(Ph© Ed8563| Dreamstime.com)
Il suo marchio è impresso ancora oggi su milioni di confezioni “Planters”, prodotti derivati dalle noci di arachidi, ma il suo nome lo conoscono bene a Suffolk, in Virginia, dove c’è un ospedale intitolato alla moglie. 
 
La storia di Amedeo e Luisa Obici è tutta scritta nei prodotti industriali derivati dall’agricoltura virginiana e nelle istituzioni caritatevoli e culturali sparsi tra gli Stati Uniti e il Veneto. Perché è in Veneto che ha inizio un’altra straordinaria avventura italiana nella terra promessa d’America.  
 
Amedeo Voltejio Obici, nato a Oderzo nel 1877, è figlio di un sellaio, Pietro, e nipote di Vittorio Sartor, umile sarto, arrivato nel Nuovo Mondo e stabilitosi a Scranton, Pennsylvania. 
Appartenente ad un ramo decaduto della famiglia Odizzi (nel casato si ritrovano crociati, ammiragli,  marchesi), Amedeo si ritrova orfano all’età di sette anni, insieme ad altri tre fratelli, ed è costretto a lavorare in bottega per racimolare qualche soldo. Da oltreoceano arriva qualche dollaro, autentica manna per la sfortunata famiglia, e dopo quattro anni una busta contenente il biglietto per la traversata. 
 
Lo zio di Scranton ha pagato il viaggio offrendo all’adolescente la grande possibilità di un futuro più sereno. Siamo nel 1889 e il giovane Amedeo intraprende da solo, a soli undici anni, il viaggio verso l’America. Raggiunge la lontana Le Havre, in Francia, e da qui si imbarca per New York. Con l’indirizzo appuntato sul bavero, riesce a salire sul treno che lo porta a Scranton e qui infine arriva a tarda notte. Ma non c’è nessuno ad aspettare il ragazzo completamente ignaro della lingua inglese: lo zio ha sbagliato l’ora. Sopraffatto dalla stanchezza e dalla paura, in un paese completamente sconosciuto, il piccolo Amedeo, cede allo sconforto richiamando l’attenzione di un poliziotto, che per incoraggiarlo, gli offre un pugno di noccioline americane. 
 
E’ un segno del destino, e nessuno avrebbe certo scommesso sul successo di quel piccolo grande italiano approdato sulle banchine di Scranton. Condotto a destinazione e accolto con tanto affetto dal distratto zio, Amedeo Obici inizia la sua vita americana imparando vari mestieri; nei primi sei anni della sua vita nordamericana il giovane farà il venditore di frutta, il garzone di birreria, il sigaraio, dimostrando a tutti il suo grande attaccamento al lavoro. 
 
Nella testa del ragazzo c’è sempre il lontano Veneto e la famiglia sfortunata, che grazie al poco denaro spedito in Italia, riesce a sopperire con meno angustia alla propria povertà. Che il suo futuro fosse scritto in una nocciolina americana, Amedeo Obici, non lo avrebbe mai immaginato… eppure fu un piccolo frutto tipico del Sud degli Stati Uniti a cambiare la vita di un ragazzino, giunto povero e da solo nel grande calderone di un’America aperta all’immigrazione di massa.  
 
Il ragazzo lavora sodo e trova il tempo di studiare anche l’inglese (oltre all’italiano) e di penetrare sempre meglio nel tessuto della provincia americana. 
Da Scranton si trasferisce a Wilkes Barre, dove accetta il suo primo lavoro continuativo. Per sei dollari al mese (e il vitto e l’alloggio) gestisce una bancarella di frutta sulla strada principale della città. Il lavoro è discreto ma non basta all’intraprendente veneto. Con grande ostinazione risparmia i soldi per garantire, nel 1895, la traversata alla mamma, al fratello e alle sorelle, e soltanto allora, riuniti i suoi più cari affetti, riesce finalmente a carezzare il sogno del suo prossimo futuro. 
 
