Massimiliano Verdesca è il regista di “W Zappatore”, lungometraggio che nel 2011 si è aggiudicato il premio come Miglior Film Narrativo al Brooklyn Film Festival. In Italia avrebbe dovuto ottenere subito successo, ma oggigiorno il nostro cinema, non ha il coraggio di sostenere un film che, per volontà o necessità artistica, esce dagli schemi narrativi preimpostati. Un peccato, perché il risultato è che un gioiellino come “W Zappatore”, resta invisibile a chi potrebbe lasciarsi ispirare. Gli Usa invece, l’hanno capito e nel 2011 lo hanno comprato distribuendolo sulla piattaforma Indiepix (http://www.indiepixfilms.com/), disponibile in America, Messico e Canada. In Italia arriva solo ora con Distribuzione Indipendente.
Massimiliano Verdesca lo ha prodotto in proprio e con Apnea da Simon Puccini, appoggiato da Apulia Film Commission.
Il film si regge su un soggetto che definire originale, sarebbe riduttivo. Tutto ruota attorno alla figura di Marcello Zappatore, valente chitarrista leccese, scelto dal regista, come protagonista, nel 2004, per un “ritratto in digitale” trasmesso da Mtv.
Dopo quest’incontro, Verdesca ha iniziato a scrivere sul personaggio di Zappatore, sulla sua bravura, sulla sua persona.
Da qui nasce “In religioso disagio” (2006), un cortometraggio presentato in concorso al festival di Rotterdam e, in seguito, ad altri festival internazionali come il Milano Film Festival, l’Arcipelago Festival Internazionale di Cortometraggi, il Kolkata Film Festival, in India, l’americano River’s Edge Film Festival, e il Reelheart Toronto Film Festival in Canada. Il corto serve a Verdesca per anticipare i temi che, di lì a poco, approfondirà in “W Zappatore”.
Marcello Zappatore è il chitarrista di una band satanista. Si guadagna da vivere con i concerti metallari, e la sua vita scorre lentamente tra le prove e le sue relazioni passive con fidanzata e famiglia. Il ritmo lento della sua vita va a scontrarsi con una scoperta incredibile: Dio irrompe nella sua esistenza e il suo corpo si riempie di stigmate. Un metallaro con le stigmate: pensate a che geniale idea è giunto il regista, mettendo a segno, uno dei paradossi più riusciti nella nostra contemporaneità.
Ad aiutare Zappatore, una madre bigotta e una nonna rockettara che chiama un esorcista per farlo tornare alla sua calma e poco religiosa esistenza. La nonna è interpretata da una tenace Sandra Milo, attrice italiana e femme fatale felliniana, che a ottant’anni dimostra ancora più forza e grinta di prima.
Verdesca colpisce il pubblico con una storia singolare, coraggiosa e intelligente, che inevitabilmente si pone in una categoria a sè stante, lontana anni luce dal cinema italiano al quale registi e produttori di oggi ci hanno abituato, ma non per questo giustificatamente invisibile.
Regia, musiche e interpretazioni sono tutte volte a sostenere il personaggio di Zappatore, con attenzione e cura particolare per i dettagli, realizzando una commedia grottesca che, senza finalità riflessive, racconta una storia, illogica e paradossale.
L’Italo Americano ha intervistato il suo creatore, e tra discorsi sulla realtà indipendente e non, ecco cosa ne è venuto fuori.
Le riprese sono terminate nel 2010. Il film è stato presentato tra il 2011 e il 2012 in diversi festival e aveva conquistato gli Usa. Due anni dopo arriva nelle nostre sale, perché in Italia arriviamo sempre dopo?
Penso che sia una questione di grandezza degli Usa rispetto all’Italia: lì possono sopravvivere anche realtà piccole. In più lì accade tutto molto in fretta, vinci un festival e il giorno dopo ti propongono un contratto per la distribuzione, tempo una settimana e il mio film era online e in dvd. In Italia non abbiamo idea se si farà il dvd perché tra Siae e altri ostacoli, è un investimento troppo grande.
Volente o nolente, lei fa parte della realtà indipendente italiana, che ne pensa?
