Come possono i musei rispondere ai nuovi bisogni di una società in continuo mutamento? Quali sono le competenze necessarie ai professionisti del settore per rispondere alle sfide che pone l’introduzione delle nuove tecnologie? E come si può rendere la fruizione artistica un’esperienza ottimale?
A questi e altri quesiti hanno cercato di rispondere i più grandi esperti del mondo riuniti nel Braccio Nuovo dei Musei Vaticani che hanno proposto i risultati dei più recenti studi nel corso di un Convegno internazionale dal titolo “La conservazione preventiva nei grandi musei. Strategie a confronto”.
Il Convegno, a cura di Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani e di Salvatore Settis illustre studioso della materia con la collaborazione di Vittoria Cimino, coordinatore dell’iniziativa e responsabile dell’Ufficio del Conservatore, si proponeva una riflessione ad alto livello sui temi della gestione del turismo di massa e della conservazione programmata del patrimonio, tra le sfide più urgenti del terzo millennio.
Ma cosa significa conservazione preventiva? Vuol dire prima di tutto dialogare e confrontarsi su uno degli aspetti fondamentali della gestione dei fragili e preziosissimi patrimoni dell’umanità raccolti nei grandi musei universali, frequentati ogni anno da milioni di visitatori.
I Musei Vaticani hanno particolarmente a cuore queste tematiche poiché la loro missione è quella di far conoscere, preservare e condividere quello straordinario lascito di cultura, di storia, di bellezza e di fede che i Pontefici romani hanno raccolto e custodito per secoli. È responsabilità dei direttori dei Musei che conservano tali ricchezze pensare a preservare e condividere le opere che sono state loro affidate ed è questo il senso della giornata di incontro e di confronto in Vaticano.
La conservazione preventiva, ci ha tenuto a sottolineare Salvatore Settis, “è un tema sempre più importante per la “buona salute” del patrimonio culturale. I grandi musei sono in tal senso un laboratorio estremamente sensibile, in quanto rappresentano il naturale ponte tra il patrimonio diffuso e i musei più piccoli. Se saremo capaci di ricordarci che non siamo i “padroni” del nostro patrimonio culturale, ma i suoi custodi in nome e per conto delle generazioni future, la conservazione preventiva prenderà il giusto rilievo come un complesso di pratiche e di tecnologie volte non a ibernare il passato, ma a fecondare l’avvenire”.
Oltre ad Antonio Paolucci, che ha diretto i Musei Vaticani dal 2007 al 2016 e da sempre si occupa della tutela e della divulgazione del patrimonio con prestigiosi incarichi istituzionali, sono stati protagonisti i Direttori di alcuni dei maggiori Musei del mondo, che hanno descritto le strategie operative o i casi specifici affrontati nell’ambito del loro ruolo: Jean-Luc Martinez del Musée du Louvre, Gabriele Finaldi della National Gallery di Londra, Laurent Salomé del Musée National des Château de Versailles e del Trianon, Mikhail B. Piotrovskiy dello State Hermitage Museum di San Pietroburgo, Miguel Falomir Faus del Museo Nacional del Prado, Timothy Potts del J. Paul Getty Museum di Los Angeles, Christian Greco del Museo Egizio di Torino.
Oggi la conservazione del patrimonio richiede sinergia e regolarità di applicazione, protocolli scientificamente testati, impegno di professionalità correttamente formate, verifica dei risultati, certezza di finanziamenti. Del resto la riflessione critica sul passato offre le chiavi di una migliore comprensione della contemporaneità, mentre l’innovazione ha comunque bisogno di una rielaborazione delle esperienze già fatte prima di divenire essa stessa esperienza, storia, documento da conservare e valorizzare. Memoria e futuro, dunque, come sintesi, sinergia dialettica fertile attraverso conoscenze orientate al cambiamento.
Il dibattito è stato lungo e approfondito, utile per muoversi nel vasto e stimolante territorio contenuto da due confini, da una parte il rifiuto di considerare il museo come cimitero di culture passate e dall’altra la consapevolezza di dover andare oltre la tecnologia pura e semplice pensando che l’esperienza si possa racchiudere nello stretto spazio uno schermo hi-tech, grazie al quale muoversi nelle sale d’un museo, esplorare la Cappella Sistina o visitare una qualsiasi mostra . In materia di strategie di conservazione programmata i Musei Vaticani ad esempio si rifanno all’antica tradizione di tutela esercitata dai Pontefici e alla pratica di cura del patrimonio che anticipa il concetto stesso di museo, anche attraverso lo studio dei documenti conservati presso l’Archivio Storico dei Musei Vaticani.
Il modello operativo adottato è un sistema a più corsie dove, accanto alla tradizionale attività di restauro, interagiscono la cura degli ambienti di esposizione, la programmazione e la regolare esecuzione di piani di manutenzione ordinaria delle collezioni, degli allestimenti e degli impianti.
“Oggi i Musei del Papa- dice Vittoria Cimino- possono contare su uno staff interno che vigila sul patrimonio esposto e, conservato in più di quaranta depositi, cura il sistematico monitoraggio ambientale e climatologico nei luoghi di esposizione, di conservazione e di lavoro. La strategia di conservazione si sviluppa anche attraverso la quotidianità di interventi ordinari rivolti alle collezioni e ai percorsi di visita, come il regolare controllo del patrimonio di opere mobili e il tempestivo risarcimento dei piccoli danneggiamenti condotti da una squadra di restauratori esterni, appositamente formati e operanti nell’ambito di programmi coordinati dall’Ufficio del Conservatore.