Poster all'entrata della Cineteca di Bologna (Ph © Claudio Caridi | Dreamstime.com)

Il primo film completamente sonoro di Charlie Chaplin fu “Il Grande Dittatore” (1940) girato negli Stati Uniti poco prima dell’entrata nella Seconda Guerra Mondiale. La città di Bologna e la sua Cineteca hanno da poco celebrato gli 80 anni dell’uscita del film  in copia restaurata digitale ad alta definizione, che fa  parte del progetto  di restauro dell’intera opera di Chaplin avviato dalla M K 2 Editions e la sua presentazione in DVD.  

In The great Dictator, eccezione assoluta nella sua filmografia, Chaplin sente di avere qualcosa da dire e intende dirla ad alta voce, attingendo alla satira a piene mani. Vuole attaccare il potere per renderlo ridicolo, scuotere le menti assopite dalla propaganda con il fragore delle risate. Il potere viene scimmiottato, il terrore diviene microscopico: come si fa ad aver paura di un omino che si arrampica sulle tende come una scimmia, che danza un valzer in punta di piedi con un mappamondo?

Alla fine, il grande Dittatore si fa serio e durante un comizio dice finalmente ciò che pensa:“…Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre, dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l’un l’altro.(…) In questo mondo c’è posto per tutti. La natura è ricca. E’ sufficiente per tutti noi…. Voi avete l’amore dell’umanità nel cuore. Voi avete il potere di rendere questa vita libera e magnifica, di trasformarla in un’avventura meravigliosa. Combattiamo per un mondo nuovo, un mondo giusto, che dia a tutti un lavoro. Ai giovani un futuro e agli anziani la sicurezza… Combattiamo per liberare il mondo, eliminando confini e barriere, eliminando l’avidità, l’odio e l’intolleranza. Combattiamo per un mondo ragionevole, un mondo in cui la scienza e il progresso diano a tutti gli uomini il benessere. Uniamoci tutti!”.

 Egli è solo un figlio del mondo moderno, un burattino nelle mani del potere, dietro i simboli e le divise è un uomo e in quanto tale, ama tutti gli altri uomini. Un messaggio di amore all’umanità che oggi, più che mai, suona molto attuale, tanto che parte del celebre Discorso è stato inserito in uno spot dal titolo Good Morning Humanity per un caffè ideato dalla Armando Testa, che  ha fatto  molto discutere sulla pagina Youtube del marchio e sui social.  Allora tale messaggio rivoluzionario, che rivendicava il desiderio di un mondo diverso  e più giusto non tutti erano pronti ad accoglierlo.

Chaplin, nel film, interpretava due personaggi: Adenoid Hynkel, il dittatore di Tomania, esplicitamente ispirato ad Adolf Hitler e un barbiere ebreo perseguitato dai nazisti.  Il film ebbe due candidature agli Oscar, come miglior attore protagonista e migliore sceneggiatura, ma non vinse alcuna statuetta, pur essendo ormai Chaplin nell’Olimpo dei migliori cineasti del XX secolo, un artista che aveva rivoluzionato il mondo con il potere della risata e la poesia dei gesti.

Chaplin Charles Spencer, classe 1899, morto la notte di Natale del 1977, noto con lo pseudonimo di Charlot, attraversò un’epoca che si apprestava a subire due guerre mondiali, fissando sullo schermo con la sua geniale rielaborazione immaginativa, le tappe fondamentali del XX secolo attraverso i conflitti di classe legati alle nuove regole del lavoro e alla lotta della libertà contro il totalitarismo. Pur senza sopravvalutare gli elementi di denuncia e di protesta sociale, (nei suoi film non si articolarono in una precisa prospettiva politica), e pur con l’aria di non volersi prendere troppo sul serio, Chaplin parla di non rassegnazione alla brutalità e all’arroganza del potere, alla logica del profitto e dell’ingiustizia sociale. E’ la grande tematica che attraversa anche uno dei film più emblematici della sua lunga carriera “Modern Times” (1936). 

“Tempi Moderni” racconta dell’’industria, l’iniziativa individuale e  della crociata dell’umanità alla ricerca della felicità.”  “Credo nella libertà, tutta la mia politica è qui, diceva spesso il regista – sono per gli uomini perchè questa è la mia natura”. La storia del film è più che nota. E’ l’epoca della grande Depressione americana: la disoccupazione di massa coincide con la sviluppo della meccanizzazione industriale. Trionfa il taylorismo messo in pratica da Henry Ford, fondatore della Ford Motor Company, la direzione comanda, l’operaio esegue, non è pagato per pensare. In questo clima matura la trama del film. Charlot è un operaio alla catena di montaggio di una gigantesca officina, stringe bulloni tutto il tempo, ben presto alienato, esplode il sentimento anarchico e ribelle del diseredato chiamato a misurarsi contro qualcosa che lo sovrasta e minaccia di annientarlo. Finisce all’ospedale e poi in galera, una volta fuori, incontra un’orfanella in fuga ricercata dalla polizia (Paulette Goddard, sua moglie da un anno), prima di imboccare la lunga strada, mano nella mano con la ragazza incontrata, verso un orizzonte, si spera, di felicità.

In  Modern Times  Chaplin rifiutò l’uso del sonoro, che già esisteva da 10 anni ,  fece la sua fortuna grazie al cinema muto e  la lunga gavetta come mimo nei teatri dei sobborghi londinesi lo portò a ideare il suo personaggio più iconico, il vagabondo dal cuore d’oro. Simbolo dell’innocenza capace di sovvertire il mondo apatico degli adulti, Charlot apre a Chaplin le porte di Hollywood e del successo internazionale. La sua magia risiede nell’aerea leggerezza e armonia con cui Charlot riesce a cavarsi fuori dai guai. Più volte i produttori hollywoodiani tentarono Chaplin con la nuova tecnologia del sonoro, ma rifiutò, temendo che il vagabondo potesse perdere il suo inimitabile candore infantile. Per le tematiche dei suoi film l’attore fu più volte accusato di “filocomunismo” e nel 1949   divenne uno dei bersagli del movimento innescato dal senatore J. McCarthy.

Chaplin negò sempre di essere comunista, disse anche che era stanco di rispondere sempre alla stessa domanda. Nel 1951 iniziò a girare quello che sarebbe stato il suo film d’addio Luci della ribalta, tratto da un suo romanzo.  Nel 1952 Chaplin e la sua nuova famiglia, (nel 1942 aveva sposato in terze nozze la giovanissima Oona O’Neil che gli diede 8 figli), si imbarcarono per quella che doveva essere una vacanza in Europa. Memore del suo discorso all’umanità considerato troppo progressista il governo americano ritirò a Chaplin il visto per l’America.  Mentre si trovavano in mare, il ministro della giustizia statunitense dispose che a Chaplin, in quanto cittadino britannico, non sarebbe stato più permesso di rientrare negli USA.

 Il famoso cineasta decise allora di fermarsi in Europa e si stabilì in Svizzera, nella grande casa di Vevey, oggi   divenuta il Museo Chaplin’s World che ne celebra la memoria. Oltre al Museo si visita l’adiacente Villa, la dimora rimasta esattamente come allora completa di tutti i mobili. Chaplin tornò in America solo per ritirare il suo secondo Oscar onorario nel 1972.


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