Mentre ad Agrigento lo scorso febbraio si è festeggiata la sessantanovesima edizione del “Mandorlo in fiore”, a giugno, a Vicari nella provincia palermitana, è stata celebrata l’ottava edizione della “Sagra della mandorla”. I due momenti della vita di una pianta meravigliosa: profumata nel periodo della fioritura e gustosa nei suoi frutti nel pieno della maturità.
Oltre agli agrumi e al pomodoro, certamente il mandorlo si può considerare come uno dei simboli dell’agricoltura siciliana e ne sono testimonianza le diverse varietà e le diverse dislocazioni di queste colture.
Non a caso, per esempio, la cittadina di Avola, in provincia di Siracusa, è conosciuta in tutto il mondo proprio per le sue mandorle, cuore rivestito di zucchero nei confetti, vanto della pasticceria siciliana.
Sono altrettanto di altissima qualità quelle di Vicari e non a caso vengono celebrate già da otto anni con una sagra che si va arricchendo sempre più di valore culturale e sociale.
Segue di poco i festeggiamenti in onore di San Giorgio Martire patrono della città, e vuole essere una affermazione dei valori tradizionali di matrice agricola tanto cara a quei luoghi così ricchi di prodotti della fertile terra e del costante lavoro contadino.
È l’occasione, la festa, per celebrare i vari influssi, che si perdono nel tempo, dei dominatori stranieri che hanno lasciato i segni del passaggio e della loro permanenza nel territorio vicarese.
Rispetto, rivisitazione e rinascita delle tradizioni, dei costumi, delle abitudini e dell’arte pasticcera sono il motivo conduttore della sagra della mandorla e della festa in onore del protettore San Giorgio.
Storia e religione si fondono ancora una volta in terra di Sicilia tra i meandri della simbologia e del territorio facendo quasi rivivere la presenza dei popoli dominatori: Romani, Arabi, Angioini, Spagnoli.
Il Comune ha patrocinato l’iniziativa che è stata organizzata dall’Associazione San Giorgio Martire e uno degli scopi della festa era quello di valorizzare i dolci di mandorla tipici del paese e che rispondono ai fascinosi nomi di Passavolanti (citati anche nel “Dizionario sentimentale della parlata siciliana” dello studioso di abitudini e tradizioni popolari siciliane Gaetano Basile), Primamuri e Sasameli.
Ovviamente l’ingrediente base è la mandorla, quella dolce e quella amara.
La sagra della mandorla si inserisce nella più ampia kermesse della festa in onore di San Giorgio in cui uno dei momenti clou è rappresentato dalla teatralizzazione della vita del santo, della sua vittoria sul male e del suo martirio. La conclusione dei festeggiamenti culmina nella “Notte Bianca” in cui oltre alle esibizioni di gruppi folcloristici, spettacoli di giocolieri ed esibizioni di bande musicali, non mancano le visite guidate al ricco patrimonio artistico e culturale di Vicari.
L’etimologia del nome della cittadina della provincia palermitana denota la naturale predisposizione dei suoi abitanti all’allevamento bovino. Furono i Greci prima a chiamarla Boikos, Bico, Bicara e i Romani poi, coi nomi latini di Biccaris Biccarum che, tradotti in italiano, assumono la traduzione in Boaro, Vaccaro.
Già dall’ottavo secolo a.C. era abitata da popolazioni indigene che avevano scelto di stanziare sulla rupe che la domina e allocando la loro necropoli alle pendici della rocca.
Resti di vasellame greco testimoniano la presenza ellenica sul suo territorio e all’epoca successiva, quella romana, si attribuisce la costruzione del castello che diede così maggiore importanza al paese divenendo roccaforte di sicura difesa ma contemporaneamente luogo cui ambire per chi aspirava alla conquista di quel territorio.
La ricostruzione del castello, in parte deteriorato, avvenne ad opera dei Normanni, mentre gli Arabi vi costruirono la Cuba Araba, detta Cuba di Ciprigna, un tempo usata come cisterna di confluenza di grande quantità d’acqua.
Fu costruita in aperta campagna, ma con il trascorrere del tempo fu inglobata nel territorio del paese e diede il nome di “quartiere Ciprigna”, all’agglomerato sorto proprio intorno alla Cuba. Simile alla “Cubola” o “piccola Cuba” e ad altre costruzioni che sorgono a Palermo e che le sono contemporanee, prese il nome di Ciprigna o Ciprina dall’etimologia greca, appellativo della dea Venere.
Tuttavia lo scopo più probabile, anzi più vicino alla realtà per cui venne costruita la cuba, fu quello di cisterna d’acqua, così come è probabile che la mandorla sia stata coltivata in grandi estensioni nel territorio di Vicari proprio grazie alla fertile natura del terreno dove l’acqua ha una funzione essenziale.
Il Castello, che rimane l’elemento maggiormente identificativo, si suppone che all’epoca paleocristiana o bizantina avesse all’ingresso un vestibolo trasformato poi in una chiesa ed era circondato da mura merlate, ancora oggi in parte riconoscibili.
Due torri arricchiscono la fortificazione: una detta Mulino e l’altra con apertura verso l’interno che contiene la Porta Fausa (falsa) o Bummara, quella cioè che consentiva alle anime di passare al di là, e che proprio per la sua etimologia, testimonia la presenza dei musulmani a Vicari.