Il conte torinese Palma di Cesnola fu il primo direttore del Met di New York (© Breakers | Dreamstime.com)

Quello che sbarcò nel porto di New York era un uomo di ventotto anni, senza grande futuro e con un passato da dimenticare ma il suo portamento nobile non passò inosservato ai tanti volti in attesa di abbracciare l’ultima ondata di connazionali provenienti dalla vecchia, turbolenta Europa.
Era il 1858 e in quegli anni i bastimenti rovesciavano su Ellis Island l’umanità più varia: tedeschi, boemi, svedesi, italiani, ungheresi, slavi stavano gradatamente soppiantando la grande emigrazione irlandese contribuendo alla nascita del grande crogiolo razziale che sarebbe poi passato alla storia con il termine di “Melting Pot”.

Luigi Palma era uno dei tanti uomini in cerca di nuova fortuna, senza arte né parte e con un titolo nobiliare, quello di conte di Cesnola, praticamente sconosciuto alla grande, chiassosa e attiva democrazia liberale dell’Unione. Ma nel giro di pochi anni le cose cambiarono radicalmente, per il conte e per l’esuberante America, che in quel 1858, senza poterlo prevedere, stava scivolando verso il sanguinoso e crudele baratro della guerra civile. Era stato un avventuriero, Luigi Palma di Cesnola ed aveva partecipato alla guerra di Crimea, il conflitto bellico che avrebbe legato saldamente la monarchia inglese a quella sabauda, partorendo quella particolare alleanza d’intenti che si sarebbe rivelata essenziale durante la guerra d’indipendenza italiana. Il conte di Cavour, da abilissimo stratega, aveva tessuto pazientemente la sua rete e l’invio di truppe piemontesi in Crimea, sarebbe stato soltanto l’atto finale di un piano a larghissimo raggio. In tutte queste elucubrazioni, Luigi Palma, non era entrato ma aveva fatto in tempo a diventare un esperto soldato al servizio di sua Maestà Britannica e quella sua esperienza avrebbe messo a disposizione del governo americano dopo tre anni di permanenza negli Stati Uniti.

Iniziata la sua attività professionale americana con sporadici corsi di italiano e francese, il piemontese scoprì tra una delle sue allieve il suo grande amore sposandosi poco dopo con quella fanciulla americana. Formatosi la famiglia, Luigi Palma di Cesnola proseguì sulla strada dell’insegnamento ma cambiò settore, mettendo a frutto la sua unica, grande esperienza: quella militare.
Aprì un’accademia militare privata che permetteva agli allievi di accedere ai corsi di arte marziale e di altre tecniche militari al costo di cento dollari, pagabili a rate. La “War School of Italian army Captain count Luigi Palma di Cesnola”, non poteva certo paragonarsi alle accademie di West Point o di Annapolis ma permise a tanti ragazzi di formarsi una solida preparazione militare, preparazione che sarebbe tornata quanto mai utile negli anni della mattanza bellica tra l’Unione e Dixie’s land.

In sei mesi gli allievi apprendevano così i rudimenti dell’artiglieria, della tattica, dell’organizzazione di fanteria e cavalleria, arricchendo la loro teoria con vari addestramenti sul campo. La scuola del conte di Cesnola licenziò più di settecento graduati e tra essi la gran parte avrebbe combattuto sui campi di battaglia della guerra civile, assurgendo al grado di ufficiale e distinguendosi per l’ottima preparazione. Vari allievi provenivano tra l’altro dalla borghesia sudista e, combattendo nelle armate della Confederazione incrociarono sui campi di battaglia anche il loro giovane maestro di accademia.
Luigi Palma di Cesnola si arruolò come volontario nell’armata dell’Unione e a soli trentuno anni, la sua grande esperienza militare gli valse il grado di tenente colonnello dell’11° Reggimento di Cavalleria di New York. La carriera militare del conte piemontese non fu però tra quelle baciate da grande fortuna. Le capacità tecniche dell’italiano venivano spesso offuscate dalla sua indole egocentrica (questo almeno secondo le tesi di alcuni ufficiali superiori). Ma l’esercito dell’Unione, prima di finire sotto l’ala efficientista del generale Grant, non rappresentava certo un modello di cameratismo, e le croniche discussioni disciplinari facevano da contraltare alle numerose sconfitte rimediate sui campi di battaglia, a opera di un nemico certamente più motivato e meno gravato da zavorre burocratiche.

