Palermo è una miniera inesauribile di tesori artistici, culturali, e ricca di storia come forse poche altre città al mondo (Ph SatyaPrem da Pixabay)

Ricordi, leggende e storie scritte da un esploratore urbano che svela una ‘Palermo nascosta’ e affascinante

Piccole e grandi storie, leggende metropolitane, chiacchiere e “si dice”, presunti misteri e tante curiosità sono gli elementi che Fabio Ceraulo ha messo insieme passeggiando per Palermo e imbattendosi in parenti, amici, conoscenti ed estranei che avevano voglia di raccontare ricordi a un “esploratore urbano” come lui e raccolto nell’antologia “Palermo nascosta” (Dario Flaccovio editore, pagg. 158).  Ne emerge una città in cui si tramandano bizzarre vicende di spiritismo, si custodiscono amare memorie dell’epoca garibaldina e delle due guerre mondiali e si delineano ritratti di personaggi – alcuni illustri e molti sconosciuti – che hanno lasciato traccia di sé, nel bene o nel male, fra i loro contemporanei rivelando e svelando aspetti inediti e misconosciuti del capoluogo siciliano.  

Palermo è una miniera inesauribile di tesori artistici, culturali, e ricca di storia come forse poche altre città al mondo. L’aspetto più affascinante nell’affrontare la stesura dei racconti contenuti nel libro è stato andare al di là del monumento famoso o della pagina di storia fredda e schematica. La vera Palermo nascosta è nei vicoli, nei cortili, nei mercati popolari, e dal mio punto di vista (che poi ha fatto nascere il libro) soprattutto all’interno di noi stessi, nelle nostre radici, nei nostri ricordi. Esplorare la memoria della gente è stato portare alla luce storie e aneddoti di ogni sorta, misteri o anche semplici squarci di vita vissuta.  Ad esempio i ricordi legati al periodo della guerra, con la fame, la miseria, le fughe ai ricoveri per la paura dei bombardamenti, è stato il momento più toccante, anche perché vissuto pure dalla mia famiglia. O anche parlare di in modo inedito di due figure palermitane importanti, anche se totalmente diverse, come Franco Franchi e don Pino Puglisi. L’esperienza di questi racconti fa comprendere più facilmente chi siamo e so-prattutto rendere pubblici questi racconti attraverso un libro, penso sia il modo migliore per evitare che la memoria, che è una risorsa, non vada perduta. Considero questo l’aspetto più significativo del termine “nascosta”.  

Le due attività non sono ovviamente correlate tra loro. L’accompagnare spesso turisti in giro per il centro storico mi ha fatto capire che non ci accorgiamo dell’inestimabile tesoro che sta davanti a noi. Il turista apprezza molto più di noi, forse. Girando e osservando si capisce molto di più che vedendo una foto su un libro di arte o di storia. Le emozioni vanno vissute sul campo.  Il web è il mezzo di comunicazione immediata più potente, ed è grazie al web e tramite un blog che ho creato un anno fa, che ho potuto diffondere in modo semplice e veloce le informazioni sui fatti palermitani di cui mi piaceva parlare. Il successo del blog ha fatto sì che qualcuno della casa editrice, un giorno, mi contattasse e mi proponesse di raccogliere le storie narrate su internet, in un libro. Il titolo del libro è lo stesso che avevo dato al blog in tempi non sospetti.  

Le informazioni che si ricavano dalla Vucciria o dal Capo hanno sfumature diverse?

La Vucciria e il Capo, che fanno parte del trio di mercati storici della città (assieme a Ballarò), oggi sono realtà molto diverse tra loro rispetto al passato. La Vucciria oggi, come mercato in quanto tale, non esiste più, ed è un luogo di grande degrado, seppur movimentato da vari localini nel weekend. È un aspetto che viene trasmesso e sottolineato con rammarico dai suoi abitanti più anziani e dalle sue storie. Per ironia, è anche dei tre mercati quello più famoso nel mondo.  Il Capo resiste ancora, anche se a stento, e secondo me è quello più misterioso e accattivante, in primis perché custodisce ancora quella che è considerata la leggenda più popolare della città, cioè della famigerata setta dei Beati Paoli, che è tanto cara ai palermitani, anche se avvolta quasi totalmente nel mistero. Il Capo è malato, ma vivo, anche se non si può dire ancora per quanto. Ciò che viene fuori da chi lo vive quotidianamente è infatti la paura di dire che si sta sopravvivendo.  

I palermitani sono molto pigri, per natura, per Dna. Nella nostra storia, siamo stati sempre dominati da qualche popolo straniero e quindi costretti, nel bene o nel male a fare ciò che ci era imposto. Una volta lasciati “liberi”, ci siamo impigriti, in maniera cronica, e sicuramente ciò contribuisce al fatto di non aver voglia di vivere la città come questa meriterebbe. Da un punto di vista culturale e artistico, io stesso, negli anni ’90 mi vantavo di conoscere Londra alla perfezione, per poi rendermi conto, in tempi recenti, di aver visitato certi luoghi della mia città solo per inerzia o di non averlo fatto proprio. Dobbiamo renderci conto che potremmo vivere solo di turismo perché i nostri beni artistici non temono confronti con quelli di città più titolate della nostra. Ma questo è un aspetto che i palermitani, o per lo meno una buona parte, devono ancora capire.  

Sicuramente il fatto che Palermo in passato è stata una capitale, ed anche in più di una occasione. Uno degli imperatori più famosi della storia, Federico II, ne fece il centro più importante del Mediterraneo, che a quei tempi significava il centro del mondo. Prova ne sia che scelse di essere sepolto a Palermo, nella sua Cattedrale. Fu anche capitale, per breve periodo, del Regno delle due Sicilie. E anche quando non era capitale, la città era considerata una numero uno in tutti i sensi, sia nel ‘600 che in età illuminista. Basta leggere Goethe o Brydone per capire cosa fosse Palermo in certe epoche. Oggi molti palermitani non sanno che vivono in una delle più importanti città dei secoli scorsi.  Qualcuno, tuttavia, la difende con grande orgoglio quando se ne parla male. Il dualismo culturale con Catania nacque proprio così, anche se oggi lo si vive solo per ragioni sportive.  

Palermo è una città piena di contraddizioni e difficile da capire per chi non ci vive. Un luogo che si ama o si odia, senza via di mezzo. Al di là dei fatti e misfatti dei politici o dei sindaci di turno, credo che noi palermitani dobbiamo vivere la nostra città basandoci soprattutto su ciò che noi stessi possiamo dare e non sempre su ciò che ci è dovuto. Bisogna quindi andare al di là dell’aspetto politico, anche se quello, ovviamente influenza in modo notevole tutto, e non proprio positivamente.  Gli aspetti negativi sono sotto gli occhi di tutti, ma a volte per provare a risolverli basterebbe solo guardare un po’ più al di là del proprio naso, altrimenti tutti rischiano di crearsi un proprio mondo e isolarsi in modo inutile e pericoloso. Ecco, quello che mi fa più riflettere è ciò che questa città potrebbe essere, ma per tanti motivi ancora non è…


Receive more stories like this in your inbox