Viziato, servito e riverito da mamma e papà. Una fidanzata in costante attesa di un cenno nuziale. Un lavoro sotto casa scandito da sforzi intellettuali pari allo zero. Una vita da sogno quella di Checco Zalone. Una vita ereditata dal padre nella docile bambagia di uno statico e superfluo posto fisso dentro il cuore malconcio di un’Italia segnata dalla crisi economica del terzo millennio. Tutto ciò, però, sta per finire. Che si fa allora? Dove si va, Quo vado?
“Quo vado?”, il nuovo film diretto da Gennaro Nunziante con protagonista Checco Zalone, è il film italiano con il maggiore incasso di tutti i tempi. In appena quindici giorni di programmazione ha messo da parte un bottino di oltre 55 milioni di euro.
Numeri da record che hanno superato rapidamente le già ottime prestazioni precedenti della premiata ditta Nunziante-Zalone. Qualcosa però è cambiato. Gag differenti rispetto ai lavori passati. Più profonde. Bullismo, razzismo, pregiudizi e disoccupazione. Zalone tocca tutti questi temi, a modo suo s’intende. Con ironia e senza mai scivolare su pietismo o peggio, stucchevolezza.
Zalone prende il corpo viziato di quell’Italia che vuole restare aggrappata ai fasti del passato (l’Impero Romano, il Rinascimento, il boom economico), rifiutandosi di capire e incamminarsi nella nuova direzione del mondo (per l’appunto, quo vado?). Il suo mondo è il suo paese. Il suo lavoro sono i suoi comfort. Uno status quo morente.
Come tanti suoi sventurati colleghi, dal paradiso di un non-lavoro, il buon Checco finisce davanti al cambiamento, al “plotone” della dottoressa Sironi (Sonia Bergamasco). In mano la donna ha un assegno che attende solo la firma dell’ex-dipendente che così dirà addio per sempre all’ormai ex-intoccabile posto fisso di lavoro. Il senatore Nicola Binetto (Lino Banfi) però era stato chiaro con il suo concittadino: a prescindere dal tipo di impiego, dalla distanza da casa e/o dalla cifra offerta dallo Stato, il posto fisso deve restare un must, va sempre preservato, sempre! Così, una volta convocato dalla spietata dirigente Sironi, Checco è messo di fronte a una scelta difficile: lasciare il posto fisso o essere trasferito lontano da casa. Checco accetta il trasferimento ma per punizione viene spedito in giro per l’Italia e per il mondo dalla vendicativa Sironi, decisa a fargli assaggiare il suo fiele peggiore fino a quando non si deciderà a firmare le dimissioni e accettare la somma proposta. Apice di ciò, lo sbarco in una remota spedizione scientifica italiana in terra norvegese col delicato compito di fare la guardia del corpo a Valeria (Eleonora Giovanardi), indomita ricercatrice alle prese con l’inquinamento della calotta artica e dunque esposta a possibili attacchi di voraci orsi polari.
Dopo qualche inevitabile scossa di assestamento, ecco il nuovo Checco “Zaløne”. Perfettamente a suo agio nel nuovo mondo e deciso a imparare il rispetto per gli altri e il mondo. Mai un colpo di clacson agli stop. Nessun tentativo di superare la fila al supermercato. Un new look biondo che pare strizzare l’occhio al Nino Manfredi di Pane e cioccolata (1973). Scuola di lingua, atteggiamento senza pregiudizi verso le cosiddette famiglie aperte (etero e non).
Ciliegina sulla torta, l’addio alla mentalità da classico maschio italiano e convinto sostenitore della parità dei sessi. Eccolo dunque con grembiule alle prese col ferro da stiro, i fornelli, etc. Durerà? Sembra di sì.
Ma quando la mamma gli fa sapere che su Rai 1, dal palco del Festival di San Remo, ci sono Al Bano e Romina Power di nuovo a cantare insieme Felicità, qualcosa di nostalgico inizia a smuoversi.
Indiscusse protagoniste femminili della pellicola, Sonia Bergamasco ed Eleonora Giovanardi. A dispetto di una comune passione per i rispettivi lavori, sono due donne agli antipodi. La prima è una spigolosa funzionaria ministeriale. Spietata e votata alla carriera, con tutta probabilità senza alcun legame sentimentale, e pronta anche a usare le armi della seduzione pur di far cedere Zalone. La seconda è una donna generosa e giramondo, la cui raminga esistenza l’ha resa determinata ma allo stesso tempo amorevole.
Tra i comprimari maschili, oltre alla “superstar” Lino Banfi, il giovane collega (Pippo Crotti) di Eleonora. Un po’ guardingo verso l’ultimo arrivato (Zalone) e forse segretamente innamorato di lei. A dimostrazione dell’incompetenza di quest’ultimo, lo sottopone a un test di conoscenza della materia mentre alle sue spalle la stessa Eleonora prova ad aiutare il buon Checco che finirà comunque per scambiare il presidente Mattarella per un orso bianco.
“Quo vado?” ha ottenuto un grandissimo successo di pubblico sin dal primo giorno di uscita nelle sale. Gli incassi clamorosi del precedente “Sole a catinelle” (2013) ha inevitabilmente fatto sì che ogni gestore di sale cinematografiche spalancasse le porte al comico pugliese. Con un pubblico tradizionale come è quello italiano, che la prima sera dell’anno nuovo si stravacca abitualmente davanti al grande schermo, l’uscita di “Quo vado?” fissata il primo di gennaio è stato un trionfo praticamente annunciato.
Tanti ovvi complimenti ma non solo. Zalone è stato duramente attaccato per questo suo strepitoso successo.
Una bile insolita se si considera la concorrenza dei cosiddetti “cinepanettoni”, che ogni Natale non fanno altro che estremizzare i vizi del Belpaese raccogliendo, chissà come, tanta e divertita (ma forse piuttosto ingiustificata) ammirazione.
La gente va al cinema e se la ride di gusto. Poi arriva Zalone, lascia tutti basiti per gli incassi e via critiche a tutto spiano. Non sarà mica invidia?
Fino a oggi Checco Zalone è stato capace di far ridere con intelligenza e sebbene ci siano film (ma ci saranno sempre) che meriterebbero di gran lunga più visibilità, perchè criticare “Quo vado?” se è piaciuto così tanto? E’ un film gradevole con spunti interessanti (non solo comici). “Quo vado?” è l’Italia che deve maturare. Lo ha fatto il personaggio Checco Zalone. Lo può (e forse dovrebbe) fare chiunque.