Photo by Zachariah Hagy/Unsplash

I’ve always appreciated that the Italian-American experience, whether for survival or success, issues its own good advice. You may recall, for example, in the movie A Bronx Tale (1993, Chaz Palminteri) when Lorenzo, played by Robert De Niro, said, “The saddest thing in life is wasted talent.” My own grandfather would often say, “Better to live 10 years like a lion than 20 years like a mouse.” For me, and for many Italian-Americans I know, such teachings lodged themselves in our brains becoming reference points of lifelong guidance and counsel when needed, and in some very real way, contributing to who we are today.

While I am much less wise than Lorenzo or my grandfather, I can perhaps provide you one small but useful consultation. Where concerns the practice of wine scoring, I respectfully submit to you the following: forget about it. Or, if you prefer, “fuhgettaboutit.”

The modern phenomenon of the wine score, that is to say the practice of awarding points to express the critical evaluation of a wine, finds roots in the 100 point system used by wine critic Robert Parker. Both revered and reviled, Parker’s system, I suspect, was intended to help organize his thoughts around a very broad scope of wines he was tasting, and to call wine producers accountable for quality during a time when many producers had become complacent.

Ironically, the aggregate “we” of wine – importers, distributors, retailers, and yes, consumers – have grown dependent on wine scores to support both the sale and purchase of wine. It is we, too, it seems, who have become complacent.

Occasionally, wanna-be wine influencers use the highs and lows of wine scoring as opportunity for self-promotion. Photo: Dreamstime

Many retailers use wine scores to auto-sell wines. By that, I mean some retailers rely on wine scores alone to influence your buying behavior toward positive sales outcomes. Knowledgeable wine staff in possession of the sales/communication skills necessary to introduce you to interesting, well-made wines constitutes a far better sales model. Feel free to apply this test: ask your retailer something like, “Why does this wine earn a 94 point score, what justifies it?” Bring a snack, because it’s usually a great show.

Consumers are not without blame. I am astonished at the number of wine shoppers who tell me that their buying strategy is based on purchasing highest-scored wines for the lowest amount of money. While there may be, for some, a convoluted satisfaction to that equation, the approach does little to improve consumer independence, validating the dependent sales/purchase cycle which wine scores put in motion.

Wine scores do no more to disclose wine’s depth and breadth to consumers than does the Top 40 song list in exposing music’s broad range of styles to listeners. In fact, a good argument can be made that wine scores narrow consumer wine exposure because consumers simply disqualify or overlook unscored/unlisted wines. That is, if they can find any: store shelves are typically filled with well-scored wines, an inventory management decision affirmed by consumers dependent on wine scores to inform their buying decisions.

A better framework to support an appreciation of wine is one that includes discovery. Like they used to tell us, sometimes the journey matters.

Occasionally, wanna-be wine influencers use the highs and lows of wine scoring as opportunity for self-promotion. Therefore, in some such cases, the accuracy of wine scores is dubious, if ever one could actually rely on their accuracy.

A better framework to support an appreciation of wine is one that include discovery. Photo: Dreamstime

Wine scores influence your buying decision. That’s why they are there, included in the shelf-talkers, advertisements, websites, and magazines. Industry stakeholders know this. A wine sales/purchase model where the consumer has more influence and control of their own buying experience seems likely to yield far better outcomes over the long haul.

From the movie the Godfather (1972, Francis Ford Coppola), an excerpt of dialog in a scene between characters Vito Corleone and son Michael, spoken by Vito: “I never wanted this for you. I work my whole life – I don’t apologize – to take care of my family, and I refused to be a fool, dancing on the string held by all those bigshots…but I thought that, that when it was your time, that you would be the one to hold the string.”

Talk with your family about wine. Discuss it with your friends and within your community. Read on the internet and on social media like Instagram about what wines like-minded people are drinking. Educate yourself about the wines of Italy. Discover and explore them. Go scoreless. Be the one to hold the string.

Tasting Note
Marisa Cuomo Furore Bianco Costa D’Amalfi DOC
Citrus, nectarine, honey, a lick of sea salt. Round on the palate, with fresh and nicely balanced acidity that compliments the wine’s more delicate aspects. Soft, flavorful finish that stays awake on the decrescendo.

Ho sempre apprezzato il fatto che l’esperienza italoamericana, per sopravvivere o per successo, porti buoni consigli. Ricorderete, per esempio, nel film A Bronx Tale (1993, Chaz Palminteri) quando Lorenzo, interpretato da Robert De Niro, dice: “La cosa più triste della vita è il talento sprecato”. Mio nonno spesso diceva: “Meglio vivere 10 anni da leone che 20 da topo”. Per me, e per molti italoamericani che conosco, tali insegnamenti si sono depositati nel cervello diventando punti di riferimento di una guida permanente e un consiglio quando necessario, in alcuni casi molto reali, contribuendo a chi siamo oggi.

