numero limitato di sostituzioni, e a volte nessuna, per poter essere riconosciute come “corrette” dai parlanti nativi.
 
Sono estremamente frequenti nel linguaggio quotidiano, tanto che spesso non siamo nemmeno coscienti di utilizzarle, eppure notiamo subito se qualcuno le impiega in modo inappropriato, ad esempio dicendo “ho la memoria breve” invece di “ho la memoria corta”.
 
Dunque, ogni lingua ha le proprie collocazioni tipiche?
Esatto, ed esse non sono sempre traducibili in modo letterale nelle altre lingue. Pensiamo al composto inglese “to pay attention”. Renderlo in italiano usando lo stesso verbo “pagare” suonerebbe innaturale, mentre per noi l’associazione abituale è “prestare attenzione”.
 
Inoltre, poiché tali combinazioni di parole si fondano esclusivamente sull’uso quotidiano piuttosto che su qualsiasi regola grammaticale o logica, esse possono creare particolari difficoltà agli studenti stranieri, che non hanno strumenti per dire con certezza se una specifica collocazione sia corretta o meno nella lingua italiana.
 
In un tale contesto, il nuovo Dizionario si presenta come uno strumento veramente utile per gli studenti d’italiano. Come è stato accolto all’estero? E in Italia?
Sono convinta che lo sia, e infatti il riscontro è stato molto positivo in occasione di tutte le presentazioni a cui sono stata invitata dalle università europee in Polonia, Egitto, Albania, Francia e Regno Unito.
Tuttavia gli stranieri non sono gli unici destinatari del Dizionario delle Collocazioni, anzi, si tratta di una risorsa essenziale a tutti i livelli di conoscenza della lingua italiana, dalle scuole elementari al mondo professionale di avvocati, giornalisti e traduttori. In particolare, in Italia gli avvocati sono stati i primi a riconoscere l’utilità del Dizionario in termini di arricchimento e maggiore precisione linguistica.
 
Quante voci e combinazioni sono incluse nel Dizionario? E quali sono stati i criteri di selezione?
Il corpus raccolto è di 6.000 parole di uso frequente, derivate sia dal Dizionario della Lingua Italiana del Professor Tullio De Mauro sia dal linguaggio quotidiano. A partire da esse ho tratto 200.000 collocazioni, abbinando i sostantivi ad aggettivi e/o verbi, e combinando invece gli aggettivi e i verbi con gli avverbi.
 
Inoltre, ho anche attinto a testi di natura letteraria, giornalistica e a materiali online allo scopo di riflettere l’uso linguistico reale, mentre ho scelto di escludere termini meno frequenti e combinazioni poco interessanti come possono essere quelle che includono gli aggettivi “buono”, “grande”, “bello” e simili.
Il lavoro di ricerca è stato piuttosto lungo, soprattutto perché portato avanti da sola, non in team.
 
Come mai? Non è un tema studiato anche da altri linguisti?
Certo, esistono diversi progetti simili, ma probabilmente i ricercatori che vi lavorano sono stati ostacolati dalle molteplici possibilità dell’impostazione teorica. Personalmente, ho deciso di fare delle scelte precise e tralasciare un certo numero di collocazioni, poiché il mio obiettivo principale era quello di offrire una risorsa pratica, di creare un dizionario semplice da consultare e che fosse realmente utile, anche a costo di sacrificare in minima parte il rigore linguistico. Ad esempio, ho deciso di includere nella categoria degli “aggettivi” anche quei sostantivi che possono essere usati con funzione aggettivale all’interno di una collocazione, come nel caso di “parola chiave”. Chiaramente, le particolarità di questo tipo sono tutte spiegate nel dettaglio nell’introduzione che guida alla consultazione dell’opera.
 
Ed ora, progetti futuri? Continuerà a dedicarsi a questo campo della Linguistica?
La presentazione del Dizionario proseguirà nei prossimi mesi in Svizzera, Germania e Israele, a dimostrazione del valore pratico di questo strumento non solo per gli studenti italiani che possono sfruttarlo per arricchire il proprio vocabolario, ma soprattutto per gli stranieri che vogliano approfondire la conoscenza della nostra lingua. E l’editore Zanichelli pensa già a una seconda edizione.
Negli Stati Uniti il Dizionario delle Collocazioni della lingua italiana di Paola Tiberii è distribuito da Farinelli Editore.
 

Receive more stories like this in your inbox