Oro, incenso e mirra, i tradizionali doni portati dai tre re Magi (Alexandra_Koch da Pixabay)

“La befana vien di notte / con le scarpe tutte rotte… / Vien dal cielo con la scopa / e sui tetti pian si posa, / e poi scende lesta lesta / dai camini con la cesta.

La befana è una vecchietta / un po’ brutta poveretta, / ma ai bambini poco importa / se la cesta è colma colma / tutta piena di regali, dolci, treni, / bamboline per riempire le calzine.

La befana con la cesta / cerca, cerca la calzetta / e soltanto ai bimbi buoni / lei ci mette tanti doni / ma a chi è stato un po’ birbone, / lei la colma con carbone.

Quando in tutte le case la famiglia si riuniva davanti al camino per riscaldarsi accadeva che la notte tra il 5 e il 6 gennaio i bambini andavano a letto in attesa di svegliarsi presto la mattina seguente e svuotare le calze – piene di dolcetti, torroncini e cioccolatini – che la befana, nottetempo aveva riempito trovandole appese al bordo del camino.   Ed era una festa perché a quel tempo in Sicilia non era tradizione ricevere doni a Natale ma, il 2 novembre per la ricorrenza dei “morti” e il 6 gennaio per l’Epifania, era consentito ai bambini, una volta svegliatisi,  cercare le sorprese che, nel caso del 2 novembre avevano portato “i nonni” e la notte tra il 5 e il 6 gennaio “la befana”.  

Bastava poco a fare sorridere e rimanere sbigottiti i bambini con una lucida carta colorata che brillava ai raggi del tiepido sole che, data la stagione, filtrava dalle persiane delle finestre e dei balconi. Oltre all’aspetto fanciullesco e ormai nostalgico di questa festa vi è quello religioso che assume certamente un valore diverso perché  nella ricorrenza si celebra l’arrivo dei Re Magi al cospetto di Gesù Bambino nella grotta in cui Maria lo aveva dato alla luce.  

Secondo una leggenda popolare, i Re Magi, diretti a Betlemme per portare i doni a Gesù Bambino, avendo perduto la strada che li avrebbe portati da Maria e Giuseppe, incontrando una vecchia, le chiesero di indicare loro quale percorso seguire per arrivare alla grotta. Gaspare, Baldassarre e Melchiorre, questi i loro nomi, volevano che la vecchia li seguisse per non sbagliare strada ma la donna non accettò.   

Poco dopo la donna si pentì di non essere andata e,  per farsi perdonare,  preparò un cesto di dolci, uscì di casa e si mise a cercarli ma invano. E ad ogni casa che trovava lungo il cammino si fermava per donare i dolcetti ai bambini, nella speranza che uno di essi fosse il piccolo Gesù. Da allora, sempre secondo la leggenda popolare, per farsi perdonare, girerebbe per il mondo facendo regali a tutti i bambini.   Ma, come mai i Magi andavano in cerca del bambinello Gesù? Avevano visto sorgere la sua stella e volevano adorarlo: era il re dei Giudei. E Gesù si manifestò loro ed è per questa ragione che  la ricorrenza si chiama “epifania” (dal greco epifaneja”, cioè manifestazione). E i Magi (dal greco “magos”, cioè saggio, ovvero astrologo o astronomo poiché allora non esisteva la distinzione tra le due discipline) giunsero dall’Oriente portando in dono oro, incenso e mirra.   Oro, perché era il dono riservato ai re, incenso in relazione alla sua natura divina e la mirra per la sua natura terrena e, molto probabilmente, perché nella Bibbia è citata come unguento profumato o, se mescolata con degli oli, aveva proprietà curative ma era anche usata nelle imbalsamazioni, con probabile riferimento all’unzione di Cristo o alla sua morte.  

I re Magi sono sempre stati interpretati come messaggeri di positività e di ricerca della luce spirituale ma, proprio perché provenivano dai tre continenti allora conosciuti, l’Asia, l’Africa e l’Europa, ed infatti erano un arabo, un nero e un bianco, simboleggiano la universalità del messaggio di Cristo, rivolto quindi a tutti i popoli senza distinzione di razza e lo si può interpretare come messaggio di pace e di fratellanza tra i popoli.  

Tornando alla Befana, la vecchietta che riempie le calze dei bimbi di dolciumi, ha origini più antiche di quella cristiana e, in Sicilia, viene identificata con la “vecchia”, presente anche a Carnevale o, a Natale, “la vecchia strina”.   Anche se giunge sempre di notte, il suo arrivo è preceduto da suoni e rumori assordanti provocati da strumenti quali corni, pentole, campanacci, da strumenti, insomma che facciano più baccano possibile. Il soprannome di “strina” che tradotto dal siciliano significa “strenna”, le spetta perché insieme ai dolcetti distribuisce anche qualche regalino.  

Data la sua veneranda età rappresenta, o meglio simboleggia, la fecondità per via dell’elargizione di doni e la morte (vecchia) perché segna la fine dell’anno vecchio e l’arrivo del  nuovo, cioè il passaggio tra la vita e la morte in un ciclo che non ha mai fine.   Nei paesi in cui permane il rito ortodosso quali Piana degli Albanesi, Contessa Entellina, Palazzo Adriano, con l’Epifania si celebra il battesimo di Gesù Cristo.   Il suono delle cornamuse chiuderà la festa dell’Epifania e di tutte le altre ricorrenze natalizie perché, come recita un detto antico: “Epifania, tutte le feste si porta via”. 


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