(Ph Enzo Abramo da Pixabay)
Il paese di Realmonte si trova nel territorio di quello che fu uno degli insediamenti greci più ricchi di tutta la “Magna Grecia” e che ha la massima testimonianza nella provincia agrigentina.
Sorge  alle pendici del monte Giampolo, su un litorale collinare che si erge a poco più di 150 metri sopra il livello del mare, abbracciato dal Platani e dal Salso, due tra i più importanti fiumi dell’isola.
Il litorale dalla caratteristica costa a picco sul  mare vede interrotta la sua omogeneità non dalla natura del terreno, bensì dalla colorazione che assume  man mano che si percorre il versante marino, offrendo agli occhi dell’osservatore un’onda armonica che, partendo dal bianco attraversa il verde della macchia mediterranea per tingersi del rosso della natura calcarea del suolo. Disegna così un’insolita bandiera  italiana.
Sarà la “Scala del Turchi”, bianca e in splendente contrasto con l’azzurro profondo del mare, in cui i “calanchi” – corrugamenti della parete rocciosa – dipingendo effetti chiaroscurali che, insieme alla “Costabianca”, rifletterà il candore del bianco assoluto.
Monterosso e Capo Rossello  offrono visioni di porpora in cui i chiaroscuri sono il risultato dell’intersecarsi della verde macchia mediterranea tra le fenditure del suolo.
Non solo il costone di marmo bianchissimo della Scala dei Turchi che ha reso Realmonte famoso in tutto il mondo si affaccia sul Mare Mediterraneo, ma più tranquille e sabbiose spiagge, si offrono i lidi di Rossello, Punta Grande, Giallonardo e Pergole.
Sono anche altri i luoghi magici di questo paese della costa agrigentina: il Faro di Capo Russello, per esempio, tra Punta Grande e la Torre di Guardia di Monterosso, nel 2008 è stato ripristinato dopo anni di inattività. Oltre alla sua naturale funzione di illuminazione del mare per la gioia e la sicurezza dei naviganti, è un luogo che domina un paesaggio mozzafiato.
Insiste su una zona archeologica e paleontologica, forse sede della leggendaria città di Erbesso.
Sempre prospiciente il mare la Torre di Monterosso che si fa risalire al 1453, fu certamente una costruzione a scopo di difesa da attacchi saraceni provenienti dal mare. Fu il matematico e ingegnere Camillo Camilliani che, dietro incarico del Viceré Marco Antonio Colonna, nel 1583 identificò la torre come luogo – già precedentemente in uso – di avvistamento che era dotato di camino, alloggio per le guardie, la cisterna e un cannone di ferro con cassa e ruote che costituiva il suo armamento.
Data la sua posizione sono visibili circa 50 Km di costa, da Sciacca sino ad Agrigento.
Il Teatro Costabianca, moderno anfiteatro all’aperto, in località Capo Rossello, rispecchia totalmente l’acustica tipica degli antichi teatri greci ed è luogo di eventi culturali.
Realmonte, che deve il suo nome di origine latina (Mons Realis) a Giovanni Monreale, un nobile che nel 1650 acquistò il feudo di Mendola dal barone di Siculiana (altro comune in provincia di Agrigento) e nel 1680 ottenne la licenza “populandi”.
Gemellato con la cittadina francese di Hornaing, contiene nel suo territorio anche i resti di una villa romana del I° Sec.d.C.
Detta di “Durrueli”, situata vicino alla Scala dei Turchi, fu sicuramente abitazione di villeggiatura in quanto si trova proprio sulla costa. È ricca di mosaici dei quali alcuni raffigurano “Posidone”, dio del mare, su un cavalluccio marino, altri Tritone, per metà uomo e  per metà pesce, su un cocchio trainato da due mostri marini.
Si intuiscono i resti di un peristilio a colonne che mostrava all’interno l’ambulacro su cui insistevano gli ambienti della Domus tra cui il Tablinium, salone per il ricevimento, il triclinium o sala da pranzo con anticamera, entrambe con pavimenti in marmo bianco e nero con motivi floreali e geometrici.
Al centro si trovava la vasca (impluvium) in cui veniva raccolta l’acqua piovana e costituiva l’area centrale della villa e del giardino. Non mancavano le Terme  simbolo  di ricchezza dei proprietari nel cui spogliatoio un mosaico a tessere di marmo rosa e nero rappresentavano Scilla, un mostro marino circondato da creature del mare, alla guida di un timone.