Innanzitutto io sono indipendente per una questione naturale. Conoscevo i produttori che ho scelto per il mio film e non ho neanche provato a cercare produttori più grossi. Ho potuto farlo per i fatti miei e probabilmente era anche l’unica possibilità visto che, il mio film, è alquanto coraggioso, forse troppo per il cinema italiano mainstream. Inutile lamentarsi, sono consapevole e felice di aver avuto comunque i mezzi per farlo. Confermo poi che fare un film indipendente in Italia è davvero complicato: non staremmo ancora qui a parlarne tre anni dopo.
“W Zappatore” è una black comedy musicale, del tutto nuova nel panorama italiano, cosa ti ha ispirato?
I miei punti di riferimento cinematografici sono film come Leningrad cowboys go America di Aki Kaurismaki e Napoleon Dynamite di Jared Hess. Dal punto di vista estetico poi, non posso non menzionare tutto il lavoro di Wes Anderson, ma stiamo parlando di grandi maestri che guardo con il dovuto rispetto. Ho letto in un blog che qualcuno pone il mio film nel solco dei registi del Sud Italia, come Roberta Torre, Pappi Corsicato, e in effetti, insieme a Daniele Ciprì e Franco Maresco, che per me stanno nell’Olimpo dei registi, sono forse i registi a cui sento di assomigliare di più in Italia.
Esteticamente mi sento molto vicino a Libera di Pappi Corsicato. Ci sono persone che hanno avuto coraggio di fare qualcosa di nuovo. Negli anni ‘80 c’era l’intenzione di produrre qualcosa che andava fuori dagli schemi. Pochi giorni fa ho visto Incantesimo Napoletano del 2002 di Paolo Genovese e Luca Miniero, una commedia surreale di alto livello. Prima si osava di più, poi pian piano sempre meno, nonostante siano esistiti produttori coraggiosi, perché le distribuzioni non erano di aiuto.
Com’è nata l’idea d’incentrare questo racconto grottesco su Marcello Zappatore?
Mtv non mi ha chiesto di ritrarre un personaggio legato al mondo della musica. Ho pensato a lui per le sue doti di virtuoso della chitarra e perché rappresenta un personaggio assolutamente inadatto al linguaggio televisivo.
Lui è esattamente come lo vedete sullo schermo, silente e immobile. Dopo quel lavoro ho iniziato a scrivere molti soggetti attorno alla sua figura e siccome in quel momento suonava in una band metal, ho pensato: qual è la cosa peggiore per un metallaro satanista? Dio e sotto forma di stigmate. Tutto parte da lì. Il co-raggio l’ho trovato proprio dalle mie fonti di ispirazioni, come Wes Anderson e Kaurismaki.
La contrapposizione tra satanico e religioso, racchiude un significato sotteso?
No assolutamente. È puro manierismo. Non ho voluto fare un film blasfemo né un discorso retorico sulla Chiesa, non mi interessa e non sarebbe mia intenzione. Non ho niente contro la religione anzi, sono più tranquillo in un mondo con la religione che in un mondo di atei. Molte persone hanno bisogno di totem, di una guida spirituale per vivere in ordine.
Zappatore ha subito una crescita personale dopo l’arrivo della spiritualità?
No Marcello è così sempre, anche nella sua vita. Non ha emozioni e nel film mostra se stesso, senza di lui “W Zappatore” non sarebbe mai esistito. Per questo i dialoghi sono totalmente atoni, le immagini lente, perché corrispondono a lui e al personaggio.
Ci spiega la scelta di Sandra Milo come nonna?
È venuta lei al casting ed è quella che funzionava meglio con Marcello, ha la testa e il fisico di una ventenne, altro che 80 anni: è una superdonna, non la batte nessuno. È nato un grande amore tra noi, un rapporto molto caloroso anche con la mia famiglia a Lecce, viene spesso a trovarci. Anche sul set, siamo stati veramente bene, magari fosse sempre così.
Qual è il suo percorso di formazione?
Nasco come copywriter. Sono diplomato all’Accademia di co-municazione di Milano, ho lavorato due anni in agenzia, poi mi sono licenziato perché volevo fa-re il regista e sono andato a studiare a New York, non ho finito la scuola e sono tornato in Italia. Ho iniziato a lavorare per una casa di produzione e con i contatti che avevo nel mondo pubblicitario, ho iniziato a girare pubblicità per 5 anni. Poi sono arrivate Mtv e il film.
Progetti per il futuro?
Sono a Roma e ho alcuni progetti ma non è ancora il momento per un discorso economico. Per ora sono contento che si è concluso il ciclo di W Zappatore.