Obici ha in mente alcune idee e le applica con ostinazione, ripescando nella memoria le sue prime noccioline d’America. Inizia così la produzione e la vendita di arachidi tostate e leggermente salate. Al prezzo di cinque cents, i clienti possono acquistare un prodotto che diventerà universale. L’idea funziona ed ha il pregio dell’industrializzazione. 
Smerciabili ovunque, le arachidi di Obici iniziano la loro diffusione in terra americana. L’italiano cura nei minimi particolari la produzione, scegliendo materie di prima qualità, e poi punta sulla pubblicità, già a fine Ottocento vera anima commerciale dell’era industriale. Nasce così Obici the Peanut Specialist, il marchio di punta della Planters Peanut Company la società che il giovane Amedeo realizza con l’aiuto di Mario Peruzzi, altro trevigiano trapiantato sulla costa statunitense.
 
Ed è solo l’inizio di una cavalcata trionfale. L’italiano acquista nel 1913 un’area tipica per la produzione di noccioline trasferendo, con i soldi del primo dividendo, la sede a Suffolk, in Virginia. E’ una scelta rischiosa. Gli yankees non sono molto amati nella Virginia nazionalista e meno ancora lo sono gli italiani decisi a opporsi al monopolio locale. Ma è una sfida vinta dopo pochi anni: la serietà dei suoi affari trasforma Obici nel beniamino della zona, e la sua azienda cambia nome: Planters Nut and Choccolate Company. 
 
Nasce nel 1916 il logo destinato a rendere più visibile il successo della ditta italiana: un’arachide umanizzata con i blasoni della nobiltà. Mister Peanuts porta altra fortuna ad Amedeo Obici, che diventa il re delle noccioline, ricco e famoso. La Planters si lancia in nuovi prodotti e li commercializza tenendo conto degli usi edelle varie etnie presenti negli Stati Uniti. Negli anni ’30 la società di Obici fattura milioni di dollari mantenendo a stipendio 2000 operai. L’immagine pubblicitaria dell’azienda, con i suoi numerosi gadget, è presente in ogni angolo degli Usa così come le filiali e i depositi (anche il Canada ne subisce la colorita invasione); lo stesso Obici ottiene pagine e pagine di interviste e di servizi su periodici e quotidiani nazionali, primi tra tutti “Fortune”. 
 
Ma tutto questo non riesce a cambiare lo stile di vita dell’affermato imprenditore arrivato dal Veneto. Obici si concede il lusso di uno yacht e di una villa al mare, ma le sue giornate sono scandite dal lavoro e dalla semplicità, e altrettanto semplici sono i suoi abiti, indossati senza ricerca di inutili raffinatezze (nonostante gli armadi siano zeppi di vestiti e di accessori regalati). 
Nel 1915 l’ex povero emigrante sposa Luisa Musante, un’italiana di origini genovesi e con lei trascorre giorni sereni nonostante il cruccio di non avere figli. Ben pochi dei suoi operai sanno che nella famiglia Obici batte un cuore grande. E’ lui che paga i conti d’ospedale dei suoi dipendenti, ed è sempre lui che fonda l’ospedale di Suffolk, battezzandolo con il nome della moglie, che nel 1938 cessa di vivere. 
 
Anche nel campo culturale il nome di Obici si fa largo, e sua è l’istituzione di una cattedra di lingua italiana nel prestigioso College “William and Mary” di Williamsburg. Suo il finanziamento di 300 mila dollari in favore di un padiglione di medicina infettiva dell’ospedale di Oderzo, intitolato alla madre. 
 
La vita di Obici scorre, tra molti viaggi in Italia, fino allo scoppio della guerra. Al governo italiano l’imprenditore aveva proposto di sperimentare la coltivazione di noccioline nella colonia della Tripolitania ma non riesce a completare il suo progetto. La guerra lacera l’animo del piccolo grande uomo di Oderzo, abbattendone la giovialità. Niente più viaggi in Italia, per Obici: soltanto una veduta veneziana sul caminetto del salotto riscalda i ricordi dell’anziano emigrante. L’uomo che nel 1947 dà lavoro a 5000 persone, che realizza un volume di affari di 60 milioni di dollari, che ha costruito 3 sedi nelle città di San Francisco, a  Suffolk e Toronto, numerose altre sedi minori, che ha realizzato una catena di settanta negozi per la vendita al dettaglio, si spegne nello stesso anno, a Chuckatuck, disponendo nel suo testamento il patrimonio in beneficenza. 
 
Oggi il marchio Mister Peanut è di proprietà multinazionale e una fondazione amministra gli utili provvedendo a distribuirli in attività caritatevoli, mantenendo fede ai valori lasciati in eredità da quel piccolo grande “re delle noccioline”.

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