Al centro di un paesaggio tanto vasto che sembra quasi di essere sospesi nel vuoto, i boschi della Sila scompaiono a poco a poco per lasciare il posto a cespugli di cardi, di oleandri selvatici, a lunghi filari di olivi. In basso si estende la desertica valle del Neto semi nascosta dai calanchi, aride groppe d’argilla e di calcare che franano, dilavate dalle piogge e dai venti. Per non farsi mancare proprio niente delle grandiose suggestioni byroniane di questa terra  di Calabria, che in un lontano passato fu Magna Grecia, suggeriamo di raggiungere il borgo bizantino di Santa Severina.

L’itinerario prevede di scendere lungo la vecchia strada, piena di tornanti (per i viaggiatori più pigri un po’ più avanti c’è una larga via ben più agevole), fra le piramidi ondulate che offrono una sorprendente gamma di colori dal  giallo ocra al rosa,  dorato e i cui pendii sono cosparsi di rari cespugli. 

Dopo una serie di curve, che a un certo punto sembra infinita, ecco apparire Santa Severina, alta nel cielo, simile a un’immensa nave di pietra.
E’ una visione rassicurante e inquietante nel contempo, quanto può esserlo un bastione militare da deserto dei tartari, perché ciò che appare a prima vista è la prua del maestoso e possente Castello Carafa, il più bello e meglio conservato delle fortezze bizantine e normanne sopravvissute nell’Italia meridionale.

L’Italia ha molti  borghi e città sorti in collina per sfruttare la posizione sopraelevata, in modo da dominare la vallata e difendersi da attacchi nemici. Santa Severina è il più tipico di questi luoghi, con il suo caratteristico aspetto di borgo arroccato su uno sperone roccioso, a metà strada fra l’altopiano della Sila e il tempio di Hera Lacinia sui bordi dello Ionio. Un evocativo borgo medievale, potente nel passato, che per numero e importanza di monumenti non ha nulla da invidiare ad altri luoghi della memoria. 

Il Castello si estende per un’area di circa 10.000 mq., è una delle più antiche fortezze militari  del Meridione d’Italia, sottoposto dal 1994-1998 a un accurato  restauro  per l’interessamento  di sindaci intelligenti e appassionati. L’antico maniero si compone  di un mastio quadrato con quattro torri cilindriche poste agli angoli, fiancheggiato da  bastioni sporgenti in corrispondenza delle torri. E’ incorniciato da imponenti mura merlate e circondato per tre lati da un fossato. La sua costruzione è attribuita al normanno Roberto il Guiscardo intorno al XI secolo. Nel 1496  Andrea Carafa decise di ampliarlo e in parte ricostruirlo.

Altri restauri vi furono poi ad opera delle nobili famiglie che lo abitarono: i Ruffo, gli Sculco, i Grutther. E’ comunque certo che il castello fu edificato sopra una preesistente costruzione,  come ci spiega Ugo Giordano, avvocato appassionato  di archeologia  e  storia del suo paese, dove torna appena può dalla sua residenza romana. “Si ritiene che  l’area del Castello coincida con l’acropoli dell’antica Siberene, le cui origini sono già  documentate da Ecateo di Mileto, storico e geografo del V secolo a. C. che la comprende nell’elenco delle città dell’Enotria. Gli scavi condotti durante il restauro hanno fatto emergere materiali ospitati nel piccolo  museo  dove  sono esposti i reperti degli scavi e altri materiali e collezioni archeologiche provenienti dal territorio limitrofo risalenti all’età greca, oltre che i resti di una chiesa bizantina e di una necropoli della  stessa epoca”.

La porta d’ingresso, in pietra, è sormontata da uno stemma e dal trofeo marmoreo degli Sculco, l’androne  è decorato con lo  stemma dei Carafa. 
Magnifiche le sale interne  decorate a stucchi e affreschi barocchi dal pittore Francesco Giordano. Oggi il Castello ospita il museo di Santa Severina, un  Centro di  Documentazione e di  Studi, mostre d’arte, esposizioni di artigianato artistico, concerti.  La chiesa bizantina di Santa  Filomena dell’XI secolo è un piccolo gioiello ed è formata da due cappelle sovrapposte con l’abside a mezza luna e la cupoletta cilindrica color amaranto  ornata di fini colonne.

I siti più affascinanti e preziosi di Santa Severina, non a caso inserita fra i borghi più belli d’Italia, sono quelli che raccontano la storia di Bisanzio dal IX all’XI secolo quando venne arricchita da tesori architettonici come il Battistero e la  Cattedrale. Il Battistero, l’edificio religioso più antico della  Calabria con frequentazioni di culto ultramillenarie, risale a un periodo compreso tra l’VIII e il IX secolo, è a pianta circolare con croce greca inserita. L’interno è attraversato da una luce morbida che piove dalle finestre a piccoli vetri rotondi. Vi si accede da una porticina della bella Cattedrale a croce latina a tre navate, rimaneggiata a inizio ‘700, della cui struttura originaria rimane solo l’antico portale.

Per impregnarsi e godere degli ultimi bagliori della  civiltà bizantina  basta  immergersi nel vecchio quartiere della Grecia, nella zona orientale del paese, dove le case sono tutt’uno con la roccia e dove quelle delle famiglie più ricche si ergono in cima al colle. Contiguo alla Grecìa vi è il rione della Iudea, abitato dagli ebrei fino alla loro espulsione nel 1510. Non resta, prima di andare via con inevitabile rammarico da questo romantico, affascinante borgo  fuori dal tempo, che attraversare il  Campo, l’antica  piazza  d’armi avvolta in un silenzio che riappacifica col mondo, e che affacciarsi dal belvedere cinquecentesco per contemplare le rocce abbagliate dal sole, i vertiginosi  bastioni, la valle e le colline che si stendono a perdita d’occhio e  discendono come onde infinite  verso il mare Ionio.


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