Se pure sono molto meno saggio di Lorenzo o di mio nonno, posso forse dare un piccolo ma utile consiglio. Per quanto riguarda la pratica del punteggio del vino, vi presento rispettosamente quanto segue: non pensateci più. Oppure, se preferite, “a quel paese”.

Il fenomeno moderno del dare un punteggio al vino, vale a dire la pratica di assegnare punti per esprimere la valutazione critica di un vino, trova le sue radici nel sistema dei 100 punti utilizzato dal critico enologico Robert Parker. Sia riverito che osteggiato, il sistema di Parker, sospetto, intendeva organizzare i pensieri di Parker attorno a una gamma molto ampia di vini che stava assaggiando, e richiamare i produttori di vino responsabili della qualità in un periodo in cui molti produttori erano diventati compiacenti.

Ironia della sorte, l’aggregato “noi” del vino – importatori, distributori, dettaglianti e sì, consumatori – sono cresciuti con la dipendenza dai punteggi dei vini per sostenere sia la vendita che l’acquisto di vino. Anche noi, a quanto pare, siamo diventati compiacenti.

Molti rivenditori utilizzano i punteggi dei vini per vendere automaticamente i vini. Con ciò intendo che alcuni rivenditori si basano esclusivamente sui punteggi dei vini per influenzare il comportamento di acquisto verso risultati di vendita positivi. Il personale esperto di vino in possesso delle capacità di vendita/comunicazione necessarie per presentare vini interessanti e ben fatti, costituisce un modello di vendita di gran lunga migliore. Sentitevi liberi di applicare questo test: chiedete al rivenditore qualcosa del tipo: “Perché questo vino ha 94 punti, cosa lo giustifica?”. Fate uno spuntino, perché di solito è un lungo spettacolo.

I consumatori non sono senza colpa. Sono sbalordito dal numero di consumatori di vino che mi dicono che la loro strategia di acquisto si basa sull’acquisto di vini con il punteggio più alto per la quantità di denaro più bassa. Mentre può esserci, per alcuni, una soddisfazione contorta in questa equazione, l’approccio fa poco per migliorare l’indipendenza del consumatore, convalidando il ciclo di dipendenza vendite / acquisti che i punteggi del vino mettono in moto.

I punteggi dei vini non servono a rivelare la profondità e l’ampiezza del vino ai consumatori più di quanto non faccia una lista delle canzoni Top 40 nell’esporre l’ampia gamma di stili musicali agli ascoltatori. In effetti, si può sostenere che i punteggi del vino riducano l’esposizione al consumo da parte dei consumatori perché i consumatori semplicemente squalificano o trascurano i vini non registrati / non quotati. Questo, se ne trovano uno. Gli scaffali dei negozi sono in genere pieni di vini ben valutati, una decisione di gestione dell’inventario affermata dai consumatori dipendenti dai punteggi dei vini per informare delle loro decisioni di acquisto.

Una migliore soluzione per sostenere la valutazione del vino è quella che include la scoperta. Come solevano dirci, a volte conta il viaggio. Occasionalmente, i presunti influencer del vino vogliono usare i punteggi alti e bassi del vino come opportunità di auto-promozione. Pertanto, in alcuni casi, l’accuratezza dei punteggi enologici è dubbia, se mai uno può davvero fare affidamento sulla loro accuratezza.

I punteggi del vino influenzano la vostra decisione di acquisto. Ecco perché sono lì, inseriti negli scaffali, nelle pubblicità, nei siti web e nelle riviste. Gli stakeholders del settore lo sanno. Un modello di vendita / acquisto del vino in cui il consumatore ha maggiore influenza e controllo sulla propria esperienza di acquisto, sembra destinato a produrre risultati molto migliori nel lungo periodo.

Dal film Il Padrino (1972, Francis Ford Coppola), un estratto del dialogo in una scena tra personaggi come Vito Corleone e il figlio Michele, recitato da Vito: “Io ho sempre lavorato e non ho rimorsi, ho avuto cura della mia famiglia e ho sempre rifiutato di fare il pupo attaccato ai fili tenuti in mano da quei pezzi da novanta. E non ho rimpianti, era la mia vita, ma pensavo che un giorno finalmente sarebbe toccato a te tenere i fili”.

Parlate di vino con la vostra famiglia. Discutetene con gli amici e la comunità. Leggete su internet e su social media come Instagram quali vini bevono quelli che la pensano allo stesso modo. Informatevi sui vini d’Italia. Scopriteli ed esplorateli. Procedete senza punteggi. Siate coloro che tengono le fila.

Note di Degustazione
Marisa Cuomo Furore Bianco Costa D’Amalfi DOC
Agrumi, nettarine, miele, una sferzata di sale marino. Rotondo al palato, con acidità fresca e ben bilanciata che completa gli aspetti più delicati del vino. Finale morbido e saporito che resta nel decrescendo.


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