Una Calabria inaspettata ci attende sull’altopiano della Sila protetto ai lati dai due Mari, il Tirreno e lo Ionio, nel punto più stretto, dove  la penisola si fa quasi isola. 
La Sila è il regno dell’aria più pulita d’Europa, dell’acqua che sgorga purissima, dei laghi sulle cui sponde sembra siano state trovate le testimonianze umane più antiche di homo erectus e di Neandertal. L’altopiano è un’area di grande interesse bio-geografico: per le caratteristiche geomorfiche e bioclimatiche, per lo straordinario valore  naturalistico è iniziata la missione di  valutazione per il riconoscimento come Patrimonio mondiale dell’Umanità Unesco. 
 
La qualità dell’aria intanto: un rapporto dell’Organizzazione mondiale della Salute conferma che il 92% degli abitanti del Pianeta sono esposti a un livello di inquinamento superiore ai limiti fissati. Diossina d’azoto, ammoniaca, ozono e le temibili particelle fini prodotte dalla combustione di legno e carburanti creano un’atmosfera irrespirabile, patologie respiratorie gravi  provocano nel mondo il decesso di circa tre milioni di persone all’anno. Riveste una grande importanza la notizia che nel  Parco Nazionale della Sila si respira l’aria più pulita  d’Europa stando ai dati, rigorosamente scientifici, di uno studio condotto circa 5 anni fa da due ricercatori, Stefano Montanari, direttore del Laboratorio Nanodiagnostics di Modena e Antonietta Gatti, esperta di Nanopatologie. 
Lo studio, effettuato con filtri che trattengono le polveri e con un microscopio elettronico a scansione a raggi X ha portato  Montanari a rilasciare una dichiarazione di non poco conto in un periodo afflitto dall’inquinamento ambientale: “L’aria della Sila è pulitissima, addirittura molto migliore di quella delle isole Svalbard e di aree vicine al Polo Nord”.  
 
Pulita anche l’acqua che sgorga purissima nei luoghi dove tracce  di insediamenti di età greca si alternano a quelli di epoca romana. Da qui sono passati, lasciando usi e costumi ancora vivi, Bizantini e Longobardi, Arabi, Normanni. Poi arrivarono i Monaci  Cistercensi che fondarono importanti Abbazie, la Sambucina a Luzzi, Santa Maria di Corazzo a Castagna, l’Abbazia Florense da cui si sviluppò ad opera del grande mistico  Gioacchino da Fiore il primo centro abitativo della regione, San Giovanni in Fiore. 
 
La Sila Grande è il regno incontrastato del bosco, il toponimo Sila deriverebbe da Silva.  Il più ampio altipiano d’Italia è una distesa dalla bellezza inafferrabile, un paesaggio romantico abitato dal pino laricio nella zona della Fossiata, di Colle del Lupo, il Fallistro dove rimangono ancora 40 superbi esemplari. I Giganti della Sila vengono chiamati, con il tronco di circa due metri di diametro, alti fino a 45 metri. Pini, faggi, cerri, castagni, abeti bianchi proteggono un sottobosco ricchissimo di felce aquilina, rosa canina dove si aggirano volpi, cervi, caprioli, tassi, martore, lontre, ghiri, lepri, cinghiali, lo scoiattolo nero, il gufo reale e il corvo imperiale, il picchio verde e soprattutto sua maestà il lupo, vero sovrano della Sila. E’ il re dei boschi, il predatore più temibile. 
 
Dopo una convivenza millenaria con l’uomo è stato ricacciato in zone sempre più impervie, perseguitato e minacciato nella sua sopravvivenza. Dal 1976 è una specie protetta ed  è davvero straordinario incontrarlo da solo (a noi è capitato in pieno giorno, vicino al Rifugio di  Montescuro). Perché, dicono quelli del posto, il lupo è cattivo solo nelle favole oppure quando spinto dalla fame nelle lunghe stagioni invernali scende in branco alla ricerca di cibo. La paura ha ceduto il passo al fascino: ora c’è chi vuole incontrarlo e si organizzano escursioni notturne sulle sue tracce, i profani  vivono il brivido di un contatto difficile con questi antenati selvatici del cane che fuggono l’uomo e vivono protetti dal buio. In quest’oasi naturale il centro visita Cupone vi metterà a contatto  con la flora e la fauna da proteggere, ma non mancano in Sila le sorprese più propriamente  culturali: uno dei possibili tour è in Località Camigliati per visitare il Parco Oldcalabria che si ispira al famoso diario calabrese di Norman Douglas e agli scrittori, poeti, artisti del 700esco Grand Tour. 
 
Dominio del barone Maurizio Barracco, i cui antenati furono i più grandi latifondisti d’Italia e della moglie Mirella che animano d’estate Gli incontri nel Parco. Da visitare qui La nave della Sila, museo narrante sull’emigrazione, progetto di Napoli 99 curato da G.A. Stella.
 
Sul lago Arvo, in località  Lorica vive Francesco Aquino, pittore-antropologo: la sua ricerca coniuga memoria e nostalgia, in vecchi oggetti d’uso incastona scene d’antan, ci dipinge la vita dentro così com’era quando gli oggetti avevano una precisa funzione d’uso ed erano comodini con all’interno la cassaforte, antiche specchiere con le foto del militare di famiglia, del patrono del paese o qualche cartolina che portava echi di mondi lontani.  
 
Altra imperdibile sosta è a San Giovanni in Fiore dove si visita l’Abbazia Florense fondata da Gioacchino, “il calavrese Abate di spirito profetico dotato” (XI Canto del Paradiso di Dante), si può visitare il Museo demologico  se non altro per la rara testimonianza fotografica su un mondo contadino scomparso di un pioniere della fotografia in Calabria  Saverio  Marra ( 1894-1978). 
Per i frequentatori abituali è un posto da non mancare mai d’estate o inverno che sia: si tratta di  Camigliatello Silano, il centro turistico più importante. Vi troverete ottimi alberghi come Il Cristallo e l’Edelwais, ristoranti e griglierie dove si degustano funghi e salumi tipici, il caciocavallo  e deliziosi amari dal gusto forte  distillati con le profumate erbe della zona. Indimenticabili la ricotta pecorina dal sapore deciso che il ristoratore Peppino Mancuso, appassionato  cultore delle tradizioni locali, vi offrirà dopo avervi fatto toccare con mano il prodotto appena uscito caldissimo da un piccolo laboratorio artigianale. 
 
Senza dimenticare soppressate e salumi rigorosamente dop, le saporite burrate condite con un pizzico di sardella  o i maccheroni inferrettati, i famosi scilatielli, farina e acqua di fonte, all’inebriante profumo di funghi, il caciocavallo alla griglia con contorno di patate mpacchiuse (attaccate), la pitta mpigliata, schiacciata il cui nome tradisce le origini arabe, a base di noci, uva passa, miele e rosolio. 
 
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