La dura legge dei Golden Globes: quando l’Oscar (per qualcuno) diventa un tabù
La verità, Gringo, è che i Golden Globes sono stati a lungo considerati i minori tra i due grandi premi cinematografici annuali. Sono scelti dai giornalisti stranieri e hanno pochi motivi per tenere alta l’attenzione pubblica, tanto che spesso sono stati criticati per essere troppo “di categoria”, poco attenti al mainstream e in un certo senso snob, quasi elitari.
Anche perché solitamente differiscono in tutto e per tutto dagli Oscar, quasi fossero una rivalsa anticipata sulle voci che danno i probabili vincitori alle statuette favoriti. Come a dire: “da noi si giudica in maniera diversa”. E pur rimanendo nell’alta qualità, spesso quei pro-nostici sono ribaltati e alla vittoria arrivano star nemmeno nominate per gli altri.
Oppure succede il contrario, come accaduto in quest’edizione 2013 in cui nella categoria miglior regista presso gli Academy’s è arrivato un secco no a Kathryn Bigelow, Ben Affleck e a Quentin Tarantino, che erano invece in lizza per i globi d’oro. Tant’è che ha vinto il bell’Argo, proprio diretto da Affleck.
Ogni categoria ha la sua differenziazione, ma chi ha più importanza nel mondo della produzione cinematografica? Viene da chiederselo.
Chiaro succede che anche i due ambiti premi collidano, come nel caso del film “The Avengers”, portatosi a casa in entrambe le serate di gala i migliori effetti visivi, ma la realtà recita il contrario: Jim Carrey su tutti, vincitore due volte consecutive (“The Truman Show” e “Man on the moon”) e mai in gara per gli Oscar. Scandaloso.
La risposta, facilmente sovvertibile, punta ad un sostanziale pareggio, perché laddove le categorie più disparate sono state create per dare il minor numero possibile di “torti” (i Globes hanno anche musical e commedia, differenziati da dramma ecc.), dall’altra le regole della Hollywood repubblicana e democratica contemporaneamente, portano spesso a scelte discutibili e mai totalmente condivise. Perché ogni annata ha il suo talento, ogni stagione il suo guru e spesso i votanti si lasciano prendere la mano dalla moda del momento.
Per evitare di scandalizzarsi, basti pensare che entrambi gli appuntamenti hanno come obiettivo il massimo della visibilità mediatica, le immagini devono fare il giro del mondo e stamparsi nella mente di chi guarda quale polo di riferimento internazionale. Poi viene il glamour al secondo posto, quello sdoganato, commerciabile. Sul terzo gradino del podio, infine, si piazza il cinema di prestigio e i suoi condottieri, che, come ogni arte vanesia, diventano “solo” un elegante accessorio.