In quel grande calderone confuso rappresentato dalle armate unioniste dei primi due anni di guerra, il conte di Cesnola, navigò a sua volta in mari tempestosi. Riverito e amato dalle sue truppe, l’italiano dovette subire l’onta dell’arresto, frutto di una polemica disobbedienza verso i suoi diretti superiori. Messo temporaneamente a riposo forzato l’italiano visse con sgomento la devastante azione del generale confederato Jeb Stuart in Virginia, cui i cavalleggeri nordisti non seppero opporre una difesa adeguata perdendo completamente la testa. In uno di questi ripetuti assalti, l’italiano dovette opporsi disarmato all’irruzione della cavalleria in grigio reagendo da militare di razza all’imminente disastro.
Montato a cavallo e recuperata un’arma al nemico, egli organizzò un vero e proprio contrattacco che non sortì l’effetto di sconfiggere i nemici ma bastò per mettere in salvo gran parte del reggimento. Tornato alla base gli stessi ufficiali che lo avevano arrestato gli restituirono la sciabola da ufficiale, tributandogli gli onori dell’eroe di guerra e affidandogli il comando campale dell’unità. L’italiano ritornò così prontamente in azione e si batté con grandissimo coraggio nelle successive battaglie ma nonostante il suo impetuoso dinamismo le sorti nordiste erano segnate. Disarcionato, durante l’ennesima carica, dal proprio cavallo colpito a morte, Luigi Palma terminò la sua guerra sotto il corpo straziato dell’animale. Ferito a sua volta seriamente, l’ufficiale piemontese, combatté con coraggio contro i nemici che ormai avevano vinto la battaglia e che infine lo recuperarono come prigioniero di guerra. Imprigionato nelle orride galere sudiste di Richmond, condivise sei stanze con milleduecento altri ufficiali dell’Unione per poi essere trasferito nel carcere di Belle Isle. Il contegno, l’autorità e il tatto del conte piemontese gli valsero un trattamento dignitoso da parte del nemico e un incarico ufficiale da parte della stessa Confederazione, che scelse Palma quale rappresentante dei prigionieri.

L’ufficiale si fece portavoce delle esigenze primarie dei suoi commilitoni e riuscì a spuntare più di un’agevolazione nei dieci duri mesi di prigionia, mitigando la difficile esistenza propria e dei suoi soldati. Grazie ad un’intensa azione diplomatica condotta da sua moglie e da altre autorità di New York, Luigi Palma di Cesnola venne rilasciato il 21 maggio del 1864 e rientrò tra i ranghi per essere congedato soltanto quattro mesi dopo, con gli onori dell’Esercito. Egli però, non accettò il congedo con il grado proposto dalle Forze armate unioniste e chiese un incontro ufficiale al presidente Lincoln per perorare la propria causa. Incontrò il presidente due giorni prima dell’assassinio dello stesso e gli illustrò le sue richieste di ottenere il grado di generale di brigata e un incarico di console americano in Italia. Lincoln ascoltò con attenzione e accettò le argomentazioni del piemontese impegnandosi in suo favore ma non ebbe tempo di accontentare il militare. I fatti che seguirono spinsero giocoforza nell’ombra le richieste di Palma, che non avrebbe mai trovato soddisfazione alle legittime richieste. Per tutti divenne generale, trovando tra l’affetto dei suoi ex commilitoni quella giusta riconoscenza per i meriti militari. Anche l’incarico di console in Italia scivolò lontano: al piemontese il segretario di stato Seward offrì però la cittadinanza americana e l’incarico diplomatico di console a Cipro, ottenendone l’accettazione. Il conte di Cesnola si calò con entusiasmo nella nuova veste di rappresentante diplomatico per il suo nuovo Paese e nell’isola mediterranea riscoprì la sua vecchia passione per l’archeologia.

Iniziò una personale campagna di scavi che ottenne risultati spettacolari. Rrecuperò un’enorme quantità di manufatti, di armi e di gioielli appartenenti alla civiltà ellenistica e mise insieme una notevole collezione affidandola al nascente Metropolitan Museum of Art di New York. Il console italoamericano curò l’organizzazione di tutti i reperti dando il via alla grande stagione delle mostre archeologiche. Proseguì negli scavi scoprendo un tempio greco con più di settemila oggetti ornamentali, la maggior parte dei quali in oro. La scoperta gli diede una temporanea celebrità inducendo l’amministrazione americana a conferirgli l’incarico di direttore del Metropolitan, primo direttore assoluto dell’ente culturale statunitense. Le luci della ribalta si spensero gradualmente sulla spettacolare attività archeologica: le campagne archeologiche si moltiplicarono tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento e resero il grande pubblico partecipe dei numerosi ritrovamenti. Si spense nel tempo anche il nome di Luigi Palma di Cesnola, che però ebbe la ventura di essere stato il primo direttore del Metropolitan Museum di New York, vera istituzione cittadina e vanto della ex piccola colonia olandese.


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