Il MashRome Film Fest, primo festival in Italia dedicato al Remix e al Mash-Up cinematografico, è arrivato alla sua seconda edizione con cento premiére di cinema sperimentale, focus on e panel sul remix e la cyber arte.
Per chi non fosse aggiornato, il Mash-Up, letteralmente “poltiglia”, designa un concetto che si sta consolidando sempre di più nel mondo del web 2.0. Gli artisti del Mash-Up sono i nuovi creativi, persone curiose in grado di rielaborare materiali già esistenti, mescolando tra loro nuove tecniche e creando un linguaggio che nasce dalla contaminazione. Già Bergman e Méliès utilizzavano il Mash-Up, oggi lo fa Gondry o Greenaway.
Ecco che allora, due professioniste italiane, Mariangela Matarozzo e Alessandra Lo Russo, si sono messe a vagabondare in questo intricato mondo della crossmedialità e ne hanno ricavato un festival, il MashRome Film Fest. Noi de L’Italo Americano le abbiamo incontrate e abbiamo respirato il loro entusiasmo. Credeteci, faranno strada.
Presentatevi: chi siete e come siete arrivate alla 2° edizione del MashRome Film Fest?
Mariangela Matarozzo – Alessandra ed io, ci conosciamo da diversi anni e lavorando per l’organizzazione di eventi, a un certo punto abbiamo avuto voglia di creare qualcosa che fosse nostro. La prima cosa che abbiamo fatto è stata quella di confrontarci ma non per trovare punti in comune, bensì per scovare le diversità e metterle insieme. Abbiamo capito che la diversità, non è un fatto negativo ma un valore e soprattutto, una ricchezza. Dopodiché, abbiamo iniziato a guardarci attorno e a pensare a che cosa non fosse stato già inventato. Dovevamo dar vita a qualcosa di innovativo e assente nel panorama italiano e internazionale.
Alessandra Lo Russo – Ecco che tre anni fa, è arrivata l’intuizione del Mashrome. Il 21 giugno 2011 abbiamo concepito l’idea e poi il 26 luglio è nata l’associazione del Mashrome e da quel momento abbiamo iniziato a progettare e lavorare in tantissimi. Fin da subito abbiamo scoperto una fucina di creativi, artisti del Mash-Up che non immaginavamo.
Mariangela Matarozzo – Da quel momento è iniziato il nostro viaggio, che prima di tutto è stato un’esplorazione, un vero e proprio “errabondare” per capire che cosa stava accadendo nel mondo. Fin dai primi riscontri, abbiamo capito che la nostra idea era vincente.
Alessandra Lo Russo – È vero! Il remix sta invadendo il mondo. Sia a livello concettuale che cinematografico. Da 3 categorie quest’anno siamo arrivati a 7; tanti sono diventati i generi in cui il Mash-Up sta approdando: documentario, lungometraggio, videoclip e tanti altri. Lo attesta, ad esempio The Final Cut che ha chiuso la serata del Festival di Cannes 2012: quello era un ma-shup e anche il mondo mainstream se ne sta accorgendo.
Però è importante dire che, il Mash-Up non è un’opera di per sé. Dobbiamo trovare criteri e-stetici ben precisi, razionali, ma anche emotivi. Per questo il nostro lavoro è certosino e oggi sia-mo arrivate a presentare 100 opere valide tra le 1000 pervenute.
La vostra è stata un’intuizione soprattutto perché nata in Italia, Paese in cui la tradizione spesso limita la sperimentazione. Come siete riuscite a realizzarla?
Mariangela Matarozzo – Trovare gli artisti del nostro Festival, non è stato difficile. Siamo partite andando a cercare ed esplorare i terreni che potevano essere fervidi sotto questo punto di vista. Quindi, attraverso i new media, siamo riuscite a trovare un facile accesso ai progetti. Pensate che da quando abbiamo lanciato il call for entry, l’anno scorso abbiamo ricevuto 500 opere e quest’anno 1000. Una crescita impressionante che ci rende felici perché il nostro è davvero un piccolo Festival, un evento di nicchia.
Alessandra Lo Russo – Va detto che, mentre in Europa e in America è più semplice trovare artisti di questo genere, l’Italia, lo sapevamo e ne abbiamo avuto conferma, è un territorio difficile. Però già rispetto all’anno scorso, abbiamo notato un’affluenza maggiore. Danilo Torre, ad esempio, ha realizzato uno dei Mash-Up più remixati e avvincenti presentati al nostro festival.
Come si può definire il creatore tipo del Mash-Up?
Mariangela Matarozzo –Vorrei tentare di scardinare classificazioni di ogni tipo. Perché, dal momento che, ci occupiamo di un cinema che contiene nella sua essenza la contaminazione o la manipolazione come dice Peter Greenaway, non ci sembra adatto creare una categoria che li fissi in un ruolo. Essi sono tutto, sono la mescolanza che diventa essere. Sono i nostri creativi.
Alessandra Lo Russo – Istvan Horkay (artista ungherese noto per aver realizzato con il maestro Peter Greenaway la serie di film Tulse Luper Suitcases ndr.), che con il suo film Futurismo presenta in anteprima al MashRome un’opera dedicata a una nuova concezione del cinema, in conferenza stampa ha detto di essere tutto: regista, fotografo, artista, etc etc.
Abbiamo finora parlato del lato creativo e concettuale del festival, ora passiamo a quello economico: come vi state finanziando?
Mariangela Matarozzo – È un’impresa che sta diventando eroica. Richiede tanta energia e passione perché gli ostacoli da superare sono enormi. Per la seconda volta, infatti, non abbiamo ricevuto né finanziamenti pubblici, né privati. Stiamo perciò vivendo grazie alla raccolta fondi o il crowfunding. Ma anche così abbiamo avuto alcune difficoltà: il MashRome è un progetto complesso, è davvero difficile spiegare cosa stiamo facendo. Per questo all’ingresso richiediamo una piccola donazione, è necessaria a sostenere i costi vivi. Fortunatamente però abbiamo dei partner che credono nel nostro progetto.
Alessandra Lo Russo – È grazie a loro, i partner e i mediapartner, che riusciamo a realizzare quello che vedete. Certo che è imbarazzante che le istituzioni non ci sostengano e che anzi ci mettano i bastoni tra le ruote. Terribile. Noi non possiamo emettere tessere perché altrimenti la Siae ci interrompe le proiezioni. Nonostante tutto facciamo ogni cosa in maniera trasparente e siamo un’associazione culturale senza scopo di lucro. Siamo una piccola nicchia e non facciamo parte delle lobby che operano a Roma.