Secondo i dati diffusi dal Ministero dei Trasporti, il mese di novembre si è chiuso con sole 102.201 immatricolazioni di autovetture nuove, segnando una nuova flessione del -4,54% rispetto a novembre 2012.
 
Federauto, la Federazione Italiana Concessionari Auto (che raggruppa 22 associazioni di imprese, in rappresentanza di circa 3.200 concessionari di autovetture, veicoli commerciali, industriali, che fatturano il 6% del Pil nazionale dando occupazione a 178.000 persone), sottolinea che il mercato auto non riparte, anzi, dopo 42 mesi di cali consecutivi si consolida il tracollo del settore con un dato che fa paura: rispetto alla media degli ultimi 5 anni, ossia 2 milioni di auto nuove immatricolate all’anno, si sono perse per strada il 35% delle immatricolazioni.
 
“Nel 2013 mancano all’appello 700.000 vetture rispetto a quanto il mercato avrebbe potuto ragionevolmente assorbire se non ci si fosse impegnati a tartassarlo. E poiché lo Stato, mediamente, introita su ogni vettura 5 mila euro tra Iva, bolli e tasse varie, solo quest’anno l’Erario ha subito una perdita secca di circa 3 miliardi e mezzo di euro. 
  Nel 2013 si sarebbero potute vendere almeno altre 700,000 automobili

  Nel 2013 si sarebbero potute vendere almeno altre 700,000 automobili

Senza parlare della perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro, i costi degli ammortizzatori sociali e i costi collettivi per l’arresto dello svecchiamento di un parco circolante tra i più vecchi, inquinanti e pericolosi del mondo. 
 
Le nostre sono cifre da capogiro in un Paese che è a caccia di 200 miseri milioni per annullare la cosiddetta mini-Imu (la tassa sulla proprietà immobiliare). Mi chiedo se l’attuale Governo saprà valutare nella giusta prospettiva queste cifre per intervenire su-bito”. È quanto si chiede Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto, l’associazione che rappresenta i concessionari di tutti i marchi commercializzati in Italia di auto, veicoli commerciali, veicoli industriali e autobus.
 
Federauto ritiene che questa debacle continua sia causata dalla ricetta che l’Italia ha adottato per contrastare la crisi: ossia aumentare a dismisura le tasse, particolarmente su chi possiede o acquista un autoveicolo. 
 
Con l’aumento della pressione fiscale, famiglie ed imprese hanno dovuto riposizionarsi e molti clienti hanno rinunciato agli acquisti e ridotto gli interventi di manutenzione e riparazione. Questo anche a scapito delle normative e della sicurezza.
 
Sull’argomento interviene anche Angelo Di Martino, presidente dell’Associazione dei Concessionari Mercedes: “Nonostante i duri processi di ristrutturazione, le concessionarie continuano ad assicurare la presenza sul territorio, con un focus rilevante sul post-vendita. Ma il futuro non dipende solo dalla nostra capacità, ma anche dal supporto delle Case automobilistiche e dalla volontà del Governo di attivarsi per favorire le im-prese a creare innovazione, sviluppo e lavoro”.
 
 Conclude Pavan Bernacchi: “A questo punto, l’anno si chiuderà intorno a 1.300.000 pezzi, e questo dato non rende l’idea del disastro per la filiera e per il sistema-Paese. Il nostro settore, con i suoi 70 miliardi di fatturato l’anno e con 1.200.000 addetti, è pronto a spingere la ripresa. 
 
La nostra aspettativa è che la nuova Consulta per l’automotive, voluta dal Ministero dello Sviluppo Economico segua rapidamente il programma di lavoro definito nell’ultima riunione del 27 novembre presso il Ministero dello Sviluppo Economico stesso offrendo, quindi, quella sponda istituzionale concreta, la sola in grado di rimuovere quelle condizioni che, sino ad oggi, hanno prodotto una contrazione delle immatricolazioni di auto-veicoli ben superiore al calo del resto dell’economia reale. 
 
Calo che – dice il presidente di Federauto – ci colloca tra gli ultimi d’Europa”. 

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