Reperti umani appartenenti a un “australopiteco africanus” sono stati rinvenuti sul promontorio di Capo Russello e sono tra i primi e i più antichi resti fossili del mondo.
Questo conferma la teoria secondo la quale in tempi lontanissimi l’Africa settentrionale e la Sicilia siano state collegate.
Oltre la Scala dei Turchi la più importante e singolare caratteristica di Realmonte è la Miniera di Sale, all’interno della quale si trova il Santuario del Sale e la “Cattedrale di Sale”.
È, insieme a quelle di Pasquasia e Racalmuto, una delle più importanti miniere della Sicilia, da cui si estrae del sale da cucina ma anche cainite e altri sali potassici.
Un reticolo di gallerie si estende per circa 25 Km nel sottosuolo, a 30 metri sotto il livello del mare e a circa 150 metri dalla superficie.
Nella roccia sono state scolpite alcune statue e suppellettili: la “Mensa”, grosso blocco  di  sale su cui è scolpito l’agnello ed è posta su un presbiterio sopraelevato di quattro gradini. L’ambone – per la lettura delle omelie – scolpito su un blocco di  sale dove risaltano il cero pasquale e una croce; l’emblema vescovile sovrasta la cattedra vescovile scolpita nella parete e nell’abside; dietro la mensa, è scolpita con la tecnica del bassorilievo Santa Barbara.
Le due parti laterali mostrano, sempre in bassorilievi, la “Sacra Famiglia” e “Gesù Crocifisso”. Due acquasantiere – ovviamente ricavate da blocchi di sale, si trovano all’ingresso della Chiesa.
Il 4 dicembre di ogni anno, data in cui si festeggia Santa Barbara, protettrice dei  minatori, il vescovo celebra una Messa all’interno di questa inusuale “Cattedrale” alla presenza delle autorità provinciali.
Alcune leggende vengono narrate sui luoghi di questo incredibile e straordinario paese.
Una di queste narra che ogni sette anni si apre il monte e nel mercato che vi si svolge, vengono venduti dei frutti d’Oro. “Zuccareddu (zuccherino), proprietario del terreno dove accadeva la meravigliosa raccolta, sapeva che l’evento si sarebbe verificato soltanto se vi fosse passato un uomo dall’animo puro e buono.
Così Zuccareddu una notte mandò un suo servitore a pascolarvi il gregge. Questi la notte fu richiamato da una luce fortissima e, avendo visto dei mercanti che vendevano frutti, comprò cinque arance.
Tornato l’indomani mattina dal padrone, scambiò con lui le arance – che erano d’oro – con  altrettante commestibili. Zuccareddu si arricchì ma in punto di morte, pentitosi del suo inganno e temendo di finire all’inferno, lasciò i suoi averi alla chiesa di Realmonte. Fu così che da allora ogni anno la sua morte viene ricordata il lunedì e il martedì grasso di carnevale.
Ma altri racconti fantastici arricchiscono la storia del paese. Una leggenda narra che due ragazzi innamorati erano ostacolati nel coronamento del loro sogno d’amore dalle rispettive famiglie. Decisero allora di suicidarsi gettandosi, mano nella mano, nelle acque del mare antistante la spiaggia con la speranza di essere così uniti per sempre.
Lo scoglio da cui si erano gettati nelle acque profonde, mosso a pietà, si spaccò in due parti sulla superficie dell’acqua mentre nelle profondità marine rimane ancora oggi legato da due rocce che sembra si tengano per mano.
La rocca Gucciarda, luogo del triste gesto, è chiamata in loro memoria “A rocca do zitu e da zita” (la rocca del fidanzato e della fidanzata).
E un luogo suggestivo come la Scala dei Turchi non poteva sottrarsi anch’esso a una leggenda che vuole vederla alle prese con le incursioni dei Saraceni che, a grandi balzi, superavano gli alti gradini della bianca scogliera per saccheggiare i paesi sovrastanti.
Un paese, Realmonte, ricco di sorprese e di spettacolari paesaggi mozzafiato. Un tratto di Sicilia tra i più suggestivi, meta di indimenticabili escursioni per una totale immersione nella creatività artistica dell’uomo e nella sapiente, spontanea, inimitabile ricchezza della natura.
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